C’è una tomba, un angelo dal viso di sfinge, nella quale è possibile vedere i segni dei tanti baci e le impronte di rossetto lasciate dai migliaia di ammiratori; lì, nel cimitero di Père-Lachaise, giace Oscar Wilde. Lo scrittore irlandese che, prima ancora che con le sue opere, ha segnato un’epoca storica con la sua vita stessa. Colui che ha diffuso l’immagine del ‘dandy‘ dai calzoni corti e l’aria impertinente. Nato il 16 ottobre del 1852, l’autore geniale de Il Ritratto di Dorian Gray e L’importanza di chiamarsi Ernesto (solo per citare due delle opere più famose), muore a soli 46 anni ( 30 novembre del 1900) lasciando un ricordo e un’impronta culturale che lo hanno reso ‘immortale’.

Impossibile separare dalla vita di Oscar Wilde le sue opere, che sono il ritratto della sua stessa esistenza con la quale si amalgamano in maniera vivida e costante. Nato da padre medico e da madre poetessa il giovane Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde, coltiva sin da piccolissimo la passione per la lettura e la scrittura; arte con la quale si cimenterà da giovanissimo e che percorrerà tutta la sua esistenza.

Oscar Wilde dalle opere alla vita, dalla vita alle opere

Oscar Wilde è un bambino vivace e sveglio, studente brillante del Trinity College di Dublino prima e dell’Università di Oxford poi. La scrittura si rende manifesta nel 1881 con la prima raccolta di poesie, Poems; considerata per certi versi immorale, l’opera consente al giovane Wilde di raggiungere la notorietà. Descritto come il giovane dalla risposta sempre pronta, lo scrittore frequenta tutti i salotti letterari della sua epoca e lì dimostra, con la sua aria pungente e brillante, l’eloquenza che si manifesta, del resto, in tutti i suoi testi letterari.

Tutta l’esistenza di Oscar Wilde è segnata da importanti colpi di scena; il 29 maggio del 1884 sposa Constance Lloyd, dalla quale avrà due figli. La relazione tra i due non si può definire, tuttavia, serena; durante il suo matrimonio l’autore irlandese conosce Robert Ross, cacciato di casa per il suo orientamento sessuale, il giornalista canadese sarà il primo e il più importante degli amanti di Wilde. Negli anni ’90 lo scrittore è un autore affermato, richiesto e apprezzato; si fa notare per le sue doti letterarie ma anche per il suo aspetto. Un fascino che non passa inosservato, bello e raffinato, un uomo che talvolta non disdegna di passeggiare con un fiore in mano.

L’estetismo di Oscar Wilde ne Il Ritratto di Dorian Gray

Protagonista indiscusso della sua vita e della sua epoca, Oscar Wilde non è un uomo comune; artista in grado di farsi promotore di un corrente poetica che diventerà il suo baluardo: l’estetismo. È nel 1981 che Wilde pubblica Intenzioni, il saggio in cui si trovano esposti i principi di quel movimento letterario trasudato nelle opere dell’autore irlandese. Il culto della bellezza del mondo, nascosto dalle cose materiali della vita quotidiana, ritorna in auge con l’Arte; il compito dell’artista rimane dunque diffondere questa ritrovata bellezza. L’artista, dunque (divenuto esteta), è come scrive Wilde ne Il Ritratto di Dorian Graycreatore di cose belle“.

La bellezza è una manifestazione del genio“, una delle “grandi cose del mondo” che ne Il Ritratto di Dorian Gray prende forma in maniera singolare in quello che è l’unico romanzo di Oscar Wilde e forse una delle sue opere più conosciute. Ispirato al mito del Dottor Faust, il giovane Dorian Gray riceve un ritratto bellissimo da parte di un suo amico pittore; ma la visione del suo aspetto impresso nella tela lo terrorizza e gli fa temere la vecchiaia, per questo motivo il giovane Dorian si augura che il quadro possa invecchiare al suo posto, lasciando che i segni del tempo si imprimano sul quadro e non sulla sua pelle. Vivere la propria esistenza come fosse un’opera d’arte è questo il principio dell’estetica. Tuttavia, il finale dimostra come la giovinezza e con lei la felicità possano diventare precarie.

Meglio essere protagonisti della propria tragedia che spettatori della propria vita

Bellezza, irriverenza, ‘eterna giovinezza’ accompagnano tutta la vita dello scrittore irlandese; così quando è all’apice della sua carriera si rende protagonista di un incontro che segnerà un tassello importante della sua vita. Alfred Douglas è un giovane tanto bello quanto viziato e insolente, ricco e lussurioso, diventa ‘l’ennesima tentazione’ a cui Wilde cede; tra i due inizia una relazione chiacchierata e turbolenta. L’omosessualità, che lo scrittore irlandese non ha mai nascosto, a Parigi è un reato e nel 1894 il padre di Alfred Douglas denuncia Wilde per sodomia.

Oscar Wilde, che non ha mai messo da parte il suo orgoglio, denuncia a sua volta Douglas senior per diffamazione; ma lo scrittore perde la causa e il 25 maggio del 1895 lo scrittore è condannato a due anni di prigione e lavori forzati. Ed è in carcere che Wilde scrive quella che è considerata la sua ultima opera, pubblicata postuma nel 1905: una lettera ad Alfred Douglas. “Se vi troverai in essa qualche cosa di cui ti riterrai accusato ingiustamente, ricorda che bisognerebbe essere grati per ogni colpa di cui si è accusati ingiustamente. Se vi sarà in essa un solo passo che porterà lacrime ai tuoi occhi, piangi, come piangiamo noi in carcere, dove per le lacrime non esiste distinzione tra il giorno e la notte. Sarà la sola cosa che potrà salvarti“.

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