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Gandhi, il volto e la “Grande Anima” della non violenza

In occasione della giornata mondiale che si ispira al messaggio del Mahatma, un breve viaggio nella vita dell'uomo capace di rendere il suo pensiero filosofia e politica

Oggi si definisce la resistenza non violenta una dottrina filosofica e politica verso la quale convogliano movimenti contro la guerra, ma anche gruppi che mirano ad un cambiamento generale a livello sociale. Nelle sue radici, però, la ‘non-violenza‘ ha la storia di un uomo. Mohandas Karamchand Gandhi, al quale il poeta indiano R. Tagore, attribuì il soprannome di Mahatma (grande anima in sanscrito) visse nel segno della giustizia, del raggiungimento di un obiettivo di eguaglianza e di lotta “non violenta” per la parità.

In occasione dell’anniversario di nascita di Gandhi, le Nazioni Unite hanno deciso di istituire la Giornata Mondiale della Non Violenza. L’utilizzo della violenza nella lotta al colonialismo appariva a Gandhi del tutto insensato, soprattutto se l’obiettivo era realizzare una società pacifica; così si sviluppò la base delle azioni non violente che, quasi per paradosso, si concepirono come disobbedienza civile. Idee semplici, ma rivoluzionarie che permisero di fare importanti passi nella storia.

Gandhi: il ragazzo nato dalla parte giusta

Poco o niente avrebbe fatto sospettare che quel ragazzo nato dalla ‘parte giusta’ sarebbe diventato uno delle più grandi personalità e simbolo di pace nel mondo. Il 2 ottobre del 1869, una donna pia moglie di un uomo politico, diede alla luce, in quella parte d’India che oggi confina con il Pakistan, Mohandas Karamchand Gandhi. Un ragazzino timido, nato nella casta dei mercanti, non importante come quella dei bramini, ma sufficiente ad avere una vita tra gli agi: “la parte giusta”, insomma.

Come ogni ragazzo di buona famiglia, all’età di 13 anni Gandhi “fu sposato“, come spesso egli stesso raccontò, ad una sua coetanea (così come si usava nell’India dell’Ottocento). Nonostante le nozze combinate, il matrimonio con Kasturba si rivelò solido; la donna fu compagna di tante battaglie, pilastro nelle lotte politiche con la stessa dolce e non violenta espressione. Compiuti i 18 anni, Mohandas partì per Southampton dove avrebbe studiato legge; già dal suo viaggio, potette toccare con mano la discriminazione sociale. Il suo abito di flanella, lo rendeva passibile di etichettature e così, per non sentirsi troppo diverso il giovane Gandhi decise di ordinare una serie di abiti più occidentali che non facessero attirare troppo l’attenzione su di lui.

L’avvocato degli ultimi

Ormai avvocato, tornato in India, un ricco imprenditore gli offrì una causa in Sudafrica; fu nel viaggio in treno verso quella regione che avvenne l’episodio che cambio la vita del Mahatma o che semplicemente accese quella fiamma che quel ragazzino timido covava da sempre. Gli fu intimato dal capotreno di lasciare lo scompartimento di prima classe, per cui il giovane indiano aveva pagato un regolare biglietto, e spostarsi in terza, dove viaggiava la gente di colore. Mohandas educato, timido e intimorito, si rifiutò di farlo; nella sala d’aspetto di Maritzurburg, dove fu fatto scendere, nacque con molta probabilità ‘Gandhi l’attivista‘.

L’avvocato 24enne che doveva restare in Sudafrica pochi mesi ci rimase per oltre vent’anni; a contatto con realtà che fino al quel momento aveva intuito solo da lontano, Gandhi iniziò a difendere i suoi connazionali dai soprusi dell’apartheid. Pretese per tutti il diritto di voto, una tassazione equa, il riconoscimento dei matrimoni misti e fondò un partito, il Natal indian congress. Fondò un giornale e aprì una fattoria a Phoenix, dove riunì tutti coloro che erano intenzionati a seguirlo in una comune “d’amore e dignità“; iniziò la pratica del digiuno, prima come strumento per avvicinarsi a Dio, poi come strumento di lotta per rivendicare i diritti negati agli ‘intoccabili’.

