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Antonio Pennacchi ci ha lasciati: addio allo scrittore che di ‘pancia’ scriveva la realtà con amabile poesia

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Era al telefono Antonio Pennacchi quando improvvisamente la moglie non ha sentito più la sua voce, la stessa sensazione di smarrimento che avrà provato l’interlocutore con il quale lo scrittore stava dialogando. Magari l’argomento ruotava intorno alla sua ultima fatica letteraria: La strada del mare. L’ultimo suo romanzo è dello scorso anno e Pennacchi era tornato a parlare della famiglia Peruzzi, questa volta raccontando lo spaccato degli Anni Cinquanta nell’Agro Pontino.

Dalle prime indiscrezioni sulla scomparsa, riportate nella tarda serata di ieri da Repubblica; Pennacchi sarebbe morto nella sua abitazione di Latina, a causa di un probabile infarto. A dare poi conferma all’ANSA, la casa editrice Mondadori con la quale lo scrittore aveva pubblicato gran parte dei suoi libri. Ed è proprio Latina a piangere per prima la scomparsa del poeta di 71 anni, che con maestria ha tracciato i percorsi dell’anima dei suoi personaggi. E con altrettanta profondità, non tralasciando mai l’empatia, ne ha tracciato lo stile. Il romanziere dall’accento romanesco, che ha saputo rendere la provincia romana come nessun altro. La sua formazione  marxista-leninista, da avanguardia rivoluzionaria, e quel suo passato da operaio nella fabbrica dell’Alcatel Cavi prima di trasporre il tutto nella scrittura, lo hanno portato a vivere di ‘pancia’ la sua stessa poetica. Di questa era intrisa ogni pagina dei suoi libri.

Il saluto da Mondadori a Nicola Zingaretti

La sua morte ha commosso tutti. Soprattutto le persone che conoscevano il narratore, che sapeva raccontare bene quei territori del Lazio, dell’Agro pontino, ma anche il Veneto. Luoghi, nonché scenari delle sue storie, nate da un vissuto che ha reso con le stesse mani sapienti di un operaio, e che ha profondamente sentito e tradotto l’empatia in intelletto. Nel passato, fonte inesorabile delle sue storie, Pennacchi ritrovava sempre un po’ anche se stesso: “Il presente non è altro che il frutto del passato e promessa del futuro”. E sono queste le parole che, oggi, risuonano come un eco nella memoria di chi lo aveva conosciuto di persona, o ne aveva letto i capolavori letterari. Lettori, amici e colleghi hanno ricordato sui social lo scrittore.

Antonio Pennacchi mancherà a molti, e con lui anche la sua penna, che ancora trasudava inchiostro per nuove storie. Dalla casa editrice Mondadori, la quale gli ha dedicato un post commovente su Instagram, al Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti il quale sul medesima piattaforma digitale, lo definisce un intellettuale libero, schietto e irriverente, promotore di un pezzo della nostra storia.

Da operaio a scrittore: l’arte poetica del popolo

Nato a Latina nel 1950, operaio, Antonio Pennacchi si è dedicato alla politica prima nelle file del MSI e poi in quelle del Partito marxista-leninista Italiano. Tra gli anni ’70 e gli ’80 ha aderito al Partito Socialista Italiano e alla Confederazione sindacale: CGIL e poi UIL. Ma è nel periodo di cassa integrazione che l’anima dello scrittore comincia a strutturarsi, quando compie i suoi studi in Lettere e Filosofia.

Dopo la laurea, è avvenuto infatti il debutto di Pennacchi nella letteratura italiana con Mammut nel 1994. L’autore ha narrato le lotte operaie e le avventure di un rappresentante sindacale della Supercavi di Latina-Borgo Piave; un libro seguito da Paludi, testo dedicato alle paludi pontine e alla bonifica fascista della zona. Quest’ultima fatica letteraria, ha anticipato il suo lavoro più noto, e vincitore del Premio Strega nel 2010: Canale Mussolini. Sono gli anni della miseria. Migliaia di veneti arrivavano nelle Paludi Pontine per una bonifica voluta da Benito Mussolini. La trama, che racconta mezzo secolo di storia, è costruita intorno alla famiglia Peruzzi che  ha partecipato all’esodo portandosi con sé un eroe: zio Pericle.

La strada del mare: l’ultima fatica letteraria di Antonio Pennacchi

Nel 2013 ha pubblicato Il fasciocomunista, il racconto di una Latina degli Anni Sessanta laddove Accio Benassi, appartenente ad una numerosa famiglia operaia, entrava in seminario per poi diventare missionario. La vita scriteriata del personaggio era la parte centrale del libro. Un romanzo, quest’ultimo, autobiografico da cui nel 2011 ne è stato tratto il film Mio fratello è figlio unico, con Elio Germano e Riccardo Scamarcio ad interpretarne i protagonisti. Qui, un viaggio di Accio in autostop ha legato quel sapore dolceamaro dello spaesamento, quasi erotico nel condividere il viaggio con qualcuno, alla linearità del paesaggio che si rendeva quasi attore non protagonista.

Pennacchi poi è tornato a raccontare della famiglia Peruzzi in La strada del mare. Dopo il primo ed il secondo volume di Canale Mussolini; l’ultima sua fatica letteraria ha condotto il lettore verso la fine degli Anni Cinquanta in una Latina dallo scenario quasi benestante. Pennacchi ha raccontato la fine del latifondo e il miglioramento delle condizioni di vita. Ma lo scrittore non ha tralasciato alcuni fattori importanti di quegli anni: l’entrata in scena prepotente di Andreotti e Kennedy; come le vittime del boom economico.

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Teresa Comberiati

Spettacolo, Tv & Cronaca Rosa Calabrese, a vent’anni si trasferisce a Roma dove attualmente vive. Amante della fotografia quanto della scrittura, negli anni ha lavorato nel campo della comunicazione collaborando con diverse testate locali in qualità di fotografa e articolista durante la 71ª e 75ª Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. Ha già scritto il suo primo romanzo intitolato Il muscolo dell’anima. Colonna portante del blog di VelvetMAG dedicato alla cronaca rosa e alle celebrities www.velvetgossip.it, di cui redige ogni mese la Rassegna Gossip. Segui Teresa su LinkedIn Segui Teresa su Instagram Segui Teresa su Twitter Segui Teresa su Facebook

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