Costanza Piccolomini Bonarelli ‘guarda’ con i suoi occhi intensi i visitatori della mostra “Lo Sfregio” presso la Galleria degli Uffizi a Firenze. Si tratta di un busto, scolpito nel marmo, sul quale Gian Lorenzo Bernini aveva impresso tutto il suo amore per la donna; la stessa donna a cui, per gelosia, fece deturpare il volto. Un simbolo significativo di come il dramma della violenza contro le donne non abbia tempo; una piaga che affonda le sue radici in tempi immemori e che si tramanda ancora oggi nelle molteplici vicenda di donne vittime di aggressioni. Come le donne deturpate con l’acido protagoniste degli scatti contemporanei di Ilaria Sagaria che fanno da cornice al busto di Costanza; testimoni vive dal volto bendato e invisibile che diventano protagoniste del ciclo Il dolore non è un privilegio.

Con la mostra “Lo Sfregio” l’arte antica si riflette nel presente dimostrando come la violenza di genere non abbia era, nazione, etnia o condizione sociale; e proprio per sottolineare questo dramma che avanza nei secoli, l’evento è organizzato volutamente e simbolicamente nel mese in cui ricorre la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne (25 novembre).

Agli Uffizi la lotta contro una violenza senza tempo

Il busto di marmo del Bernini mostra l’intimità che esisteva tra lui e Costanza Piccolomini Bonarelli; la camicia aperta, la pettinatura naturale e un po’ mossa, la bocca socchiusa a voler suggerire un dialogo. Un sentimento d’amore che però si tramuta in folle gelosia quando nella tarda estate del 1638 Bernini, scopre il legame di Costanza con il fratello Luigi e fa sfregiare il volto della donna. E per sottolineare un dramma e una condizione senza tempo è paradossale pensare come Gian Lorenzo Bernini fu graziato senza conseguenze sulla sua carriera, mentre Costanza fu costretta alla reclusione in un monastero per quattro mesi; situazione che oggi appare, drammaticamente, più che attuale.

Tuttavia, la donna è oggi anche il simbolo del riscatto dopo la violenza ricevuta; tornata dal marito, Matteo Bonarelli, Costanza dette vita ad un fiorente commercio di sculture. Come ha sottolineato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, parlando del busto di Costanza, è importante ricordare che: “In mostra la guardiamo non solo come un capolavoro di uno dei massimi scultori barocchi, ma siamo invitati a riflettere sull’efferata violenza dei forti contro i deboli. E a meditare sul dolore inenarrabile della sopravvivenza“.

La forza del riscatto

La capacità di riscatto che si ritrova oggi in tante vittime di violenza prende ‘voce’ anche nelle fotografie di Ilaria Sagaria. La storia di Costanza Piccolomini Bonarelli è, purtroppo, oggi assolutamente attuale; il volto deturpato dall’acido di tante donne è un crimine che si rincorre nei casi di cronaca e femminicidio e, qualora la vittima riesce a salvare la vita, porterà con sé un dramma fisico e psicologico che difficilmente potrà allontanarsi definitivamente. Come ha affermato infatti l’artista Ilaria Sagaria: “Oltre alla brutalità fisica causata da un gesto inumano, c’è il trauma psicologico da affrontare: la perdita dell’identità, la depressione e l’isolamento“.

Ed è per parlare della solitudine, del bisogno di riconquistare se stessi e del ritrovare la propria identità che all’inaugurazione della mostra ha raccolto anche le testimonianze di chi ha subito e oggi sta lottando contro questa realtà. Filomena Lamberti, vittima di violenza con l’acido e testimonial dell’associazione Spaziodonna di Salerno, Petra Filistrucchi, vicepresidente del centro antiviolenza Artemisia di Firenze, Jaf Shah, direttore esecutivo di Acid Survivors Trust International. Testimonianze della possibilità forte di riscatto, ma anche dell’importanza e la necessità impellente di contrastare le violenze di genere in maniera attiva ed efficace.

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