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Eugenio Montale: il poeta delle piccole cose “non sublimi”

Premio Nobel per la letteratura nel 1975 per il racconto del "male di vivere"

La poesia di Eugenio Montale non ha mai assunto la forma di un canto semplicemente romantico. Anche uno degli attacchi più celebri dedicato alla persona amata – “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. (Satura) – conteneva il riconoscimento del peso della realtà sulla vita, del peso della “materia” sul viver quotidiano. Questo ha cantato, in maniera sublime Montale, uno tra i più importanti poeti al mondo del Novecento. Nato a Genova il 12 ottobre del 1896; l’ultimo dei sei figli, non amava nessun giocattolo da bambino se non un triciclo, anche se i sampietrini che costeggiavano la casa natale gli impedivano addirittura di utilizzarlo. E saranno queste “privazioni” della giovinezza, fino all’assenza della materia che entreranno quotidianamente nei suoi versi.

Fin dalla prima raccolta Ossi di seppia, la poesia di Montale si popola di piante, cibi semplici, animali della campagna. Una delle sue liriche più note si intitola Limoni. Tra i suoi versi si colgono fiori, si attraversano erbosi fossi e si sentono i rumori della natura. Le piccole cose quotidiane aprono improvvise al lettore la porta della riflessione sulle crisi di certezze dell’uomo contemporaneo, che spesso per il poeta cade nell’inganno di trovare spiegazioni certe all’inquietudine. E qui che Montale assegna un ruolo a chi scrive versi: colui che sa di non avere certezze, e può esprimere questo attraverso le parole.

Il mondo che lo circonda è linfa, la stessa essenza che si spegne, spessissimo però tra le ombre del suo male di vivere. D’altronde il Novecento è stato un secolo turbolento. E Montale ne ha attraversato grande parte, riconoscendo lo spaesamento dell’umanità, spesso dovuto al dolore. Dagli episodi tragici delle due guerre mondiali, all’evoluzione della fisica e della tecnologia, gli uomini del suo ‘900 si sono trovati disorientati, anche se arricchiti di idee e novità. E il Nobel questo ha respirato ed ha mutato in versi: le inquietudini del momento.

Eugenio Montale, un’adolescenza difficile lo rende sensibile

Un professore gli disse: “Lei non potrà mai scrivere sulla Domenica del Corriere. Secondo il suo insegnante Eugenio Montale non aveva nessuna inclinazione letteraria. Alla poesia ci è arrivato attraverso le lettura, la musica, la pittura moderna, il simbolismo, gli impressionisti, tutti i movimenti e i fermenti che hanno dato forma alla conoscenza nel dopo guerra. Tutti questi temi sono ancora vivi nelle sue liriche a ben 40 anni dalla sua morte. Nel 1925, dopo aver conosciuto Camillo Sbarbaro, pubblica la sua prima raccolta Ossi di seppia opera che ha riscosso subito un grande successo. Firma poi il Manifesto degli Intellettuali Antifascisti nel quale si dichiara contrario alla dittatura. Sono gli anni in cui apprezza la scrittura di un altro autore, allora poco considerato: Italo Svevo. Ed è stato proprio Montale a spingerlo nel circolo degli editori, portandolo ad essere l’autore letto e amato che oggi noi tutti conosciamo.

Quegli anni per Montale non sono sereni. Il Fascismo dominava ogni aspetto della cultura del Paese e tutti coloro che non erano iscritti al partito venivano esonerati dalle cariche pubbliche. Tra i tanti anche il poeta che ha vissuto quegli anni in completo ritiro e isolamento, ma non per questo smise l’attività di produzione letteraria. Infatti nel 1939 alla vigilia del secondo conflitto mondiale, pubblica una nuova raccolta, Le Occasioni, e conosce Drusilla Tanzi che sarà sua moglie, il grande amore di tutta la sua vita. Montale non è solo un poeta che tramanda la storia in versi, ma è un filosofo e un politico tant’è vero che, dopo la guerra di ritorno a Firenze si inscrive al Partito D’Azione e partecipa alla vita politica che però lo delude poco dopo, portando lo stesso Montale ad un ulteriore uscita dalla vita pubblica tanto agognata.

Gli ultimi anni da premio Nobel: Eugenio Montale nome della Letteratura

La nuova era nella vita di Montale è iniziata esattamente quando, nel 1948 inizia a lavorare al Corriere della Sera, scrivendo quegli articoli che gli era stato pronosticato non sarebbe stato in grado di scrivere! Si cimenta in celebri reportage di viaggio, critiche letterarie e continua a pubblicare le sue poesie. La sua opera è talmente innovativa per il periodo che nel 1975 gli è stato conferito il premio Nobel per la Letteratura. Dopo tanti anni di silenzio, in cui si è dedicato ad un’altra scrittura, quella giornalistica, Eugenio Montale ha composto e pubblicato una nuova raccolta: Satura. Quest’ultima ha aperto una seconda stagione poetica, che ha come sfondo una società impegnata o, quasi distratta dal flusso continuo e disordinato di un’enorme quantità di informazioni, spesso portatrici di confusione.

Un tema con cui ha precorso la modernità e potremmo ben dire, la nostra attualità. Tra le pagine di questa raccolta sono apparse sfumature più ironiche e sarcastiche, il racconto del quotidiano che appartiene al passato, soprattutto nella nostalgia dell’amata moglie Drusilla, scomparsa anni prima e a cui Montale dedica  Xenia. Rimasto solo a Milano, ha raggiunto spiritualmente l’amore della sua vita nel 1981, quando la sua scomparsa ha lasciato alla storia della letteratura mondiale la sua colta e “semplice” eredità poetica.

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Teresa Comberiati

Spettacolo, Tv & Cronaca Rosa

Calabrese, a vent’anni si trasferisce a Roma dove attualmente vive. Amante della fotografia quanto della scrittura, negli anni ha lavorato nel campo della comunicazione collaborando con diverse testate locali in qualità di fotografa e articolista durante la 71ª e 75ª Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. Ha già scritto il suo primo romanzo intitolato Il muscolo dell’anima. Colonna portante del blog di VelvetMAG dedicato alla cronaca rosa e alle celebrities www.velvetgossip.it, di cui redige ogni mese la Rassegna Gossip.

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