Eleonora Mazzoni, ‘Le Difettose’: siamo disposte a tutto pur di diventare madri? Un viaggio al femminile contro il ‘politically correct’
La ristampa del libro a distanza di nove anni dall'uscita, segna un altro traguardo: la storia continua per la sua contemporaneità
Al centro delle vicende narrate nel libro Le difettose c’è Carla: la protagonista ha quasi quarant’anni, un lavoro che l’appassiona e un marito che la ama. All’apparenza sembra la vita perfetta. Ma nelle loro vite, manca ancora, la cosa che desiderano di più al mondo: avere un figlio. Non avviene naturalmente e quindi optano per iniziare il percorso, spesso lungo e tortuoso, della fecondazione artificiale. L’aggettivo definisce esattamente quello che il racconto vuole rendere: la linea di confine tra la speranza di diventare madre e una crisi sempre in agguato.
Quel sentimento di profonda tristezza potrebbe mettere in difficoltà qualsiasi persona, e di conseguenza tutte le sue relazioni. A ciò si aggiunge la determinazione nella ricerca della fecondazione giusta per riempire quella pancia vuota. Ma sarà realmente dettata dalla volontà di diventare madre, o l’idea nel progettarlo non è altro che il riflesso di una società patriarcale e rovinosamente attaccata elle tradizioni? Con grande delicatezza e, senza essere mai scontata, Eleonora Mazzoni ne parla in questa esclusiva intervista a noi di VelvetMAG.
Intervista esclusiva a Eleonora Mazzoni de Le Difettose
Partiamo subito dalla protagonista del libro: Carla, alla soglia dei 40 anni, vuole assolutamente diventare madre. È una storia personale o ritiene che esista addirittura il tracciato di un fattore sociale collegato a questo desiderio? Ritiene ad esempio che la precarietà, a volte, porti la donna a riempire il vuoto della maternità con qualcos’altro?
Nel desiderare un figlio c’è una parte assolutamente autentica, ma anche un condizionamento della società che pesa sulle scelte. La classica domanda: “Ma un figlio quando?” troppo spesso posta alla coppia, è inevitabile. Dunque, la società ti impone almeno di avere un figlio. Come se una donna senza figli fosse una donna a metà. Stiamo parlando di un vecchio e secolare pregiudizio che ancora ci portiamo sulle spalle. La storia ci insegna che in qualsiasi cultura, in qualsiasi religione, società, tempo, la donna infertile o sterile era emarginata; addirittura poteva essere ripudiata dal marito.
L’immagine della donna sterile, e quindi vuota e arida, è ancora perfettamente nitida. Anche se si è una donna del 2021, bisogna dar conto alla società; soprattutto se si abita in provincia o addirittura in un piccolo paese. Io questo l’ho visto attraverso alcune testimonianze, laddove l’ossessione comincia a modellare qualsiasi cosa. Il fatto di non riuscire a portare a termine una cosa così naturale, come fare un figlio, la mancanza che si instaura dopo, porta in auge tutti i fallimenti vissuti. Il disagio che si prova improvvisamente, magnetizza tutto il resto e l’ossessione si innesca.
Perché Carla ha cercato tardi di avere un figlio?
Perché ha studiato e ha cercato un lavoro che le piaceva. Un’indipendenza economica, anche se sempre relativa. Nel libro, infatti, ho scelto di darle un lavoro buono, bello, che le piacesse, ma anche precario come spesso capita di avere nella realtà dal punto di vista economico. E questa precarietà, le ha portato ad avere altri sensi di colpa. Magari, se avesse scelto un’altra strada, se avesse fatto per esempio il concorso di insegnate, avrebbe avuto, forse, una vita più tranquilla.
Invece, questo contratto che viene rinnovato ogni anno e quel concorso all’Università che non esce mai e poi viene pubblicato quando ha la sua fecondazione…insomma, tutto questo stimola quella sensazione costante generata dai sensi di colpa, dato da quel sentire che si traduce in: “avresti voluto o dovuto fare, e invece non hai fatto!”. Per cui, l’arrivo di un figlio rischia di non essere altro che una sorta di ricompensa.
Il libro è uscito nel 2012, ed oggi in libreria si può sfogliare la ristampa a distanza di ben 9 anni. Un’opera che possiamo dire ha continuato a vivere in un altro tempo. Hai trovato un’accoglienza diversa rispetto alla prima edizione?
