Tunisia: nuovo giro di vite dopo la chiusura del Parlamento, salta il vertice con l’Italia sui migranti
Dopo la svolta autoritaria del presidente della Repubblica, Kais Saied, si teme che i flussi verso l'Europa vadano fuori controllo
Si aggrava la crisi politica e sociale in Tunisia. Dopo le brusche e inattese decisioni di domenica sera 25 luglio – con le quali ha sospeso il Parlamento per trenta giorni e ha cacciato il premier Hichem Mechichi – il Presidente della Repubblica, Kais Saied (a destra nella foto), continua sulla strada delle epurazioni in seno al Governo. Saied ha infatti silurato per decreto una ventina di alti funzionari dello Stato.
Destituito il procuratore militare
Ma non basta perché il presidente ha rimosso anche il procuratore generale militare Taoufik Ayouni. Tra coloro che si sono visti cacciare via, il segretario generale del Governo, Walid Dhahbi. Oltre a lui un altro ‘papavero’ ha perso il posto su due piedi: il presidente del Comitato generale dei martiri e dei feriti della rivoluzione e degli atti terroristici, Abderrazek Kilani. I tunisini, intanto, devono subire il coprifuoco dalle 19 alle 6 del mattino. E non possono riunirsi in luoghi pubblici in più di tre persone per volta. Tutto ciò nel quadro di una recrudescenza della pandemia di Covid che sta aggravando la situazione sanitaria e sociale.
Una situazione da decifrare
La mano dura del Capo dello Stato è in azione ormai ininterrottamente da tre giorni e non ci sono indizi che possa fermarsi presto. Il mondo, e l’Europa in particolare, hanno qualche difficoltà a comprendere cosa stia davvero accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo. È in atto, puramente e semplicemente, un golpe, come dicono gli islamisti del partito di maggioranza Ennhadha, guidato dal deposto presidente del Parlamento, Rached Ghannouchi? Oppure siamo di fronte a un intervento autoritario ma giustificato da “pericoli imminenti” ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione tunisina, come sostiene il Presidente della Repubblica?
Salta il vertice Italia-Tunisia
Il popolo tunisino appare diviso. Domenica sera, all’annuncio in diretta tv di Kais Saied che l’attività del Parlamento sarebbe stata immediatamente sospesa, a Tunisi e in diverse altre città del paese molte persone sono scese in strada festeggiando a colpi di clacson dalle auto. Al tempo stesso Rached Ghannouchi ha esortato i suoi alleati a “scendere in piazza per ripristinare la democrazia”. Una cosa è certa: dagli Stati Uniti alla Francia e fino a Roma la preoccupazione serpeggia fra le cancellerie. Sull’asse Palazzo Chigi-Farnesina si medita il da farsi: dato tutto ciò che è accaduto a Tunisi nelle ultime 48 ore, è saltato il previsto meeting italo-tunisino sui migranti. Avrebbe dovuto prendervi parte il deposto premier Hichem Mechichi. Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, hanno dovuto rinunciare. Ora sono a rischio gli accordo con l’Italia e l’Europa sui flussi dei migranti e le intese sui rimpatri.