Rita Hayworth, oltre la ‘Gilda’ che ispirato Jessica Rabbit: il dramma privato
La "rossa" per eccellenza che ha fatto sognare gli spettatori, ma combatteva contro la sua fragilità
“Rita Hayworth gave good face.” – inserita da Madonna nel novero dei 17 miti della Hollywood d’Oro, celebrati nella strofa “rap” di Vogue, la conturbante diva statunitense, dalla proverbiale chioma rossa, ha scritto la storia del grande schermo. Grazie a quel “volto che ci ha sorpreso per la sua bellezza” – così si potrebbe tradurre il verso in questione nel singolo della Regina del Pop – e a un fisico che rasentava la perfezione è stata una delle personalità più note del cinema. Ammirata dagli uomini, presa come modello di eleganza e sensualità dalle donne, in realtà la celebre Gilda nascondeva una grande fragilità. La Dea dell’amore, difatti, si consumò a seguito di relazioni complicate e l’Alzheimer, che la colse precocemente. Ma, nell’immaginario collettivo, continuerà ad occupare un posto sempre privilegiato. Un posto che, in fin dei conti, spetta solo alle icone.
L’Atomica che ha fatto sognare gli spettatori
Nata Margarita Carmen Cansino il 17 ottobre 1918 a New York, Rita Hayworth era figlia di Eduardo Cansino e Volga Hayworth, due ballerini di origine rispettivamente spagnola (il padre) e inglese e irlandese (la madre). Dai genitori ereditò il talento per la danza, tant’è che Fred Astaire la considerava tra le sue metà migliori di sempre, addirittura al di sopra di Ginger Rogers. Oltre che per le sue abilità da ballerina, la diva fu notata per la sua proverbiale bellezza da Harry Cohn, che le procurò un contratto vantaggioso con la Columbia Pictures. Tuttavia, fu in questo periodo che cominciò ad adottare il look per il quale tutti oggi la conosciamo, non senza alcune sofferenze. Per correggere l’attaccatura bassa, infatti, la futura Gilda dovette sottoporsi ad estenuanti sedute di elettrolisi. Al contempo, abbandonò il suo bruno naturale per “convertirsi” alla chioma ramata che l’ha resa celebre. Era nata una stella.
Sicuramente non era stata la prima diva a dover cambiare il proprio aspetto per affermarsi nello star system. Ad ogni modo, il nuovo look fu per lei una benedizione, più che per le altre, trovandosi travolta da un successo senza precedenti. Ma, al contempo, fu per lei una condanna perché contribuì a rilegarla nel personaggio dell’eterna femme fatale, sogno del pubblico maschile. Se da un lato la rese immortale, dall’altro infatti la limitò sul grande schermo, portandola a dubitare delle sue abilità e, soprattutto, di se stessa. Gilda fu in tal senso uno spartiacque per Rita Hayworth, la Bomba Atomica per eccellenza (così definita dopo che una sua effige fu affissa sul bombardiere che sganciò la bomba nell’atollo di Bikini). Al successo dirompente corrispose, ben presto una profonda crisi personale, aggravata anche dal rapporto combattuto con Orson Welles.
La carriera e il folle amore per Orson Welles
Già dagli inizi della propria carriera, Rita Hayworth aveva dato prova del suo innegabile talento. Dalla commedia Bionda fragola (1941) al dramma Sangue e arena (1941), al fianco di Tyron Power, si è cimentata nel musical al fianco di Fred Astaire in Non sei mai stata così bella (1942) e Fascino, accanto a Gene Kelly. Al contempo, la diva dalla chioma rossa intraprese una storia con Orson Welles con cui convolò a nozze nel 1943. Nonostante il film che li unì in scena nel 1947, ovvero La signora di Shangai, il matrimonio giunse al termine nel 1948. Sebbene lei fosse convinta che il marito potesse finalmente valorizzarla come attrice, il loro legame non ebbe vita facile. Quel desiderio e quella necessità di essere compresa, lasciarono spazio alla realtà, come la stessa diva tempo dopo ha ricordato: “Ero stanca di essere moglie al venticinque per cento. Notte dopo notte mi lasciava da sola. Si interessava soltanto a sé stesso. Impossibile vivere con un genio.”
“Voglio essere chiamata semplicemente Rita Hayworth“
In seguito ha poi addolcito le sue memorie, raccontando dell’ex marito: “Era tormentato, possessivo, insicuro. Ma era un genio, pazzo come un cavallo e un uomo meraviglioso, completamente staccato dalla realtà.” Tra le sue storie, oltre a quella con Wells – da cui nacque la figlia Rebecca – Rita Hayworth è ricordata anche per il suo matrimonio con Aly Khan, erede dell’Aga Khan III. In lui, finalmente, vide l’uomo in grado di potersi prendere cura di lei e di comprenderla. Le nozze principesche, che ebbero luogo il 27 maggio 1949, ebbero tuttavia vita breve: l’idillio durò difatti un paio d’anni appena, affievolendosi poco dopo la nascita della figlia Yasmin.
Lui impazziva – in positivo – per il temperamento della diva quando si arrabbiava. Come ha raccontato il loro autista: “Rita aveva un temperamento focoso e faceva volare i libri, quando si arrabbiava. Talvolta pareva un gatto selvatico. Com’era bella quand’era in collera!” Già nel 1951 conducevano vite separate fino al divorzio, avvenuto solo due anni dopo. A seguito di un lungo soggiorno in Europa, la rossa per eccellenza tornò negli Stati Uniti e, a chi le domandò: “Dobbiamo chiamarla principessa?“, lei rispose: “Voglio essere chiamata semplicemente Rita Hayworth.” Dietro quella maschera da femme fatale, le curve generose e la chioma rossa che hanno ispirato Jessica Rabbit, c’era dunque molto altro. C’era la fragilità di una persona che chiedeva comprensione e che, soprattutto, sperava di poter andare oltre quella Gilda. La stessa che fu insieme la sua benedizione e la sua condanna.