Quando una lettrice arriva dopo tanto tempo ad un libro, significa che il titolo le è arrivato attraverso un ‘passaparola’ convincente. All’inizio non puoi sapere come sarà accolto. Poco dopo però, ho avuto subito un riscontro positivo, tant’è vero che c’è stata una ristampa dopo sei mesi. Adesso, vedo lettori che mi scrivono già prima di andare a comprare il libro. Mi sembra come se si fosse creata una sorta di circolo virtuoso, e ho la sensazione che lo accolgono già con una buona predisposizione.
Torniamo a Carla, fin dalla scelta, prima ancora di procedere con il protocollo per la fecondazione assistita, la donna entra in un meccanismo di accettazione, quasi meccanico. Si mettono in discussione molti aspetti: l’emotività, la forza psicologica e fisica. Non solo della donna, anche dell’uomo. Come affronta il sesso maschile questa situazione? Che sensazioni prova?
È chiaro che il senso di paternità è molto diverso dal senso di maternità. Questa sorta di ossessione, è tipicamente femminile. Un uomo che desidera molto, non lo desidererà mai quanto una donna che vorrebbe diventare madre. Non tutte lo esigono da loro stesse. Ma quando lo si vuole un figlio, per una donna risulta essere molto più articolato e pressante rispetto ad un uomo, anche perché, c’è un problema di tempo che il sesso maschile non ha. Nonostante la gravidanza oggi potrebbe coinvolgere donne mature, e quasi improbabile che si possano fare figli a 65 anni.
In più, quando ci si introduce in un percorso di fecondazione artificiale, la condizioni mentali tra uomo e donna sono estremamente diverse. Spesso questa differenza mette in crisi la coppia. L’uomo è più riservato perché, ai suoi occhi, il fatto di andare in un ospedale, o mettersi in fila con altri uomini per la raccolta del seme, è un qualcosa di troppo complesso. A volte fanno fatica a fare lo spermiogramma, soprattutto se si dubita che il problema sia in loro. Il numero di infertilità oggi è aumentato, e spesso, sono gli uomini ad essere ‘difettosi’.
Perché allora il titolo è stato posto al femminile?
Ho messo Le Difettose perché la donna, culturalmente, è stata sempre considerata difettosa. Oggi, l’infertilità, è cresciuta tantissimo anche negli uomini, e aumenterà sempre di più. Per cui, le generazioni future avranno meno spermatozoi dei loro padri. Un trend che aumenterà sempre di più: un dato abbastanza impressionante tutto questo, non credi? La connotazione dell’uomo è sempre legata alla potenza, alla virilità, ma non c’entra niente. Mentre per la donna, l’ansia è il sentire una pancia vuota, per l’uomo riceve una diagnosi di infertilità è un duro colpo al suo narcisismo, perché potrebbe sentire di non essere abbastanza forte a livello sessuale.
Le Difettose è un viaggio alla ricerca della maternità. Se esiste una connessione tra Eleonora (autrice) e Carla (protagonista del libro), dove avviene il punto d’incontro?
Direi che c’è un punto d’incontro esiste assolutamente. Anche se non è così diretto. Poi, c’è anche dell’altro, che non sono io, ma altre persone che ho incontrato. D’altronde, un personaggio è sempre uno strano mix che spinge te autore, verso il protagonista del romanzo e viceversa, intessendo una sorta di lotta.
Quanto poco si parla della fecondazione assistita? È un argomento che oggi, trova spazio nella comunicazione con i più giovani?
In realtà ho avuto una ventina di presentazioni nelle scuole superiori tra: Roma, Milano, Bologna e Bari. Devo dire che inaspettatamente ho trovato un riscontro positivo. D’altronde, è un argomento molto interessante, anche dal punto di vista giuridico, morale, etico, filosofico. C’è questo scontro fra scienza e natura che si trascina e coinvolge. Tra l’altro, la fecondazione ha anche una storia affascinante: il primo tentativo di inseminazione inizia nel 1700, e non con la prima bambina nata in provetta nel ’71. Ha una storia molto antica, e sarebbe altrettanto interessante vedere che cosa ha suscitato sui giornali e sulle persone dell’epoca, perché sì, noi abbiamo tante testimonianze.
Oggi si sbaglia a guardare tutto questo come se fosse solo storia. Per come si presenta il mondo occidentale, nel nostro futuro si ricorrerà alla fecondazione sempre di più. Bisognerebbe fare, dunque, un po’ più di pace, conoscere l’argomento e… ben vengano i dibattiti, sempre con la serenità di raccontare un qualcosa che secondo me, necessita di esser trattata con ragionevolezza.
