La fine degli anni Sessanta ha introdotto una radicale trasformazione che ha completamente cambiato la fisionomia della società contemporanea. Animati da quello spirito che ha in seguito condotto ai cosiddetti moti sessantottini, i cineasti hanno cercato di cogliere il sentore dell’epoca, accettando la “sfida”: fino a quanto siete disposti a osare? Questo sembrava balenare nella testa degli autori, ormai impegnati nella raccontare la rottura degli schemi. Ciò che prima veniva nascosto, come la polvere sotto il tappeto, adesso aveva la sua chance per essere mostrato. E ciò che prima era proibito, ora era “lecito”, più o meno. Per questo a cogliere il testimone da I segreti di Brokeback Mountain è un altro film che ha sovvertito per sempre la rappresentazione di genere al cinema. Stiamo parlando di Bella di giorno (Belle de jour), diretto da Luis Buñuel e vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel 1967.
Bella di giorno e le fantasie di una donna inappagata
Era il 1967 quando Bella di giorno approdò nelle sale cinematografiche. Un anno simbolico che, per molti versi, rappresentò una grande conquista per il cinema. Proprio nel 1967, infatti, fu definitivamente abolito il Codice Hayes, un insieme di regole e normative che specificavano cosa fosse e cosa non fosse “moralmente accettabile”. Inaugurata una nuova fase, più rivoluzionaria, quello stesso anno Luis Buñuel diresse la pellicola scandalo. Basata su un romanzo di Joseph Kessler, ha assistito nel ruolo di protagonista Catherine Deneuve. Il film segue la storia della conturbante e inquieta Séverine Sérizy, detta Belle de jour. Intrappolata in una matrimonio insoddisfacente con Pierre, la donna troverà rifugio in una casa di appuntamenti, gestita da Madame Anaïs (Geneviève Page), nella quale si lascerà andare alle più sfrenate fantasie.
Sullo sfondo di una Parigi anni sessanta, la bella di giorno troverà nei numerosi amanti un modo per psicanalizzarsi. E, soprattutto, un modo per ritrovare se stessa. A differenza del romanzo dal quale è tratto, il film, premiato con il prestigioso Leone d’Oro, si orienta seguendo un doppio registro, reale e onirico. Da una parte, infatti, la realtà metropolitana della capitale francese. Dall’altra, invece, i tormenti, i desideri e le visioni di Séverine, che prendono forma a partire da quel primo tintinnio di campanelle, una volta fatto l’ingresso nella casa gestita da Madame Anaïs. In antitesi con il suono di quelle nuziali, per la Belle de jour segnano il varco della soglia verso un terreno inesplorato. Quello del suo piacere e, per estensione, del piacere femminile – finalmente – sviscerato.
Lo scandalo di Bella di giorno nonostante la vittoria del Leone d’Oro
Alla sua uscita, il film diretto da Buñuel, maestro del surrealismo cinematografico, destò non pochi problemi. Nonostante il Codice Hayes fosse stato abolito – seppur di recente – il pubblico non era ancora pronto a una tale carica sovversiva. L’edizione italiana, infatti, assistette al taglio di tre scene, tra cui quella in cui Séverine rifiutò, da bambina, di ricevere la Prima Comunione. Lo scandalo di Bella da giorno, che tuttavia riuscì a trionfare alla 28a Mostra del Cinema di Venezia, dipendeva da una molteplicità di fattori. La pellicola del 1967 aveva scelto di raccontare, in maniera ormai provocatoriamente esplicita, la messa in discussione di tutte quelle certezze – ritenute – incrollabili da sempre: il matrimonio, la vita coniugale e, soprattutto, la sessualità dimessa della donna.
La Bella di giorno di Catherine Deneuve incarna in sé, infatti, un nuovo archetipo cinematografico di donna. Non intesa esclusivamente nella visione confortante di angelo focolare domestico, ma neanche amante da tenere nascosta. Se la filmografia prettamente classica apportava una netta distinzione tra i due ruoli, con conseguente accezione positiva/negativa, ora questo binarismo andava via via svanendo. Moglie distaccata e donna amante, realtà cinematograficamente sempre distinte, hanno trovato nella pellicola di Buñuel la loro unione. E Séverine porta con sé, dunque, una ventata di novità nella rappresentazione di genere, in un’ottica femminile, offrendo di fatto un importante precedente.
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