Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata“. Parlava, scriveva e agiva così Enzo Biagi, maestro del giornalismo italiano e scrittore prolifico, oltreché ‘cronista totale’, potremmo dire. Lo testimonia la sua carriera che ha attraversato tutta la seconda metà del Novecento fino ai primi anni Duemila, a cavallo fra quotidiani e settimanali cartacei, la Rai, i libri, inchieste e trasmissioni popolarissime. Oggi 9 agosto avrebbe compiuto 101 anni. Se ne è andato 14 anni fa, ma la sua lezione resta: fare informazione ha lo stesso valore della fornitura di un bene essenziale per la vita quotidiana delle persone.

Biagi, l’archivio nel suo paese natale

Biagi era nato a Pianaccio, frazione di Lizzano in Belvedere, nel Bolognese, il 9 agosto del 1920. Le sue grandi pagine di servizio pubblico saranno da ora in poi a disposizione di tutti nel Centro Documentale a lui intitolato, proprio a Pianaccio. Grazie alla convenzione siglata tra Comune di Lizzano in Belvedere, Teche Rai e Sede regionale Rai per l’Emilia-Romagna sarà disponibile un ricchissimo archivio per un viaggio nella nostra storia, vista dagli occhi di Enzo Biagi, attraverso i suoi programmi.

Dal Carlino alla cattedra de Il fatto

Il maestro di tanti cronisti aveva cominciato la sua carriera giornalistica a 18 anni, al Resto del Carlino. A 21 anni divenne professionista, ma fu richiamato alle armi durante la seconda guerra mondiale. Nel 1943 si unì ai partigiani e successivamente fondò il settimanale Cronache e il quotidiano Cronache sera. Ritornò al Resto del Carlino e una volta a trasferitosi a Milano diresse il settimanale Epoca fino ad arrivare in Rai. Ricoprì, infatti, prima la carica di direttore di Epoca (1953-60), poi del Tg della Rai (1960-62), quindi de Il Resto del Carlino (1970-71). In seguito fu inviato speciale de La Stampa e del Corriere della Sera. È stato poi collaboratore de La Repubblica, tornando successivamente (1989) a scrivere per il Corriere della Sera. Titolare di una rubrica su Panorama, dal 1996 iniziò a scrivere su L’Espresso. Tra le numerose trasmissioni televisive, vanno ricordate le 700 puntate de Il fatto, vera cattedra dalla quale Biagi ha fustigato con garbo e fermezza il decadimento della politica italiana. Nel 2002 dovette subire l’allontanamento dalla Rai, a seguito del tristemente celebre ‘editto bulgaro‘ di Silvio Berlusconi, allora premier.

Pacato, esigente e controcorrente

Restò sempre un uomo che se nel privato era timido e riservato, nella professione era schietto, leale, esigentissimo, pacato, giusto ma allo stesso tempo ‘partigiano’. E sempre preoccupato di offrire ai lettori e ai telespettatori un giornalismo di qualità: storie di vita che meritassero di essere raccontate. Insomma un cronista di razza. “Ha rappresentato per me un maestro di giornalismo e di televisione – ha spiegato ad Avvenire lo storico dirigente Rai Franco Iseppima soprattutto è stato un uomo capace di andare controcorrente. Mi torna spesso in mente il caso Tortora, quando mi confidò: ‘e se fosse innocente?’ Poi Biagi lo difese a spada tratta.”

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