Volere un figlio a tutti i costi secondo lei può creare dipendenza?
Può creare una sorta di ‘cocciutagine‘ che si può trasformare anche in ossessione. Volevo raccontare anche questo nel libro: un po’ perché l’avevo sperimentata sulla mia pelle, un po’ perché avevo visto quello che era accaduto ad altre donne. Nessuno ti può dare la garanzia di avere un figlio. Neanche la scienza, la medicina. Neanche la procreazione medicalmente assistita. La ricerca ha fatto passi da gigante sì, ma comunque non ti può garantire un figlio. Quindi si devono fare i conti anche con la possibilità di rimanere senza. Ed è qui che si rischia di cadere nell’ossessione.
È come se si perdesse il gusto delle cose: non hai più stimoli, entri in crisi con il tuo compagno o marito. E invidi addirittura le persone, magari le tue amiche, che invece rimangono incinte facilmente in un batter d’occhio. La selezione selettiva fa in modo che, quando una donna si trova in questo ‘trip’, le sembra che tutto il mondo stia aspettando un figlio, fuor che lei.
È cambiato il modo in cui si desidera un figlio?
È cambiato molto. Il diventare genitori oggi, come anche desiderare di esserlo, è diverso rispetto a qualche decennio fa, quando pur di sposarsi o avere dei figli, per una donna era quasi un desiderio inevitabile. Ci si faceva meno domande. In più c’era una società diversa e forse più adatta per i figli. In passato esisteva una sorta di ‘grande famiglia’. Le modalità con la quale si badava al proprio figlio erano diverse. Si faceva meno fatica perché esisteva una nuvola di condivisione pura di affetti mai più accaduta. Io vedo oggi genitori affaticati. E credo che il crollo delle nascite sia dovuto anche al fatto che temiamo un po’ di diventare padri o madri. Perché questo? Perché si ha paura di non essere all’altezza, di non farcela. Oggi, il compito del genitore è meno condiviso, e questo di certo non aiuta.
Cosa volevi lasciare al lettore de Le Difettose?
Sicuramente il libro fa nascere nel lettore delle domande. Come anche risposte che potrebbero esser diverse al racconto del romanzo stesso. Ho ricevuto delle lettere, delle storie di donne che dopo averlo letto mi hanno raccontato la loro vita. Donne di tutti i tipi, di tutte le età e di condizioni sociali diverse. Ognuna ha avuto una risposta. In qualche modo credo che il libro spinga a trovare in se stesse una risposta. Poi, per quanto possa influire il mio ruolo, tendo ad instaurare un rapporto intimo con il lettore. Questa intimità funge da dialogo.
Le Difettose diventerà una serie tv? Hai mai immaginato chi, nella vasta rosa delle attrici italiane e non potrebbe interpretare Carla?
Speriamo! Sono stati acquistati i diritti del libro, ed ho scritto anche un soggetto di serie che mi è stato comprato da una casa di produzione importate, una di quelle che produce le serie televisive di maggior successo. Ci stiamo lavorando, anche se il Covid ha un po’ rallentato tutto, però penso che lo faremo.
Per quanto riguarda Carla invece, abbiamo fatto dei nomi. La serie televisiva prevede Carla protagonista, però anche altri tre ruoli, che nel libro sono di contorno, ma che avranno un ruolo importante per l’intreccio della storia. Per esempio abbiamo Catia, Licia. Loro diventeranno co-protagoniste. Quindi saranno quattro donne diverse, accumunate soltanto dallo stesso desiderio di avere un figlio e che tendenzialmente diventeranno anche amiche attraverso questo percorso le quali realizzeranno di poter avere un figlio in maniera completamente diversa l’una dall’altra. Anna Foglietta per esempio, è un’attrice che mi piacerebbe molto.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto ancora scrivendo. È un librone iniziato qualche anno fa, mentre contemporaneamente mi dedicavo alla televisione e al cinema. Il protagonista è Alessandro Manzoni e tra i nomi noti ci saranno anche Giulia Beccaria e Enrichetta Blondel. È una mia lettura personale, estremamente documentata sullo scrittore italiano. Nel mezzo ci sono tante cose che mi toccano profondamente; come il tema della maternità. Si tratta di un libro storico, in parte memoir, in parte saggistico, ma che leggendolo sembrerà essere anche un libro contemporaneo. Sarà fruibile e credo anche che parli molto agli uomini e alle donne di oggi.
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