Cinema

Roman Polanski, l’autore dell’ignoto e dell’inquietudine

Il regista polacco naturalizzato francese compie oggi 88 anni

Maestro della modernità, capace di mescolare il gusto dell’assurdo all’umorismo surreale, il senso dell’angoscia individuale a quello della tragedia storica, il kammerspiel al fantastico, il fascino discreto della violenza all’attrazione irresistibile per l’avventura.” – così Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia, ha definito il maestro Roman Polanski, durante l’inaugurazione di una mostra, tenuta in onore del regista presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino nel 2008. Se esiste una costante nel suo cinema, che ha attraversato diversi generi nel corso di decenni di carriera, può essere racchiusa in una sola parola: l’incertezza. La perdita di punti fissi e l’alienazione trovano terreno fertile in Roman Polanski, che fa del sentimento per l’ignoto il pilastro dei suoi film. Se Alfred Hitchcock ha creato la suspense moderna, Polanski ha dato un nuovo volto all’angoscia contemporanea. Non potevamo dunque non celebrarlo oggi 18 agosto in occasione del suo compleanno.

È questa la cosa più importante: l’incertezza

Nato a Parigi il 18 agosto 1933 da Ryszard Polański (nato Ryszard Liebling), scultore polacco, e Bula Katz-Przedborska, una casalinga russa,, Rajmund Roman Thierry Polański si trasferì nel 1936 in Polonia, a Cracovia, viste le crescenti tensioni antisemite. Polanski era difatti di origine ebraica e visse il dramma dei campi di concentramento: la madre venne deportata ad Auschwitz, dove morì. Il padre, invece, riuscì a sopravvivere, dopo essere finito al campo di concentramento di Mauthausen. Ryszard, tuttavia, riuscì ad organizzare in tempo la fuga del figlio Roman, che negli anni della guerra, dietro un’ingente somma di denaro, fu cresciuto da una famiglia cattolica,

Il dramma dei campi di sterminio ha condizionato per sempre la vita del regista. La sensazione di sentire la terra sotto i piedi cedere al peso degli eventi, da un momento all’altro, lo ha influenzato nelle scelte stilistiche. La guerra ha infatti portato con sé la perdita dei punti fissi e di ogni certezza, distruggendo quella prima istituzione di cui ciascun bambino fa esperienza fin dai primi anni: la famiglia. Ciò ha avuto inevitabili effetti sui propri film, tanto da farli ammettere in un’intervista rilasciata nel 1969 ai Cahier du Cinema: “Io non voglio che lo spettatore pensi in questo modo o in quest’altro. Voglio solo che non sia sicuro di niente. È questa la cosa più importante: l’incertezza“. Quel sentimento inaspettato ha portato Roman Polanski a sperimentare nuove soluzioni, scardinando qualsiasi cliché cinematografico. E cambiando, per sempre, la storia della settima arte.

Il dramma, l’horror, il thriller e la commedia: l’incertezza di Roman Polanski acquista nuove forme

Era il 1962 quando Roman Polanski ricevette la prima nomination ai Premi Oscar. Il coltello nell’acqua è stato infatti il primo lungometraggio polacco a ricevere la candidatura come Miglior Film Straniero (battuto poi da di Federico Fellini). Esordio alla regia, l’autore mostrò fin da subito la sua peculiare cifra stilistica, raccontando il particolare ‘triangolo’ tra Andrea, Cristina e uno strano ragazzo, in alto mare. Il suo caratteristico viaggio nei misteri della mente prende forma a partire dal successi Repulsion. Ambientato in Inghilterra, con una giovanissima Catherine Deneuve come protagonista, il film alterna visioni oniriche e inquietanti. Il racconto di una mente malata e dissociata anticipa le inquietudini e, al contempo, quelle suggestioni claustrofobiche che maturano, alcuni anni dopo, con il thriller L’inquilino del terzo piano. Il film del 1976 vede lo stesso regista nei panni del protagonista, al fianco di Isabelle Adjani.

Roman Polanski deve, tuttavia, gran parte della sua fama per aver riscritto i canoni dell’horror demoniaco. O meglio, per averne gettato solide basi. Nel 1968 è difatti uscito in sala cinematografica Rosemary’s Baby – nastro rosso a New York. Con protagonista Mia Farrow, il film vede, di nuovo, messa in discussione quell’istituzione primaria costituita dalla famiglia. Proprio in seno a una famiglia abbiente dell’Upper East Side, risiede la fonte del Male Assoluto, l’Anticristo. Sarà la Farrow a portarlo in grembo, dando i natali al Figlio delle Tenebre.

Se l’esperienza dei campi di sterminio ha condizionato per sempre la sua infanzia, un altro grande evento ha influenzato la sua visione della vita. Nel 1969, Roman Polanski era sposato con Sharon Tate. Giovane promessa del cinema statunitense e internazionale, la donna rimase vittima nella notte tra l’8 e 9 agosto del 1969, del tragico Eccidio di Cielo Drive. All’ottavo mese di gravidanza, la donna e alcuni altri ospiti hanno difatti perso la vita per mano di alcuni membri della “Famiglia” di Charles Manson. Un evento che condizionerà inevitabilmente la filmografia degli anni successivi e, soprattutto, la sua vita.

Roman Polanski, l’Oscar e il potere catartico dell’arte

Tra horror, thriller e commedia, Roman Polanski si è alternato sapientemente nei decenni, dimostrando grande versatilità. Raccontando le inquietudini, non solo della propria mente, ma di un’intera società novecentesca, in continuo movimento. Nel 2002 torna ad affrontare, finalmente, quel trauma che lo ha condizionato sin da bambino, pronto a metabolizzarlo. Esce nelle sale Il pianista, che ruota attorno alle vicende di Wladislaw Szpilman, pianista polacco confinato nel ghetto di Varsavia. Durante l’evacuazione del ghetto, mentre la famiglia viene deportata, l’uomo si nasconderà tra le macerie della città ma verrà scoperto. Interpretato da Adrien Brody, il film ottenne ben tre Premi Oscar, tra cui quello per la Miglior Regia consegnato a Roman Polanski. Ma soprattutto, ha permesso al regista di elaborare il trauma, attraverso il potere catartico dell’arte, che è il messaggio alla base del film. Non a caso, nel documentario di Laurent Bouzereau, il regista ha confessato come Il pianista sia il film che si porterebbe nella tomba. Una delle numerose perle nella sua sconfinata filmografia.

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Lorenzo Cosimi

Cinema e tv

Romano, dopo la laurea triennale in Dams presso l’Università degli Studi Roma Tre, si è poi specializzato in Media, comunicazione digitale e giornalismo alla Sapienza. Ha conseguito il titolo con lode, grazie a una tesi in Teorie del cinema e dell’audiovisivo sulle diverse modalità rappresentative di serial killer realmente esistiti. Appassionato di cinema, con una predilezione per l’horror nelle sue molteplici sfaccettature, è alla ricerca costante di film e serie tv da aggiungere all’interminabile lista dei “must”. Si dedica alla produzione seriale televisiva con incursioni sui social.

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