Quando nel 1980 Sophie Marceau compiva (nella giornata di oggi 17 novembre) 16 anni non poteva ancora sapere che avrebbe cambiato per sempre la rappresentazione degli adolescenti nel mondo. Lei lo era e viene scelta per interpretare Vic, la protagonista de Il Tempo delle Mele tra
Esattamente un mese dopo, il 17 dicembre, nelle sale francesi esordisce il primo film generazionale ad avere un successo mondiale. E’ incentrato inevitabilmente su quella ragazzina interpretata dalla Marceau, e anche un po’ su quella scena – iconica – in cui Mathieu, il grande amore di Vic, in una festa in casa (sì perché non era ancora il tempo dei loft e dei locali glam dell’Upper East Side), fa indossare le cuffiette del walkman alla Marceau, i rumori scompaiono e partono le note di una delle canzoni culto da quel giorno – Reality: ”Dreams are my reality, A different kind of reality, I dream of loving in the night…”. La colonna sonora perfetta per idealizzare la prima cotta, quando il dramma sono i compiti in classe e finisce il dialogo con i genitori.
Gli adolescenti al tempo della Boum
Il titolo originale è il poetico La Boum Vic e racconta come detto la storia da Vic e della sua amica Penelope, del primo innamoramento (quel Mathie di cui sopra) e dei genitori in crisi matrimoniale. Quest’ultima è raccontata alla francese nel suo lato guascone e ingegnoso con tanto di gesso finto per coprire con la profumiera/amante. Gli ingredienti della scoperta del sesso, inteso come il proprio o l’altro, il rapporto genitori-figli, ma anche i tradimenti, i nonni. Il mood è quello tipico dei film degli Anni’70 che stanno per accompagnare la fine di un’era mitica prima di scivolare nel decennio più post ideologico di tutti, anche per gli adolescenti.
Come siamo arrivati agli adolescenti in stile Gossip Girl?
Passando per la generazione dei paninari vestiti con le Timberland degli Anni ’80 e per quella del fenomeno Beverly Hills dei Novanta, con le Dr. Martens e qui da noi Non è la Rai, si arriva a come sono diventati oggi gli adolescenti. Almeno quelli degli Anni 2000, fino all’avvento di Greta e della Pandemia. Sono quelli di Gossip Girl serie originale, che è stata forse l’ultima serie americana di successo e di culto vero. Prima che un po’ cambiasse la modalità di fruizione tra piattaforme e strapotere dei social network. Oggi il pubblico si orienta altrove e la serialità di stampo e produzione a stelle e strisce non è quella di una volta, capace di infinite stagioni e dei drammoni. Non dopo La Casa di Carta, Narcos, non dopo l’epopea turca, almeno qui in Europa.
“Sono Gossip Girl, la vostra sola fonte di notizie sulle vite scandalose dell’élite di Manhattan.” Ogni singolo episodio si apre con questo incipit. Come se questi adolescenti avessero già vissuto e non rimane che “saperlo” e “diffonderlo”. La serie che si basa sugli omonimi romanzi di Cecily von Ziegesar, best seller del The New York Times, dopo una passaggio nel 2008 sul canale pay Mya, della piattaforma Mediaset Premium, dal 2009 al 2014 approda su Italia 1.
E come sono diventati? Sono più ricchi di quelli del 90210 questi qui dell’Upper East Side, si possono permettere di andare a scuola, parliamo di un liceo, come si va al Gala del Met. Tanto che la rivista patinata Glamour ha scelto Blair – interpretata da Leighton Meester – come il personaggio televisivo meglio vestito di sempre. Vivono nella loro bolla i drammi del sesso adolescenziale, delle droghe, delle famiglie interrotte o spezzate, ricreando a scuola giochi di potere e gerarchie sociale. Considerato il “Miglior teen drama di tutti i tempi“, può sembrare paradossale ma è uno show tutto scolastico, perché quella resta l’arena per eccellenza degli adolescenti di ogni epoca. Certo in puro stile That’s an american … teens in questo caso, con lo spirito di John Wayne che riemerge sempre.
E oggi dove vanno le lontane eredi di Vic e della poetica boum come racconto di formazione? Verso un reboot, of course. Come tutto quello che avuto successo prima in tv. Solo che oggi sbarcano le attrici-adolescenti di colore in nome del politicamente corretto; dove il blog è sostituto dai social network nel loro complesso e all’ennesima potenza sistemica. Dove tutto è velocissimo, tanto che non è possibile limitarsi a spifferare, ormai è d’obbligo manipolare e manipolarsi, dove viene da chiedersi che razza di adolescenza sia sopravvissuta.
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