Introducendo il messaggio contenuto nella Lettera ai Galati, che Papa Francesco commenta anche questa settimana durante l’Udienza Generale, il Pontefice spiega il significato di camminare secondo lo Spirito Santo. Già nell’Angelus della scorsa domenica 31 ottobre, il Santo Padre aveva sottolineato l’importanza di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo; oggi 3 novembre, torna a ribadire questo concetto affermando: “Credere in Gesù significa seguirlo, andare dietro a Lui sulla sua strada, come hanno fatto i primi discepoli. E significa nello stesso tempo evitare la strada opposta, quella dell’egoismo“. Seguendo le stesse raccomandazioni fatte dall’Apostolo Paolo, la catechesi odierna si concentra sulla bellezza di intraprendere un cammino, a tratti, arduo ma in grado di dare una gioia immensa; “Un cammino stupendo ma anche faticoso. Simile ad una lunga escursione in alta montagna: è affascinante, la meta ci attrae, ma richiede tanta fatica e tenacia“.
“Dio è più grande dei nostri peccati”
Secondo quanto Papa Francesco intende ribadire durante l’Udienza Generale di mercoledì 3 novembre, vivere guidati dallo Spirito permette di affrontare anche i momenti più difficili, le debolezze le fragilità; non si tratta di una visione astratta che si pone come palliativo di ogni male e fornisce una visione distorta della realtà. Al contrario, per il Santo Padre, vivere nella fede vuol dire, sì, acquistare una visione positiva della vita, ma anche prendere consapevolezza che nel mondo esistono i mali e le tentazioni. Spiega il Pontefice: “Ciò non significa che il male presente nel mondo sia come sparito, o che vengano meno gli impulsi negativi dell’egoismo e dell’orgoglio; vuol dire piuttosto credere che Dio è sempre più forte delle nostre resistenze e più grande dei nostri peccati”.
Con questo messaggio il Papa fornisce ai cristiani una visione dell’amore di Dio in grado di essere più forte di ogni debolezza e di ogni crisi. E in questo concetto il Pontefice inserisce anche la bellezza di camminare insieme come ‘popolo di Dio’; ovvero non considerare un sacerdote, un ministro, un vescovo come se si trattasse di capi; “Che bello quando noi troviamo pastori che camminano con il popolo, che non si staccano. No, io sono più importante, io sono un pastore, io sono prete, io sono vescovo, con il naso in alto. No! Pastori che camminano con il popolo”. Poiché, come tende a ribadire il Santo Padre, seguire lo Spirito Santo e la strada della fede non è un’azione che va compiuta in maniera solitaria ed egoistica, ma bensì comunitaria.
I passaggi conclusivi dell’Udienza Generale
Il Papa nella sua catechesi durante l’Udienza Generale non intende condannare i desideri della carne e le tentazioni, ma piuttosto esorta chiunque ad aiutare i fratelli che peccano. “Le invidie, i pregiudizi, le ipocrisie, i rancori continuano a farsi sentire, e il ricorso a una rigidità precettistica può essere una facile tentazione, ma così facendo si uscirebbe dal sentiero della libertà e, invece di salire alla vetta, si tornerebbe verso il basso”. Impegnarsi nel sostegno reciproco e nella ricerca comunitaria della grazia, permettono invece di ottenere la libertà vera.
Come esorta anche Paolo, nella Lettera a Galati, “farsi carico ognuno delle difficoltà dell’altro” è uno dei modi migliori per essere cristiani. Il vero cristiano non dovrebbe giudicare chi sbaglia o schivare chi cade nell’errore, ma piuttosto fornire un aiuto concreto, vigile e mite verso ogni fratello. Proprio perché come ricorda Papa Francesco, ognuno può essere vittima del peccato ed è per questo che “dobbiamo anzitutto riflettere sulla nostra propria fragilità. Lo Spirito Santo, oltre a farci dono della mitezza, ci invita alla solidarietà, a portare i pesi degli altri. Quanti pesi sono presenti nella vita di una persona: la malattia, la mancanza di lavoro, la solitudine, il dolore…! E quante altre prove che richiedono la vicinanza e l’amore dei fratelli!”. E come conclude il Papa, ricordando le parole di Sant’Agostino: “Sia che incoraggi, che ti mostri paterno, che rimproveri, che sia severo, ama“.
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