“Il Movimento Cinque Stelle riparte con nuovo slancio. Sono stati mesi difficili, abbiamo superato momenti di stanchezza. Possiamo ripartire con il vento delle battaglie che verranno. A partire da oggi potete leggere lo statuto, dopo 15 giorni ci sarà la votazione. Un nuovo corso“. Così Giuseppe Conte ha presentato su Facebook il progetto per la rinascita del M5S. Dopo settimane di travaglio, fino a un passo dalla rottura definitiva con Beppe Grillo, adesso l’ex premier – leader in pectore dei pentastellati – marcia con più decisione verso l’incoronazione a nuovo capo politico.
Orgoglio per le cose fatte
“Anche il Movimento è cambiato nel tempo, ma mantenendo il suo tratto distintivo cioè mettere al centro sempre e soltanto gli interesse di voi cittadini” ha detto Conte. “Oggi questo progetto ha bisogno di nuova linfa, una forza trainante è quello che i cittadini si aspettano da noi.” “Siamo quelli della legge ‘spazzacorrotti’, del superbonus e del reddito di cittadinanza, che qualcuno vorrebbe smantellare per interessi di bottega. Piuttosto rinnoviamolo nella parte delle politiche attive“, ha detto l’ex premier. “Voglio spendere tutto me stesso, tutta la mia passione. Io sono pronto e non intendo mollare di un centimetro“, ha promesso Giuseppe Conte.
Processi senza colpi di spugna
Uno dei passaggi più importanti del discorso è avvenuto, però, sul tema della giustizia. “Vogliamo processi veloci. Ma non accetteremo mai che vengano introdotte soglie di impunità e venga negata giustizia alle vittime dei reati – ha dichiarato l’ex premier – Non accetteremo mai che il processo penale per il crollo del ponte Morandi (di Genova, ndr.) possa rischiare l’estinzione”. Sia come sia, la riforma della giustizia a cui sta lavorando la ministra Marta Cartabia è uno dei punti più qualificanti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). E dal Pd temono che il Movimento Cinque Stelle vada in cortocircuito proprio su questa riforma, che più di altre Bruxelles aspetta di vedere realizzata. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando – titolare proprio della Giustizia nei governi Renzi e Gentiloni (2014-2018) – tessa la sua tela. Si vedrà presto se gli alleati ‘giallorossi’ sapranno ritrovare l’intesa.
Ddl Zan, strada in salita
Dal punto di vista del Partito democratico, invece, la situazione è più complicata suo fronte del ddl Zan contro l’omotransfobia. Il cammino del disegno di legge al Senato appare sempre più accidentato. Lo scontro con la Lega, formalmente alleata di governo, si accentua. I dem percepiscono l’atteggiamento di Matteo Renzi e di Italia Viva come un’insidia e non come un tentativo di ‘onorevole’ compromesso. Dal canto suo Matteo Salvini si rivolge al segretario democratico. “Propongo a Enrico Letta, per l’ennesima volta, una mediazione come chiesto anche dalla Santa Sede” dice il capo della Lega. “Vediamoci martedì 20 luglio, prima che il testo arrivi in Aula, per togliere i punti critici degli articoli 1, 4 e 7. Se Letta non accettasse, la legge Zan finirebbe male e tutta la responsabilità cadrebbe sulle spalle del Pd“. Segnali di fumo che al Pd appaiono piuttosto degli ultimatum. “Noi proseguiamo per la nostra strada, di disegno di legge Zan si discute in Parlamento” è la replica del segretario dem. “Con chi ha due facce semplicemente non ci discuto – ha detto ancora Letta – Salvini è inaffidabile. Non è immaginabile che sul tema dei diritti il nostro interlocutore sia una persona che nello stesso giorno chiede a noi di trattare e sostiene che sia fatta bene la legge ungherese anti lgbtqi+“.