Gino Strada, fondatore di Emergency è morto oggi, venerdì 13 agosto, all’età di 73 anni. Un terzo dei quali passati negli ospedali da campo della sua organizzazione umanitaria in tutto il mondo. A dare la notizia per primo Il Corriere della Sera.
La figlia di Strada, Cecilia, lo saluta via social con un post che sintetizza tutto quello che le ha insegnato suo padre: il valore di salvare vite; anche solo una vita alla volta (nel post la ResQ People ha appena effettuato un soccorso di circa 85 persone, in zona SAR libica).
Una morte del tutto inattesa come testimoniano le parole di Rossella Miccio presidente di Emergencyche ha annunciato nelle prossime ore una nota ufficiale con queste parole: “La notizia ci ha colto tutti di sorpresa, lasciateci riprendere dal dolore“.
Le reazioni di cordoglio si stanno moltiplicando in questi primi minuti dalla diffusione della notizia della scomparsa di Gino Strada. Molti politici, uomini e donne dello spettacolo e delle istituzioni, attivisti delle organizzazioni umanitarie, come ogni singola persona che abbia donato ad Emergency.
Tutti ricordano la filosofia alla base del suo operato di medico e volontario nelle zone teatro di scontri e violenze, le più pericolose del pianeta, come testimonia anche il suo libro Pappagalli verdi: cronache di un chirurgo di guerra. Ne seguirà un secondo: Buskashì. Viaggio dentro la guerra.
“Nel suo cuore c’era tutto il bene del mondo. Tutto il bene del mondo…“: ricorda Fabio Fazio sempre su Twitter esprime come molti colleghi della tv il suo cordoglio per la morte di Gino Strada.
Luigi Strada, chiamato da tutti con il diminutivo di Gino, medico e attivista, nato a Sesto San Giovanni nel 1948.
Cresciuto in un ambiente cattolico sensibile alle problematiche sociali, compie gli studi al Carducci a Milano e poi si laurea alla statale nel 1978. Specializzato sia chirurgia, che in Chirurgia d’Urgenza. E’ tra gli attivisti del Movimento Studentesco.
Comincia la sua attività professionale all’ospedale di Rho. Si occupa dei trapianti cardiaci, per poi specializzarsi in traumatologia per essere più utile alle vittime di guerra. Negli anni ’80 arrivano anche gli studi cardiopolmonari negli Stati Uniti e in Sudafrica. Dal 1989-1994 lavora con il Comitato internazionale della Croce Rossa in Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia ed Erzegovina.
Nel 2015 ha ricevuto il Right Livelihood Award, primo italiano di sempre. Nel 2017 il SunHak Peace Prize
Da quanto si apprende soffriva da tempo di problemi cardiaci, ma è stato attivo fino all’ultimo con l’articolo sulla situazione in Afghanistan uscito questa mattina su La Stampa.
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