Calcio, Infantino: il Mondiale ogni due anni aiuterebbe a globalizzare il calcio
Il presidente della Fifa da Caracas torna sul progetto legato anche all’aumento dei partecipanti
Ogni due anni, forse, a 48 squadre sicuro dal 2026. E’ una linea chiara quella che sta disegnando la Fifa sullo sviluppo e sul potere di coinvolgimento dei Mondiali di Calcio. A renderla chiara e senza mezzi termini è il suo presidente, Gianni Infantino. Nella conferenza stampa che apre la sua tournée sudamericana da Caracas, è tornato sia sulla tempistica biennale che sulla composizione. Secondo il n.1 della Federazione disputare la competizione ogni due anni aiuterebbe “il calcio ad essere veramente globale, come dovrebbe essere“.
Infantino: necessaria una maggiore globalizzazione del calcio
Una maggiore globalizzazione del calcio quindi è tra gli obiettivi della Fifa cercando di dare maggiori possibilità a tutte le Nazionali di disputare il Mondiale. “Il presidente della Fifa è il presidente di 111 Paesi e ciascuno di loro ha il diritto di sognare. Ma il sogno deve avere una possibilità di avverarsi perché, se devi sognare per l’eternità, finirai per fare qualcos’altro“.
Da un punto di vista organizzativo la Coppa del Mondo dal 2026 vivrà già una piccola rivoluzione con l’allargamento da 32 a 48 compagini ammesse alla partecipazione della fase a gironi. Dando automaticamente maggiori possibilità a nazioni anche molto popolose e piene di tifosi e appassionati.
Infine il Presidente della Fifa ha affrontato anche la necessità di cambiare i calendari delle diverse federazioni ma è indubbio che aumenti la “possibilità per più Paesi di partecipare“. “Il prestigio di una competizione non dipende dalla sua frequenza”. – ha concluso il Infantino – “Altrimenti organizzeremmo un Mondiale ogni 40 anni. Il prestigio dipende dalla qualità“. Questa riforma potrebbe anche alternando i paesi organizzatori permettere un accesso più egualitario ai giocatori, soprattutto coloro che devono affrontare grandi spostamenti, anche tra continenti, non solo per la competizione, ma anche per le fasi di qualificazione, come accade ai giocatori sudamercani che militano in squadre europee.
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