Troppo spesso si dice, di una determinata pellicola o di una personalità della settima arte, che “ha fatto la storia del cinema.” E troppo spesso si fa senza cognizione di causa, conferendo onorificenze a chi non dovrebbero andare. Ma in questo caso, tuttavia, il merito e la rilevanza del personaggio in questione permettono di sbilanciarsi, senza false retoriche: Vittorio Gassman ha fatto la storia del cinema. Genovese di nascita, romano d’adozione – e per vocazione, si potrebbe aggiungere – oggi 1° settembre avrebbe compiuto 99 anni. È stato senza dubbio un personaggio unico nel suo genere, che ci ha abituati alla sua indole ridanciana, a quello sguardo sornione e a quel savoir-faire che lo hanno reso Il Mattatore della commedia all’italiana.
Vittorio Gassman, “Intanto un attore. Nel senso pieno.“
In un’intervista rilasciata a Enzo Biagi per La Stampa, risalente al 9 gennaio 1973, quando gli è stato chiesto di definirsi ha risposto così. In maniera secca, concisa, velata di quella sua ironia caratteristica. Vittorio Gassman era un uomo che aveva piena coscienza di sé, dei propri limiti così come anche dei punti forti, tanto da ammettere: “Credo di avere delle qualità, ma non quelle dei veri talenti.” La sua veracità, connessa allo charme e all’energia che sprigionava, ora su un set cinematografico, ora in studio televisivo ora sul palco, ne hanno reso una delle personalità più incisive dello spettacolo italiano. Insieme a nomi del calibro di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi, è ritenuto una dei maestri della commedia all’italiana.
Nato a Genova il 1° settembre 1922, da padre tedesco (Heinrich Gassmann) e madre nativa pisana (Luisa Ambron), approdò ben presto a Roma. L’interprete scelse di cambiare il proprio cognome, a causa delle persecuzioni naziste. Per semplificare, tolse solo la “n” finale, di cui il figlio, Alessandro Gassmann, ha voluto riappropriarsi. Ha studiato presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Al contempo, si distinse anche per la sua statura slanciata e il fisico atletico, che lo portarono a giocare pallacanestro, tesserato per la S.S. Parioli. Ma il suo destino era lo spettacolo. Nel 1943 avvenne dunque il debutto a teatro a Milano, con Alda Borelli, nella Nemica di Dario Niccodemi. Vittorio Gassman giunse poi nella Capitale, esibendosi anche al Teatro Eliseo, dove ottenne grande fortuna unendosi a Tino Carraro ed Ernesto Calindri. L’artista, romano d’adozione, si esibì anche diretto da Luchino Visconti e ricoprì il ruolo di Kowalski in Un tram che si chiama desiderio, celeberrima pièce di Tennessee Williams.
Il debutto al cinema e la nascita de Il Mattatore
Non passò molto tempo prima che il volto di Vittorio Gassman approdasse anche sul grande schermo. Il debutto risaliva al 1945 e fu Incontro con Laura, di Carlo Alberto Felice, andato perduto. Ma il successo vero arrivò nel 1949 con Riso amaro di Giuseppe De Sanctis, al fianco di una procace Silvana Mangano. Tra i film più rappresentativi del neorealismo, servì a lanciare definitivamente l’artista che, di lì in avanti, divenne tra i volti più amati dello spettacolo italiano. Abbandonando, infatti, i temi post-bellici tipici del periodo, Gassman ebbe modo finalmente di mostrare la propria verve. Attraverso lungometraggi che, lasciatisi alle spalle la breve parentesi del cosiddetto neorealismo rosa, inaugurò la commedia all’italiana.
Il boom economico aveva rinvigorito le persone di nuova linfa vitale, dopo la rinascita dalle ceneri della guerra. E Vittorio Gassman, grazie alla sua prestanza, incarnava bene lo spirito dell’epoca: era l’immagine del benessere, della voglia di ridere e di festeggiare, dopo le sofferenze belliche. I soliti ignoti di Mario Monicelli (1958) e, ancor di più, Il sorpasso di Dino Risi (1962) racchiudono appieno questa essenza. Insomma queste pellicole segnano la nascita e la conseguente affermazione de Il Mattatore, così definito grazie all’omonimo film di Dino Risi del 1960. Nel corso delle decadi successive, Gassman impose la sua presenza rimanendo in scena fino all’ultimo. Il suo ultimo lungometraggio, distribuito sul grande schermo, risale difatti al 1999 (anno prima in cui si spense a Roma, all’età di 77 anni). Vincitore di 7 David di Donatello, di una Palma d’Oro al Festival di Cannes per la Miglior Interpretazione Maschile per Profumo di donna (suo terz’ultimo David), ha riscritto la storia del cinema. E lo ha fatto alle sue condizioni.
“Non fu mai impallato“
Spentosi il 29 giugno 2000, poco prima di compiere 78 anni, Vittorio Gassman riposa a Roma, nel cimitero del Verano. Sulla sua tomba, semplice, come d’altronde era lui – privo di artifici e di retorica – capeggia, tuttavia, un insolito epitaffio: “Non fu mai impallato“. Una frase criptica, voluta dallo stesso artista che, anche dopo la sua vita ha voluto continuare a far parlare di sé. Ma cosa significano quelle parole? A spiegarlo è stato l’interprete stesso, anni prima in un’intervista, nella quale analizzò la frase: “È un termine tecnico cinematografico: è impallato ciò che si nasconde alla macchina da presa. Io mi sono sempre fatto vedere, mi sono esposto e, a teatro, credo addirittura d’ aver avuto un certo coraggio, che per me, date le premesse, è il massimo.” Insomma, Vittorio Gassman ci ha voluto ricordare di non essersi risparmiato e di aver dato tutto ciò che poteva dare.
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