Era il 28 marzo 1977. Il Dorothy Chandler Pavilion stava assistendo alla 49° edizione dei Premi Oscar. Nell’anno che precedeva il mezzo secolo di storia della kermesse, accadde qualcosa mai visto prima. Un evento che creò un precedente nella storia, non solo degli Academy Awards ma del cinema. In una categoria notoriamente dominata dagli uomini, quella per la Miglior Regia, comparve per la prima volta il nome di una donna. A raggiungere lo storico primato, un nome tutto nostrano: Lina Wertmüller, per il film Pasqualino Settebellezze.

Pioniera della settima arte, Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich ha abbattuto una storica barriera, aprendo a nuove opportunità. Il suo esempio permise, infatti, anni dopo di spianare la strada ad altre registe, sebbene la prima e – a ora – unica vittoria sia avvenuta nel 2010. A tagliare il traguardo definitivo, infatti, fu Kathryn Bigelow con il suo The Hurt Locker. E se la regista statunitense riuscì nell’impresa, parte del merito non può che risalire a Lina Wertmüller e al suo storico precedente. Non potevamo dunque non celebrarla oggi 14 agosto, in occasione del suo 93esimo compleanno.

Lina Wertmüller, gli immancabili “occhiali bianchi” e la lotta di classe

Taglio corto sbarazzino, le immancabili perle e quei caratteristici occhiali dalla montatura bianca che “avevano un’aria da vacanza che mi apparteneva“. Proprio su quest’ultimi ha infatti ammesso – “Quando li ho cercati non li ho più trovati allora sono andata in una fabbrica e ho chiesto: ‘al minimo quanti me ne potete fare?’ Hanno detto 5000. Da allora è stato un amore per sempre“. Lina Wertmüller si è da sempre contraddistinta, cercando nella particolarità e nel dettaglio inedito i suoi punti di forza: come nell’aspetto così nella sua filmografia.

Tra le firme più incisive del cinema, non soltanto nostrano ma anche internazionale, ha diretto capolavori del calibro di Pasqualino Settebellezze (1975), candidato a quattro Premi Oscar, tra cui quello per la Miglior Regia e il Miglior Attore Protagonista per Giancarlo Giannini. Il suo curriculum vanta, inoltre, il celeberrimo Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), che vede nuovamente Giannini al fianco di Mariangela Melato, coppia che si era già confermata in Film d’amore e d’anarchia (1973) e che è valso all’attore il Premio come Miglior Interpretazione Maschile al Festival di Cannes.

Verace, ‘sanguigna’ ma dotata di quell’eleganza ereditata nel corso della sua formazione – durante l’esperienza di aiuto regista ne La dolce vita e di Federico Fellini – riuscì ad emergere senza mai farsi mettere i piedi in testa, combattendo gli stereotipi anzitempo. Le sue pellicole, d’altronde, raccolgono in loro questa indole sovversiva, ‘contaminata’ con una certa ironia di fondo. È il caso esemplare di Travolti da un insolito destino: una ricca industriale (Mariangela Melato) e un rozzo marinaio (Giancarlo Giannini) in lotta tra loro, riproponendo l’atavico conflitto della lotta di classe. Una situazione che sembra trovare finalmente un compromesso, il quale viene meno proprio in virtù dell’appartenenza a due classi sociali distinte. Pur con toni leggeri e, talvolta, esasperati, Lina Wertmüller ha racchiuso in una delle sue opere più famose l’ideologia dominante degli Anni ’70.

Lina Wertmüller e il sodalizio con Giancarlo Giannini: “Per me lei è stata tutto”

Ripercorrendo la filmografia della regista romana di origine svizzera, oltre alla lotta di classe è impossibile non notare un altro dei suoi ‘motivi’ ricorrenti: Giancarlo Giannini. Se non ha senso citare Giannini senza tirare in ballo Lina Wertmüller, è altresì vero il contrario. Già a partire dalla metà degli Anni Sessanta, infatti, i due avevano iniziato la loro fortunata collaborazione, inaugurata nel 1966 con Rita la zanzara e, l’anno successivo, Non stuzzicate la zanzara, assistendo inoltre alla partecipazione di Rita Pavone. A partire dagli Anni Settanta, tuttavia, il loro sodalizio salì di spessore, portando l’iconico duo – con l’aggiunta di Mariangela Melato, altra figura ricorrente – alla realizzazione dei capolavori sopracitati.

In lui, la regista romana ha visto un perfetto interprete, in grado di portare sullo schermo la complessità di una realtà sempre più sfaccettata. Per Lina Wertmüller, infatti, Giancarlo Giannini è stato un operaio, un boss mafioso, un rozzo marinaio comunista, manifestando ogni volta una discreta abilità nel calarsi nei diversi dialetti italiani. Proprio in occasione dell’Oscar Onorario, che la regista ha ricevuto nel 2020, Giannini si è così espresso: “Lina Wertmuller? Mi ha creato. Se non ci fosse stata lei, io non sarei qui e non avrei mai fatto quello che ho fatto nella mia carriera. […] Per me è stata tutto“.

Le difficoltà? “Me ne sono infischiata

Non stupisce, dunque, nel vederla annoverata tra le registe più importanti della settima arte. Pioniera in tutto e per tutto, ha mostrato la proprio indole battagliera, emergendo in un periodo in cui poche erano le donne che svolgevano il mestiere di regista. A tal proposito, in un’intervista ha raccontato un aneddoto grazie al quale ha dato prova del suo carattere forte. Alla domanda se avesse riscontrato delle difficoltà nel corso della sua carriera, Lina Wertmüller ha difatti risposto, raccontando: “Me ne sono infischiata. Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva. Ho avuto un carattere forte, fin da piccola. Sono stata addirittura cacciata da undici scuole. Sul set comandavo io. Devi importi. Gridavo e picchiavo. Ne sa qualcosa Luciano De Crescenzo durante le riprese di Sabato, domenica e lunedì con Sophia Loren. Non faceva altro che gesticolare con l’indice di una mano e così per farlo smettere gli “azzannai” il dito“. Insomma, auguri a una delle figure più importanti che il cinema abbia mai avuto l’onore di incontrare.

LEGGI ANCHE: Shia LaBeouf sarà Padre Pio in un film diretto da Abel Ferrara