A dieci anni dall’assassinio del padre-padrone della Libia, Mu’ammar Gheddafi, il suo secondo figlio, Saif Al-Islam (foto in alto), si candida alle elezioni presidenziali nel paese del prossimo 24 dicembre. Lo rende noto il The Libya Observer su Twitter. Saif Al-Islam Gheddafi, afferma il giornale, ha presentato ufficialmente la sua candidatura, ieri 14 novembre, all’ufficio dell’Alta Commissione elettorale nazionale libica di Sabha.
Gheddafi, la Corte lo vuole processare
The Libya Observer riporta inoltre la notizia secondo cui la Corte penale internazionale, a cui aderiscono 123 paesi di tutto il mondo, con sede a L’Aia (Olanda), non cambierà la sua posizione. Su Saif Gheddafi pende infatti, da anni, un mandato di cattura internazionale. La Corte ne richiede l’arresto per processarlo in base ad accuse di crimini contro l’umanità.
La brutale uccisione del padre
Proprio dieci anni fa, nell’ottobre 2011, Mu’ammar Gheddafi moriva ucciso da un colpo di pistola alla testa, dopo essere stato torturato. Fecero il giro del mondo le immagini del leader straziato nelle mani dei ribelli, riprese con i telefonini. Aveva regnato da dittatore, in parte anche appoggiato dalle potenze occidentali, compresa l’Italia, per oltre 42 anni. Saif, il cui nome significa spada dell’Islam, è il secondo degli otto figli di Gheddafi e primogenito della sua seconda moglie Safiya. Allo scoppio della guerra civile libica del 2011 si era schierato con il padre diventando uno dei due portavoce ufficiale del governo.
Scampato alla condanna a morte
Nonostante una richiesta della Corte penale internazionale di processarlo per crimini contro l’umanità, e la sanguinosa repressione di proteste, le stesse milizie libiche che lo arrestarono al tempo stesso lo protessero. Un processo in contumacia a Tripoli, apertosi nell’aprile 2014, si concluse il 28 luglio del 2015 con una condanna alla pena di morte per genocidio. Ma il 5 luglio 2016 Saif Gheddafi fu scarcerato dalle autorità di Zintan in forza di un’amnistia varata nel 2015 dal governo di Tobruk del generale Khalifa Haftar.
“Con Gheddafi metà dei libici”
Da quel momento Saif Gheddafi ha vissuto da uomo libero in una località segreta, forse sul confine con l’Egitto. Nello scorso luglio, alla sua prima intervista con un giornale straniero da dieci anni, il New York Times, Saif aveva pre-annunciato la sua candidatura alla presidenza della Libia. Secondo una stima accreditata dall’emittente araba Al Arabiya sarebbero ‘gheddafiani’ ancora il 50-70% dei libici.
Chi era Mu’ammar Gheddafi
La figura del padre di Saif, Mu’ammar Gheddafi, ha segnato la storia libica e africana per decenni. Fu la guida ideologica del colpo di stato militare che il 1 settembre 1969 portò alla caduta della monarchia a Tripoli. Senza ricoprire stabilmente alcuna carica formale, ma fregiandosi soltanto del titolo onorifico di Guida e Comandante della Rivoluzione della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, Gheddafi fu, per i successivi quarantadue anni, la massima autorità della Libia. All’inizio instaurò una dittatura militare; in seguito, dopo un iniziale avvicinamento al socialismo arabo del leader dell’Egitto, Gamal Abd el-Nasser, proclamò la “repubblica delle masse“.
La Terza Via e il Libro Verde
Si trattava di una nuova ideologia, da lui stesso teorizzata nel Libro Verde e nota come Terza Via Universale. Un progetto politico che al tempo stesso rifiutava capitalismo e lotta di classe, a favore di un socialismo di ispirazione nazionale. Ciò nonostante, Gheddafi continuò per tutta la durata del suo regime a mantenere una politica opportunista a seconda degli equilibri internazionali. Tra il febbraio e l’ottobre del 2011 ebbe luogo la prima guerra civile in Libia. Alle forze lealiste di Gheddafi si opposero quelle dei rivoltosi, riunite nel Consiglio nazionale di transizione (Cnt). Il paese, dopo aver vissuto una prima fase di insurrezione popolare sull’onda della cosiddetta primavere arabe di quell’anno conobbe in poche settimane lo sbocco della rivolta in guerra. Gheddafi fu alla fine catturato, stuprato ed ucciso dai ribelli del Cnt. Da quel momento è seguita una forte fase di instabilità nel paese che ancora oggi non è conclusa. E non è detto che le elezioni presidenziali del prossimo 24 dicembre favoriscano equilibri duraturi.
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