Afghanistan, via anche l’ultimo soldato Usa dopo 20 anni. Allarme Onu: “Crisi umanitaria ancora più grande”
Esultano i talebani mentre dalle Nazioni Unite arriva un appello a non lasciare soli gli afghani. Negli Stati Uniti dure polemiche contro l'Amministrazione Biden per il raid anti Isis che ha avrebbe sterminato la famiglia di un ufficiale dell'esercito di Kabul in procinto di sposarsi e volare in America
Dopo venti anni la guerra più lunga degli Stati Uniti è finita. Cala il sipario sulla presenza statunitense e della Nato, Italia compresa, in Afghanistan: le ultime truppe Usa hanno lasciato a sorpresa Kabul ieri sera, con un giorno d’anticipo rispetto alla scadenza fissata per oggi 31 agosto. Troppo grande la paura di nuovi attentati da parte dei jihadisti dell’Isis-K, il braccio afghano del Califfato islamico. Fino all’ultimo il Pentagono ha parlato di minacce “reali” e “specifiche” di altri attacchi terroristici. “In Afghanistan non è rimasto un solo soldato americano. Il ritiro di stasera significa sia la fine dell’evacuazione del materiale militare che la fine di quasi 20 anni di missione iniziata poco dopo l’11 settembre“, ha annunciato il generale Kenneth McKenzie, capo del comando centrale Usa.
Gli Usa: “Quasi 2500 morti e 20mila feriti“
“È una missione che ha assicurato alla giustizia Osama Bin Laden insieme a molti cospiratori di Al-Qaida“, ha dichiarato Kenneth McKenzie. “Il costo è stato 2.461 militari e civili americani uccisi ed oltre 20 mila feriti, inclusi sfortunatamente i 13 marines morti la scorsa settimana“, ha aggiunto. Gli ultimi a lasciare il suolo afghano sono stati l’ambasciatore Ross Wilson e Il generale Chris Donahue (al centro nella foto in alto). Subito dopo l’annuncio del Pentagono, si sono uditi spari di festa a Kabul. Provenivano dai principali check point dei talebani. “Abbiamo nuovamente fatto la storia“, ha esultato su Twitter Anas Haqqani, un alto dirigente delle milizie talebane.
Il disastroso raid anti Isis
Intanto le testimonianze di vicini e parenti hanno svelato che il raid americano che domenica ha colpito un’auto di presunti kamikaze pronti ad attaccare l’aeroporto ha lasciato dietro di sé una scia di sangue. Sono stati 10 i civili uccisi, tra cui sette bambini. Erano tutti membri della stessa famiglia, stavano uscendo da una vettura nel vialetto della loro casa quando il drone ha colpito il bersaglio, ha raccontato al Washington Post Abdul Matin Azizi, un vicino che ha assistito al raid. La Cnn ha riportato la testimonianza del fratello di una delle vittime, che ieri aveva riferito di nove morti, di cui sei bambini. Oggi, i resti di Malika, un’altra bambina di due anni, sono stati identificati dai membri della famiglia come la decima vittima nell’attacco.
The last American soldier to leave Afghanistan: Maj. Gen. Chris Donahue, commanding general of the @82ndABNDiv, @18airbornecorps boards an @usairforce C-17 on August 30th, 2021, ending the U.S. mission in Kabul. pic.twitter.com/j5fPx4iv6a
— Department of Defense ?? (@DeptofDefense) August 30, 2021
“Le vittime volevano andare negli Usa”
Secondo quanto riferito su Twitter da Muslim Shirzad, giornalista ex presentatore dell’emittente di Kabul Tolo News, uno degli uccisi, Naseer, era un ufficiale dell’esercito afghano e per sei anni è stato interprete per le forze straniere. Doveva sposarsi il 30 agosto, e tutti i membri della sua famiglia stavano aspettando di partire per gli Stati Uniti. Il Pentagono, senza entrare nei dettagli, si è detto “a conoscenza” delle notizie di civili morti nel raid. “Non siamo nella posizione di poter smentire“, ha detto il portavoce John Kirby, aggiungendo che gli Usa stanno continuando “a raccogliere informazioni e a valutare“.
L’Amministrazione Biden nella bufera
Le notizie della famiglia sterminata nel raid hanno scatenato l’indignazione dell’opinione pubblica, che va ad aggiungersi alla bufera che da settimane investe Washington per la gestione del ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Una polemica alimentata in queste ore anche da una ricostruzione del quotidiano statunitense Politico che, basandosi su tre conference call classificate, ha riferito che il 26 agosto il Pentagono era a conoscenza di un imminente “evento con vittime di massa” all’aeroporto di Kabul. Tanto che i comandanti sul campo proposero un piano per chiudere anche l’Abbey Gate entro il pomeriggio. Ma si decise di mantenere aperto l’ingresso per consentire ai britannici di continuare le evacuazioni. E alle 18 ora locale un kamikaze si è fatto esplodere proprio a quel gate, uccidendo anche i 13 marines oltre a quasi 200 afghani.
Evacuate 116mila persone
Infine ieri sera la svolta definitiva con un giorno d’anticipo sulla tabella di marcia. Il totale degli evacuati è salito a 116.700 dal 14 agosto. Ma tantissimi sono rimasti indietro, come ha ammesso lo stesso Pentagono. E adesso le preoccupazioni delle Nazioni Unite si rivolgono al futuro. Perché “una crisi più ampia è appena iniziata” per i 39 milioni di abitanti dell’Afghanistan, ha avvertito Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati. L’appello è al sostegno della popolazione. Per le donne, le minoranze e tutti coloro che hanno lavorato per i diritti umani con gli occidentali in questi due decenni la vita d’ora in poi sarà molto difficile.
@UNHCRAfg #Emergency response in #Herat #Badhgis #Farah provinces in #Afghanistan – providing critical #Protection and #Lifesaving assistance to #IDP families displaced due to conflict. #StayandDeliver. Needs remain greater and sustained international community support is needed pic.twitter.com/Fx7cSURr7z
— UNHCR Afghanistan (@UNHCRAfg) August 31, 2021
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