Carrie Fisher, la Principessa Leila “annegata nella luce della luna, asfissiata dal mio reggiseno”
Il suo volto ha conquistato generazioni di spettatori, le sue performance rimarranno eterne
“Ho dato in concessione il mio aspetto. Ogni volta che mi guardo allo specchio, devo dare un paio di dollari a George Lucas.” Con il proverbiale umorismo che ha affinato nel corso della sua carriera, Carrie Fisher ha più volte ironizzato sul personaggio che l’ha resa nota al grande pubblico, ovvero la Principessa Leila Organa. Negli anni successivi all’uscita di Star Wars, infatti, l’interprete ha ironizzato sul personaggio, affermando che fosse stata Leila (nella versione originale Leia) a diventare famosa e che per, ironia della sorte, somigliasse proprio alla Fisher.
Carrie Fisher, la nascita del mito e la sua vita tormentata
Il destino di Carrie Fisher era in un certo senso già scritto fin dalle origini. Nata a Burbank il 21 ottobre 1956, era figlia d’arte di Debbie Reynolds e Eddie Fisher. Dopo aver deciso di seguire le orme dei genitori, l’interprete abbandonò la scuola per debuttare sul grande schermo con Shampoo di Hal Ashby, del 1975. Fu tuttavia con il secondo lungometraggio che non solo salì alla ribalta – appena ventunenne – ma divenne una vera e propria icona di tendenza. Grazie all’opportunità offerta da George Lucas, la Fisher ricoprì il fortunato ruolo della Principessa Leila in Star Wars, divenendo un vero e proprio fenomeno di costume. Chiunque, nel rivedere quei codini chignon e la palandrana bianca, non può non pensare al personaggio appartenente all’universo narrativo di Guerre Stellari.
L’interprete tornò a rivestirne i panni negli altri due capitoli della trilogia originaria (L’Impero colpisce ancora, 1980 e Il ritorno dello Jedi, 1983). Il successo fulmineo, ben presto, portò con sé anche inevitabili conseguenze che compromisero la carriera di Carrie Fisher. Già a partire dalla fine degli anni Settanta, infatti, l’interprete cadde vittima dell’abuso di sostanze stupefacenti e alcool, che ne causarono il licenziamento in tronco da diversi progetti (tra tutti, The Blues Brothers). All’età di 24 anni, la Fisher ricevette la diagnosi di disturbo bipolare che tuttavia riuscì ad accettare solo quattro anni più tardi. Dotata di una forte personalità, l’artista non ha mai fatto mistero della sua dipendenza, sviscerandola invece in romanzi e opere autobiografiche. Da qui nacque, ad esempio, Cartoline dall’inferno, che ispirò l’omonimo film del 1990 diretto da Mike Nichols e interpretato da Meryl Streep.
“Annegata nella luce della luna, asfissiata dal mio reggiseno“
Tra le numerose opere letterarie nate dalla penna di Carrie Fisher, spicca inoltre il titolo di Wishful Drinking. Proprio tra le pagine del romanzo, l’interprete confessò che, una volta morta, avrebbe voluto come epitaffio la frase incriminata: “Annegata nella luce della luna, asfissiata dal mio reggiseno.” L’idea sarebbe nata da una conversazione surreale che l’icona del grande schermo avrebbe intrattenuto con George Lucas, a seguito di alcune divergenze in merito al costume della Principessa Leila.
Un giorno, infatti, il regista e produttore le si era avvicinato dicendole che non avrebbe potuto indossare il reggiseno sotto la celeberrima veste. Alla richiesta di motivazioni da parte della Fisher, Lucas avrebbe dunque risposto in maniera concitata: “Perché nello spazio non esiste la biancheria intima.” – proseguendo – “Quando vai nello spazio il tuo corpo non pesa più. Fino qui, tutto bene, giusto? Ma poi il tuo corpo si espande, però il tuo reggiseno non lo fa. Quindi vieni asfissiata dal tuo stesso reggiseno.” Da qui, dunque, la scelta del curioso epitaffio, che tuttavia non è apparso sulla tomba della compianta attrice.
“Voglio solo stare con Carrie“
Il 23 dicembre 2016, durante un volo tra Londra e Los Angeles, Carrie Fisher fu colpita da un infarto, alcuni minuti prima dell’atterraggio. Condotta d’emergenza presso il Ronald Reagan UCLA Medical Center, sembrava essersi stabilizzata. Pochi giorni dopo tuttavia, il 27 dicembre 2016, fulminea come un lampo arrivò la notizia che generazioni di appassionati non avrebbero mai voluto sentire: Carrie Fisher purtroppo non ce l’ha fatta. L’eterna Principessa Leila si spense all’età di 60 anni, lasciando la figlia Billie Lourd – che ha seguito le orme materne divenendo attrice, nota soprattutto sul piccolo schermo – e la madre 84enne.
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Per Debbie Reynolds fu un duro colpo da incassare. Nonostante il rapporto talvolta conflittuale, le due avevano un legame speciale, che si era ancor più cementato nel corso degli anni. Il giorno seguente il decesso della figlia, infatti, l’interprete 84enne fu colpita da un ictus, per il quale si rese necessario il ricovero in ospedale. Tuttavia, l’icona celebre per Singin’ in the Rain non riuscì a sopravvivere a quel dolore. Poche ore dopo, infatti, anche lei se ne andò per sempre. E prima di spegnersi, le sue ultime parole furono proprio: “Voglio solo stare con Carrie.”
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