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Robert Mapplethorpe: la sua libertà nel fotografare

Il fotografo che ha incastrato il grigio nelle polaroids

Lo scatto studiato di Robert Mapplethorpe ha impressionato su pellicola l’aspetto estetizzante e quasi scenico di un insieme di tormenti ed estasi che, generalmente, fino a quel momento erano considerati pornografici. I tormentati nudi scultorei come le scene sadomaso, grazie a quella patina glam e alla pulizia estetica – quasi pittorica – sono diventati “accettabili”. Hanno influenzato la fotografia e spinto alla libertà di espressione, anche se la fotografia di Mapplethorpe, era stata definita “pornografia mascherata da arte”, l’alibi di una vita sregolata.

Quando Robert diventò Mapplethorpe

Robert Mapplethorpe nasce il 4 novembre del 1946. La sua indole stilistica resa concreta nell’età adulta, è stata decisamente influenzata da tre eventi. Il primo in assoluto e l’ossessione di rubare un giornaletto pornografico gay perché troppo giovane nel comperarlo. Parlando di quella esperienza, Robert spiegherà: “Pensavo che se avessi potuto in qualche modo renderli arte, se avessi potuto mantenere quella sensazione, avrei creato qualcosa di unicamente mio.

Nel 1963 si iscrive al Pratt Institute di Brooklyn, frequentato già del padre ingegnere e fotoamatore. Sono gli anni in cui ostenta la sua virilità per annientare del tutto la sua stessa omosessualità. Ci troviamo tra il ’63 ed il ’69; anni complessi per gli Stati Uniti, per le rivolte studentesche, per il Vietnam e per le manifestazioni. Insomma, la lotta tra quello che doveva essere e quello che sentiva, aveva plasmato la sua esistenza finché non arrivò Patti Smith nella sua vita. Dopo essere la vita da studente e l’iniziazione alle droghe – marihuana, LSD, speed-ball – nella primavera del 1967 arriva a New York una giovanissima ragazza che vuole diventare una poetessa.

 

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Robert e Patti: oltre l’immagine

I due condividono la stanza di un albergo per alcuni anni. Prima come amanti, poi come amici. Non possiamo non dimenticare quanto l’allora sognatrice, oggi una delle voci più famose a livello mondiale, abbia influenzato la sua fotografia. L’artista Mapplethorpe è nato grazie a quell’incontro casuale. Una delle immagini iconiche che ritraggono la cantante è firmata proprio da Robert. Esiste, infatti, un punto nodale nella vita dell’artista che segna il sodalizio con la fotografia. Ciò è riportato dalla Smith nel suo libro Just Kids nel quale racconta un aneddoto accaduto tra le camere blindate del MOMA.

All’interno c’era un’intera collezione fotografica in gran parte mai esposta al pubblico. Mapplethorpe, volgendo massima attenzione alla carta, allo sviluppo e all’intensità dei neri disse: È tutta questione di luci. Quanta verità c’è in questa sua dichiarazione! Quella intensità di neri che rispetta le ombre calcolando una corretta scala di grigi, nasce da quello che è esattamente l’opposto: la luce.

Robert l’ha appresa e resa stile nelle sue polaroid; dimenticate negli anni, ma rese importanti, purtroppo, solo dopo la sua morte. La svolta per l’artista avviene nel 1972, quando conosce e diventa l’amante di Sam Wagstaff. La conoscenza chiude il triangolo ‘fortunato’ che ha reso Robert il Mapplethorpe che oggi a distanza di 32 anni dalla sua morte noi tutti conosciamo. È grazie a lui infatti che il fotografo ottiene l’accesso agli ambienti della buona società e una certa stabilità economica. La prima mostra personale Polaroids, arriva infatti in quegli anni.

Ed è con l’Hasselbald che produce le centinaia di capolavori che lo renderanno famoso. Prima con la serie di fotografia sadomaso nel controverso The X portfolio. Poi ritratti a personaggi noti e a nature morte. Mapplethorpe muore di AIDS il 9 marzo del 1989 e, anche in questa occasione, non ci sono parole più adatte nel descrivere il momento se non quelle della sua Patti Smith: “Ci salutammo e lasciai la stanza. Qualcosa mi spinse a tornare indietro. Era scivolato in un sonno leggero. Restai a guardarlo. Così sereno, come un bambino vecchissimo. Aprì gli occhi e mi sorrise. “Sei già tornata?” Poi si riaddormentò. L’ultima immagine di lui fu come la prima. Un giovane che dormiva ammantato di luce…”.

 

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Teresa Comberiati

Spettacolo, Tv & Cronaca Rosa

Calabrese, a vent’anni si trasferisce a Roma dove attualmente vive. Amante della fotografia quanto della scrittura, negli anni ha lavorato nel campo della comunicazione collaborando con diverse testate locali in qualità di fotografa e articolista durante la 71ª e 75ª Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. Ha già scritto il suo primo romanzo intitolato Il muscolo dell’anima. Colonna portante del blog di VelvetMAG dedicato alla cronaca rosa e alle celebrities www.velvetgossip.it, di cui redige ogni mese la Rassegna Gossip.

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