È bastata una giornata di proteste, manifestazioni e scontri in varie città contro il Governo perché la debole democrazia della Tunisia precipitasse in uno stato di caos. Il Presidente della Repubblica, Kais Saied (al centro nella foto), ha annunciato nella tarda serata di ieri 25 luglio la sospensione del Parlamento e il licenziamento del Primo Ministro Hichem Mechichi. Un atto che può far pensare a un golpe, ma che impatta su una realtà complessa. Poco dopo l’annuncio di Saied, infatti, a seguito di una riunione di emergenza a Cartagine con i vertici della sicurezza e dell’esercito, molti cittadini si sono riversati nelle strade suonando i clacson delle automobili in segno di giubilo.
Rabbia contro il governo
Il 25 luglio ricorreva il 64º anniversario della proclamazione della Repubblica tunisina. Migliaia di cittadini avevano marciato in diverse città per protestare contro i fallimenti del Governo, il sistema politico e la cattiva gestione della pandemia di Covid. A Tunisi, la capitale, centinaia di manifestanti si erano radunati davanti al Parlamento, gridando slogan contro il partito islamico Ennahdha al potere e il premier Mechichi. La folla chiedeva a gran voce lo “scioglimento dell’Assemblea parlamentare“. Dure proteste si sono svolte, oltreché a Tunisi, anche nelle città di Gafsa, Kairouan, Monastir, Sousse e Tozeur.
Esecutivo del Presidente
“La Costituzione non consente lo scioglimento del Parlamento, ma permette la sospensione dei suoi lavori“, ha affermato Saied, citando l’articolo 80 della Costituzione. Si tratta di una norma che consente tale misura in caso di “pericolo imminente“. Il Presidente della Repubblica ha dichiarato che assumerà il potere esecutivo “con l’aiuto” di un Governo guidato da un nuovo primo ministro nominato dallo stesso Presidente. Sarà inoltre revocata l’immunità ai deputati.
Fragili equilibri
Sono ormai trascorsi dieci anni dalla rivoluzione del 2011 – una delle cosiddette primavere arabe – che ha rovesciato il dittatore Zine El Abidine Ben Ali. La Tunisia, tuttavia, rimane soggetta all’instabilità politica che ha ostacolato gli sforzi per rilanciare i servizi pubblici disastrati del paese. Fra gli scopi della classe dirigente anche riforme ad ampio raggio in tutti i campi, condizione indispensabile perché il Fondo monetario internazionale eroghi le risorse necessarie.
Duello personale
Ma il culmine raggiunto col siluramento del premier da parte del Presidente della Repubblica non affonda le radici soltanto nel malcontento popolare. Per mesi, infatti, la Tunisia ha vissuto una sorta di stallo istituzionale a causa della contrapposizione tra Kais Saied e Hichem Mechichi. Al centro dei dissapori un cambio in corsa della compagine di governo. Approvato dal Parlamento alla fine dello scorso gennaio, non è mai stato accettato dal Capo dello Stato. In Parlamento, inoltre, negli ultimi tempi erano andati in scena episodi di violenza tra deputati. Tutti fattori che hanno rallentato l’attività legislativa e creato sempre maggiori tensioni nella società tunisina. Gli scenari che ora si aprono sono imprevedibili. Il Presidente del Parlamento, Rached Ghannouchi, che è leader del partito islamico, ha annunciato che “le istituzioni sono ancora al loro posto, i sostenitori di Ennhahda e il popolo tunisino difenderanno la rivoluzione“. Lo scontro politico e istituzionale continua.