“C’erano Baglioni e Cocciante da una parte che erano i melensi, c’era Battisti che nessuno di noi valutava granché, c’era chi come me si rifaceva alla Francia e a Tenco, chi si rifaceva a Dylan e chi come Antonello (Venditti n.d.r.)si rifaceva a Elton John e alla musica inglese. Rino (Gaetano) è stato veramente il più italiano perché non si rifaceva a niente e a nessuno”. Lo scenario in cui canta e scrive musica lo dipinge chiaramente il giornalista-cantautore Ernesto Bassignano.
L’unico cantautore del giro che viene dal Sud – Crotone – ma vive a Roma dall’età di 10 anni. In realtà ha cominciato a teatro, nel Pinocchio di quel mostro sacro di Carmelo Bene interpretando la volpe. Approda nello storico Folkstudio nella Capitale dove hanno iniziato gli altri suoi coetanei Antonello Venditti e Francesco De Gregori. Proprio quest’ultimo ha detto di Rino Gaetano: “Era fisicamente diverso da noi, non aveva l’aplomb da universitari che avevamo noi, nonostante cercassimo di fare i freakettoni. C’era poi l’aspetto zingaresco … una specie di scheggia impazzita, aveva un grandissimo talento, una fantasia smisurata. Ricordo il suo sguardo beffardo, provocatorio, ma anche la grande dolcezza”.
Rino Gaetano: il nonsense che fa pensare
Nel 1973 escono i primi due singoli I love you Maryanna e Jaqueline. Usa uno pseudonimo – Kammamuri’s – sono lontani i tempi in cui tutti canteranno le sue canzoni. Neppure il primo album Ingresso libero, l’anno dopo ha successo. Ma Rino c’è già tutto nelle canzoni magnificamente surreali e allo stesso tempo semplici come Tu, forse non essenzialmente tu, Ad esempio a me piace il sud, Supponiamo un amore.
Due anni dopo scrive già una dei suoi successi più noti: Il cielo è sempre più blu. Non entra in nessuno dei suoi sei album. Esce in due 45 giri, troppo lunghi gli otto minuti e venti di una canzone che cambia la storia della musica italiana. Un titolo così forte da cambiare per sempre il colore del cielo nell’immaginario collettivo. Provocazione e sempre di più musica che è denuncia sociale. Come ribadirà in Mio fratello è figlio unico tra ironia e nonsense. Lui stesso spiega: “cerco di scrivere canzoni ispirandomi ai discorsi che si possono fare sui tram, in mezzo alla gente, dove ti rendi subito conto dell’andazzo sociale. Non voglio dare insegnamenti, voglio soltanto fare il cronista“. Nell’album poi non mancano le “sue” ballate sognanti come Sfiorivano le viole. Ma non solo: i ritratti di donne calate nella modernità. Nel 1977 esce Aida, terzo album che contiene anche la provocazione Spendi Spandi Effendi.
Come ti stupisco Sanremo: col frac e le scarpe da ginnastica
E’ il preludio di quel 1978 in cui decide di andare al Festival di Sanremo – in camicia a righe rosse, frac, cilindro e scarpe da ginnastica – cantando Gianna. E’ solo terzo dietro i Matia Bazar e Anna Oxa, ma il successo è inarrestabile. Come la creatività che lo stesso anno incide Nuntereggae Più: sberleffo reggae come nessuno mai ha detto e musicato così. Le canzoni vengono tradotte in spagnolo e tedesco e passa da It in Rca per cui nel 1979 esce il quinto album Resta vile maschio, dove vai? – l’omonima canzone è firmata dal grande Mogol – con Ahi Maria e Nel letto di Lucia.
Praticamente un album all’anno come se sapesse che di tempo non ce ne sarebbe stato molto! Nel 1980 è il tempo di E io ci sto con Ti ti ti ti – “giuro che la stessa rabbia sto vivendo/ siamo sulla stessa barca io e te“- con cui parla diretto a chi sta ascoltando la sua musica. Nel 1981 è in tournée con Riccardo Cocciante e il New Perigeo – il Q Concert – Ep con quattro brani: Ancora insieme, A mano a mano, Aida e Aschimilero.
La musica finisce la notte del 2 giugno 1981. Ha 31 anni sta correndo su Via Nomentana incrocio via XXI Aprile con la sua Volvo 343 e si schianta contro un camion. Cinque ospedali ne rifiutano il ricovero, come da visionario ha cantato ne La ballata di Renzo. Sono state realizzate innumerevoli raccolte dei suoi brani, remix, tributi, cover, un film, perché la voglia di cantare Gianna, Aida e le altre non passerà mai.
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