“Se facessi ‘Cenerentola’, il pubblico cercherebbe qualche cadavere nella carrozza.” In poche parole, Alfred Hitchcock ha sintetizzato quella sua particolare cifra stilistica, su cui, tra risvolti inaspettati, suspense e un inedito umorismo ha fondato la sua grandezza. D’altronde, se si è guadagnato il titolo di Maestro del Brivido, nel corso della sua carriera, un motivo ci sarà. Anzi, più di uno. Annoverato come uno degli autori più importanti della settima arte, Hitchcock ha ribaltato gli schemi, offrendo un ulteriore punto di vista sul genere thriller. Con Vertigo (in Italia distribuito con il titolo-spoiler La donna che visse due volte), La finestra sul cortile, Psycho, Notorious – L’amante perduta, Uccelli – per citarne alcuni – ha segnato un solco indelebile nella storia del cinema. Oggi, venerdì 13 agosto – quale giornata migliore? – ricorrono 122 anni dalla sua nascita: non potevamo non celebrarne il mito.
“Ho una cura perfetta per una gola arrossata. Tagliarla!”
A dispetto del suo volto austero, con cui era solito mostrarsi davanti la macchina fotografica, Alfred Hitchcock aveva l’abitudine di “torturare” la propria troupe con scherzi e dispetti. Dietro quell’apparenza algida, dunque, si nascondeva molto altro. Un po’ quanto accade con i suoi film, che potrebbero essere descritti con lo stesso meccanismo delle scatole cinesi. Non appena, infatti, lo spettatore pensava di aver scoperto qualcosa che potesse avvicinarlo alla soluzione finale, in realtà si trovava solo ad aver “scoperchiato” uno strato. Sempre vicino alla soluzione, ma mai abbastanza per tenere il passo con Hitchcock. D’altronde, come il Maestro del Brivido stesso affermava: “C’è qualcosa di più importante della logica: è l’immaginazione“. E di immaginazione, Sir Alfred Joseph Hitchcock ha dimostrato di averne.
Inglese di nascita, americano d’adozione, il regista nacque il 13 agosto 1899 a Leytonstone, un quartiere dell’East End di Londra. Così come la sua vita può essere divisa in due parti nettamente distinte, prima e dopo il trasferimento negli Stati Uniti – datato 1940 – lo stesso si può dire per la sua carriera. Tra il 1925 e il fatidico 1940, infatti, il regista diresse ben 25 film di produzione inglese, che rientrano appieno nel periodo britannico. A partire dallo stesso anno, fino al 1976 – quando uscì in sala Complotto di famiglia – diresse trenta film, appartenenti al periodo statunitense.
La poetica della suspense
Insomma, è come considerare che Picasso stia alla pittura, come Alfred Hitchcock al cinema. Così come il pittore spagnolo offrì una peculiare visione dell’arte, attraverso la tela o le sculture, il regista ci regalò il suo personale punto di vista sul cinema. Un modo di fare che, a distanza di decenni, continua a fare scuola. È stato proprio lui, infatti, a concepire la moderna suspense. In occasione delle celebri conversazioni intrattenute con Truffaut, infatti, il regista di Psycho, in merito a La donna che visse due volte, interpretato da James Stewart e Kim Novak, si trovò a spiegare il modo in cui riuscì a costruire quella tensione particolare. Che non era più “sorpresa” ma un’inedita sensazione. “Stewart per un po’ di tempo crederà che Judy (Kim Novak, ndr) sia proprio Madelaine, poi si rassegnerà all’idea opposta. […] Ma il pubblico, invece, ha ricevuto l’informazione. Dunque abbiamo creato una suspence basata su questo interrogativo: come reagirà James Stewart quando scoprirà che lei gli ha mentito è che è effettivamente Madelaine?”
È questa, dunque, una delle novità apportate da Hichcock, che ha dunque sovvertito una delle più grandi tendenze. Se il pubblico doveva meravigliarsi, scoprendo man mano la soluzione ed essendo l’ultimo informato dei fatti, con i suoi film il regista ha sovvertito il paradigma. Non si trattava più di condurre il pubblico verso un interrogativo prestabilito, ma di depistarlo fino alla domanda effettiva, quella che il regista voleva che si ponesse. In che modo? Informandolo dei fatti fin da subito, ma senza risolvere il mistero.
In quanti, ad esempio, si aspettavano di cogliere Norma Bates, in flagranza di reato, alla fine di Psycho? Per poi trovarsi di fronte un uomo, negli abiti della defunta donna, brandire un coltello? Norman Bates, ispirato – alla lontana – al serial killer realmente esistito Ed Gein, ha fatto senza dubbio saltare gli spettatori dalle sedie, all’epoca, in uno dei finali più riusciti della storia del cinema. Insomma, per alcuni suoi colleghi, la novità sarebbe potuta suonare come una pazzia. Che Alfred Hitchcock fosse pazzo? Per niente: aveva solo trovato nuovi sentieri che si ramificavano attraverso la ragione.
Alfred Hitchcock e la sua particolare fissazione
Come qualsiasi genio che si rispetti, anche Alfred Hitchcock aveva le sue peculiarità. Tra queste, quella unica e singolare per i bagni. Ebbene, pare che il regista fosse fissato, in particolare, con quella precisa stanza della casa, tant’è che nei suoi film era un motivo ricorrente. Anzi, spesso nel bagno avvenivano scene cruciali o momenti decisivi. Qualora non fosse presente, per questioni relative alla trama, il Maestro del Brivido trovava comunque il modo di inserire un riferimento. È il caso, ad esempio, della pellicola Prigionieri dell’Oceano, in cui John Kovac reca su di sé il tatuaggio BM. Quella stessa sigla era già presente, l’anno precedente, in Ombra del dubbio, questa volta incisa su un anello. Ebbene, quelle due iniziali stanno per “movimento intestinale“. Insomma, un tipico esempio del suo humor inglese, che Hitchcock inseriva sempre nei propri film.