La lotta di Gandhi contro la Corona britannica

Nel 1906 formulò una dottrina, la satyagraha o “forza della verità“; con essa Gandhi diete vita ad un concetto che, forse inaspettatamente, fu in grado di cambiare il mondo, rivoluzionario, ma pacifico: la non violenza. Il pensiero di Gandhi divenne dottrina, la dottrina divenne resistenza pacifica, lotta non armata. Nel 1915 fu accolto in India come leader politico, richiamato allo scopo di guidare il movimento indipendentista; avviò un’azione di resistenza non violenta contro il potere del British Raj. Ma lo sciopero sanguinoso del 1919 lo fece ritirare da ogni forma di cooperazione con la Corona britannica.

Come gesti simbolici si rasò la testa e indosso il dohti, l’abito dei contadini indiani; l’obiettivo era anche danneggiare l’importazione dei tessuti provenienti dalle manifatture britanniche preferendo a questi il kadhi indiano. Tessuto che iniziò a produrre lui stesso con l’arcolaio a ruota, simbolo poi riprodotto sulla bandiera dell’India indipendente. Una vita dedicata alla lotta per i pari diritti di tutti, solcata da digiuno, preghiera e proteste non violente. Simbolo di pace, ma allo stesso tempo di indipendenza; simbolo di costanza, dedizione, forza e ostinazione tutti racchiusi in quel sorriso dolce e immortale.

“Ogni volta che ti trovi a fronteggiare qualcuno, conquistalo con l’amore”

L’avvocato indiano, nato dalla parte giusta del mondo, si spogliò del suo titolo sociale per sposare la causa di chi non aveva nessuno a difenderlo. Minuto, segnato dai digiuni e dalle battaglie, Gandhi fu in grado di incantare tutta l’Europa quando si sedette ai tavoli del potere per trattare con i potenti. Lui che di potente ebbe sempre il pensiero e la forza di volontà, che non lo abbandonarono neanche nelle ripetute prigionie e quando nel 1944 perse la moglie dopo 18 mesi di arresti domiciliari.

Perno nella lotta per l’indipendenza indiana Gandhi era diventato un simbolo della lotta pacifista. Anche per il suo animo, il Mahatma non accettò gli scontri fratricidi che si verificarono all’interno dell’India divisa in Indù e Islamici, dopo la partenza degli inglesi; decise dunque di ritirarsi in preghiera. Il 30 gennaio del 1948, alle cinque della sera, Nathuram Godse, un estremista indù, si piegò davanti a lui come in omaggio, e gli sparò tre colpi uccidendolo. A 78 anni Gandhi lasciava la terra per sempre; così come aveva vissuto: porgendo l’altra guancia. L’avvocato che dagli abiti da lord inglese indossò il dohti, ha ispirato e continua ad ispirare le generazioni; dimostrando che “Il sentiero della non violenza richiede molto più coraggio di quello della violenza“.

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Francesca Perrone

  • Cultura, Ambiente & PetsMessinese trasferita a Roma per gli studi prima in Scienze della Comunicazione Sociale presso l'Università Pontificia Salesiana, con una tesi su "Coco Chanel e la rivoluzione negli abiti femminili", poi per la specializzazione in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo alla Sapienza. Collabora con l'Agenzia ErregiMedia, curando rassegne stampa nel settore dei rally e dell'automobilismo. La sue passioni più grandi sono la scrittura, la moda e la cultura.
    Responsabile dei blog di VelvetMAG: VelvetPets (www.velvetpets.it) sulle curiosità del mondo animale e di BIOPIANETA (www.biopianeta.it) sui temi della tutela dell'ambiente e della sostenibilità.

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