Fernanda Pivano, “una buona testa per pensare”
La scrittrice e traduttrice che ha portato in Italia la letteratura e la poesia americana
“E davvero agli inizi era eroico sostenere gli scrittori americani – anche Mark Twain, anche Faulkner – quando nessuno qui ne voleva sapere perché la loro base ideologica era il pragmatismo, e in Italia o non lo conoscevano o non lo accettavano. È stato riassunto con molta poesia da Fitzgerald nella frase: «il personaggio è l’azione, l’azione è il personaggio». Invece nei romanzi europei il personaggio è pensiero, però poi il pensiero non è personaggio. E allora vengono fuori elucubrazioni, ragionamenti, fantasie dove il personaggio non ha una sua consistenza reale”.
E’ Fernanda Pivano a parlare: saggista, traduttrice e scrittrice italiana, la donna che ha portato la letteratura e con essa la poesia americana al grande pubblico italiano, in un’epoca, quella fascista, in cui era vietato. Ma lei non si scoraggia, anche se ha poco più di vent’anni tra il 1937 e il 1941 quando inizia quasi per gioco la traduzione dell’Antologia dello Spoon River.
Non sarà l’unica e non si fermerà ed è per questo che non può essere considerata una semplice attività di mera traduzione. Traducendo i capolavori americani di fatto si è resa responsabile della loro conoscenza nel nostro Paese. Era una divulgatrice di opere e a lei dobbiamo Edgar Lee Masters, Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, William Faulkner, Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs, Gregory Corso, Henry Miller, Charles Bukowski, fino allo stesso Bob Dylan.
“Una buona testa per pensare”
La Pivano nasce a Genova oggi 18 luglio di 104 anni fa (era il 1917), ma è a Torino dove compie gli studi e che arriva la svolta: il suo insegnante di letteratura comparata al liceo classico è Cesare Pavese. Traduce di nascosto, come detto, L’antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Il professore-scrittore la legge e la consegna ad Einaudi, la sua casa editrice. E’ il 1943 e grazie ad una ‘semplice’ studentessa la letteratura americana sbarca nel nostro Paese. Lo stesso anno arriva anche Addio alle armi di Ernest Hemingway: è ancora una lettura all’indice; il grande scrittore americano non piace al Duce e per questo viene arrestata dalle SS naziste. Hemingway viene a sapere dell’arresto e vuole conoscere la sua traduttrice italiana. Nasce così un’amicizia speciale, quasi un rapporto padre-figlia di cui è rimasta testimonianza nei suoi diari e in molte lettere: “ti ho trovata carina e bella e anche con una buona testa per pensare. Se c’è un errore che fai, figlia, credo che sia (in letteratura) quello di accettare il combattimento con troppa facilità. Io non rispondo mai a un attacco: non do risposta. Continuo a lavorare. Il lavoro è tutto. A volte (in letteratura) ci si arrabbia molto. Ma non rispondo mai, o meglio, ho imparato a non rispondere. Aspetto che muoiano o che abbiano torto, o tutte e due, o a volte li uccido in silenzio con una frase. Con molto affetto. Mr Papa”
La voce della generazione beat
Deve affacciarsi il boom economico perché finalmente nel 1956 Fernanda Pivano possa compiere il suo primo viaggio negli Stati Uniti. Sono gli anni della nascente Beat Generation, praticamente una folgorazione: diviene la ‘voce’ dei suoi amici scrittori americani Allen Ginsberg, Jack Kerouac (firmerà la prefazione nel 1959 di On the road per Mondadori), Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti solo per citare i più importanti. Così inizia a diffondersi nel nostro Paese la cultura beat. C’è anche un giovanissimo musicista, che considera un nuovo poeta e che descrive così: “rappresenta il secolo americano, con i drammi americani, le speranze americane, i sogni americani, e anche le proposte americane: lui ha fatto delle proposte, non ha soltanto mostrato che l’America stava andando alla deriva, ha anche suggerito che cosa fare perché non ci andasse”. Sta parlando di Bob Dylan.
La Pivano non si fermerà mai e fino alla scomparsa avvenuta nel 2009 tradurrà tutte le nuove leve della letteratura americana e della controcultura anche italiana.
Da Bob Dylan a Fabrizio De Andrè
Fernanda Pivano nel frattempo si è sposata con l’architetto e il designer Ettore Sottsass. Vanno a vivere a Milano, e la casa si trasforma nel crocevia di artisti e poeti. In quell’ambiente realizzano anche due riviste: Room East 128. Chronicle, ma soprattutto Pianeta Fresco (rivista psichedelica sulla non violenza), codiretta con Ginsberg. Scopre il tradimento del marito nel momento dell’incontro con Fabrizio De Andrè. E’ 1971 il cantautore genovese pubblica Non al denaro non all’amore né al cielo, ispirato proprio all’Antologia di Spoon River tradotto dalla sua “sorellina” come la considera De Andrè. Anni dopo la Pivano collaborerà con Morgan, ex frontman dei Bluvertigo, per un remake di questo indimenticabile album.
Gli anni ’80 e l’incontro con Bukowski
Charles Bukowski si racconta a Fernanda Pivano: una semplice intervista non basta per ricomprendere tutte le sue sfaccettature del nuovo astro nascente della controcultura e ne nasce un libro dal titolo, Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle, pubblicato dalla Feltrinelli. L’America resta per lei fonte di ispirazione e di novità: sono gli anni in cui scopre e traduce Raymond Carver e Bret Easton Ellis.
Le opere e i riconoscimenti
Impossibile citare tutte le sue traduzioni e non sono poche anche le sue opere di narrativa (Hemingway, 1985; Cos’è più la virtù, 1986; La mia kasbah, 1988; Dov’è più la virtù, 1997; I miei quadrifogli, 2000). Molto noti e apprezzati i ritratti critici nati dalla sua conoscenza diretta degli autori: La balena bianca e altri miti (1961), America rossa e nera (1964), Beat Hippie Yippie (1972), The beat goes on (2004), I miei amici cantautori, 2005; Pagine americane (2005). Nel 2008 sono stati pubblicati i suoi Diari 1971-1973; mentre sono stati editati postumi nel 2010 i Diari 1974-2009.
Era rimasta un’inguaribile sognatrice come scrisse in Ho fatto una pace separata: “se ho sbagliato perdonatemi: i sogni sono quasi sempre sbagliati, mi dicono. Eppure io non riesco a dimenticare la lezione forse più importante che mi ha dato il mio indimenticabile maestro Ernest Hemingway“.