Paolo Rossi, da “carrasco do Brasil” a “Pablito”
Il Mondiale dell' '82 e il riscatto di un calciatore da record amatissimo dalla gente comune
“Un giorno un tassista, dopo avermi riconosciuto, s’è fermato, ha accostato e mi ha intimato di scendere. Ho dovuto discutere per un po’ prima di riuscire a fargli cambiare idea: mi ha riportato in hotel. Quei tre gol del Mondiale di Spagna, quelli che hanno fatto piangere un intero popolo, non erano ancora stati digeriti, forse non lo saranno mai“. La racconta così lo stesso Paolo Rossi, anni dopo, cosa è stato lui e tutta quella Nazionale italiana di calcio capace di riportare la Coppa del Mondo nel 1982 al nostro Paese, trofeo che mancava dal lontanissimo 1938. Tre gol che gli sono valsi il soprannome di carrasco do Brasil, ovvero il boia del Brasile. Ma i gol in realtà erano sei, uno in più di Karl Heinz Rumenigge, e ne decretano lo status di capocannoniere, che gli vale il pallone d’oro (prima vinto soltanto dall’oriundo Omar Sivori e da Gianni Rivera) e un nome che gli resterà appiccicato per sempre: Pablito.
Paolo Rossi: tra spazi stretti e opportunismo
Noi italiani abbiamo da sempre negli occhi quei movimenti veloci, così veloci che nelle foto dell’epoca sono più frequenti quelle in cui si vede di spalle, o l’inquadratura con la scritta 20 Paolo Rossi. Abilissimo negli spazi stretti dell’area di rigore lui che viene spostato nel ruolo di centroavanti nella storica Lanerossi Vicenza – prima giocava ala destra – e lì si sprigiona il tempismo e opportunismo di “quell’impasto di Nureyev e Manolete” – come lo ha definito Giorgio Tosatti con “la grazia del ballerino e la spietata freddezza del torero“.
“Io non segno quasi mai di potenza, generalmente conquisto quei due metri che costano il goal all’avversario. – ha spiegato così il suo gioco lo stesso Pablito – Per me, è fondamentale il gioco senza palla, lo smarcamento, quando la palla non c’è, è indispensabile. Non ho avuto dalla sorte un grande fisico e mi debbo far furbo»
Sono moltissimi i commentatori che ritengono che la Nazionale italiana la coppa del’82 comincia a vincerla nel Mondiale del 1978 in Argentina. Quel triangolo spettacolare Bettega – colpo di tacco di Paolo Rossi – ancora Bettega in gol di sinistro proprio ai padroni di casa sudamericani. Era solo l’antipasto, il segno che i tempi erano maturi per portare a casa il trofeo. Anche se a dire il vero la fase a gironi è stata assai zoppicante – pareggio dopo pareggio – ma alla distanza la buona intelaiatura della squadra – il famoso blocco Juve con gli innesti dei migliori – sublima le raffiche proprio di Pablito, dimenticando anche tutte le scorie del caso calcioscommesse dei mesi precedenti alla competizione e la squalifica che aveva messo a serio rischio la partecipazione alla coppa del Mondo.
E non era facile perché i grandi protagonisti del campionato italiano si presentarono ai nastri di partenza con un solo obiettivo: la vittoria. Sia l’incredibile Polonia guidata da Zbigniew Boniek, cavallo pazzo juventino, che la linea mediana francese che aveva in Michel Platini – altro bianconero – il direttore d’orchestra di una melodia per la prima volta a metà tra l’efficacia del calcio europeo e l’allegria africana. E poi c’era il Brasile, quel Brasile di Zico – con la maglia bianconera sotto la casacca verde-oro, ma dell’Udinese – pronosticato al successo. Ma non avevano preso in considerazione che avrebbero dovuto inchinarsi all’alchimia perfetta messa in campo da Berzot, di quel calcio come lo ha definito Zico “fondato sulla distruzione del gioco avversario e sul fallo sistematico“.
Paolo Rossi tra i ragazzi dell’ ’82
I ragazzi dell”82 sono stati tante cose dentro e fuori dal campo: un mix perfetto dell’insonnia di Tardelli, con la regalità di Scirea, dell’aggressività di Causio e del Bergomi diciottenne, con le volate di Conti. Dell’esperienza di Zoff con la voglia di riscatto di Paolo Rossi. “Quello fu un Mondiale diverso da tutti gli altri. […] Non era un successo […] che riguardasse solo noi, la squadra, ma una vittoria che apparteneva a tutti, coinvolgeva milioni di persone […]. Era l’82, l’Italia usciva appena dagli Anni di piombo, dal delitto Moro – ha ricordato Pablito in diverse occasioni – “La vittoria del Mondiale in Spagna spazzò tristezze, angosce e paure. Per il Paese rappresentò un motivo di riscatto, una botta di ottimismo. […] Per tutti questi motivi dico che fu un Mondiale unico“.
I record e il ricordo
Con Baggio e Vieri detiene il record italiano di marcature nei mondiali a quota 9 gol. E’ stato il primo giocatore nella storia ad aver vinto nello stesso anno il Mondiale da Capocannoniere e il Pallone d’oro. Anni dopo ci riuscirà solo Ronaldo, il brasiliano Luis Nazario Da Lima. Paolo Rossi occupa la 42ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer. Nel 2004 è stato inserito nel FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata dal grande Pelé e dalla FIFA.
Se ne è andato lo scorso 9 dicembre nell’ospedale di Siena a 64 anni, per un male fulminante e incurabile. I funerali si svolgono a Vicenza, dove la salma di Paolo Rossi è portata a spalle dai compagni dell’ ’82. Nonostante le restrizioni del Covid i tifosi hanno potuto rendergli omaggio nello stadio Romeo Menti, la casa della Lanerossi. E’ sepolto a Bucine, dove si era trasferito nella sua vita dopo il calcio con la famiglia. Gli è stato intitolato lo scorso 4 settembre lo stadio cittadino perché qui come ovunque era molto amato dalla gente comune come è sempre stato, quella con cui amava parlare:
“Noi vivevamo il calcio con passione […] Non dubito che oggi sia lo stesso, perché quando scendi in campo dimentichi tutto il resto, però è vero che noi eravamo ancora una generazione di calciatori che potevano essere toccati. […] Ai miei tempi uscivi dall’allenamento e ti fermavi a parlare con la gente”.
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