Il 17 novembre si celebra la giornata internazionale degli studenti. E’ invitabile chiedersi come stia la scuola italiana. La più recente letteratura ci presenta gli studenti come: ansiosi, demotivati, con progressive difficoltà nella comprensione dei testi e mediocri nei risultati della nota prova Invalsi. Ma quali sono le cause di questa decadenza? E’ solo colpa degli studenti o il discorso da fare è più di tipo sistemico? 

La scuola e gli studenti in Italia e all’estero 

La scuola secondaria nel nostro Paese a differenza di molte realtà europee bilancia il peso dei test orali in concomitanza con quelli scritti. Non solo, se nel metodo anglosassone la maggior parte delle prove scritte è composta da test a crocette, qui da noi nella maggior parte dei casi i test scritti sono a domanda aperta. Le scuole nel Nord Europa tendono a esercitare e sviluppare maggiormente le competenze logiche e pratiche degli studenti. La scuola italiana è, invece, ancorata a una visione più “accademica” e “dottrinale” dell’istruzione, dove si predilige un approccio più nozionistico che pratico.

I nostri alunni inoltre sono comunque obbligati ad approfondire, a prescindere dall’indirizzo scientifico o umanistico preselezionato, anche quelle materie più lontane da eventuali sbocchi professionali oggi, studiando il latino, l’arte, la storia e filosofia. Materie queste declassate da tempo ad un livello opzionale nei licei statunitensi. Ma tutto questo è un pregio o un difetto? 

Scuole e università meno prestigiose che sfornano studenti di successo e scienziati 

Valutare il sistema d’istruzione di un paese è molto difficile, perché se l’Italia nei test di logica come quello dell’Invalsi e nelle analisi dell’OCSE non risulta primeggiare. Poi però nelle professioni e nelle università straniere, sono proprio gli italiani a ricoprire le posizioni più ambite e ad ottenere punteggi altissimi. L’Italia vanta, infatti, il maggior numero di scienziati premiati nel continente, e di laureati in patria che poi si sono collocati in aziende internazionali di grande prestigio. Inoltre il ranking QS, il più prestigioso ranking mondiale del settore dell’istruzione, vede il 40% delle nostre università collocarsi nella top-1000 al mondo. Neanche Cina, Germania o Stati Uniti raggiungono questo primato, dove la percentuale si ferma al 10%.

Le nostre università, dunque, risultano meno prestigiose se si valutano quantitativamente: per i criteri di attrattività internazionale, scambi con l’estero, quantità degli investimenti e collaborazioni con le imprese. Risultano invece qualitativamente tra le più competitive e soprattutto omogenee nella loro offerta formativa.   

Problematiche e criticità del modello scandinavo-anglosassone

Il metodo anglosassone o nord europeo presenta in realtà delle problematiche non trascurabili ed inizia ad essere oggetto di molte critiche, non solo fuori confine, ma anche dagli stessi. Secondo analisi sviluppate da matematici e studiosi di problemi dell’insegnamento finlandese, “la didattica dei quiz” ha portato il paese, che occupa costantemente le prime posizioni nelle classifiche internazionali OCSE-PISA, in realtà ad un drammatico declino delle abilità matematiche dei nuovi studenti.

Gran parte dei firmatari di queste ricerche, come ad esempio l’appello del 2006 firmato dal  professore dell’università di Helsinki Kari Astala, sono professori di importanti politecnici locali. In Finlandia la tendenza dalla fine degli anni 80 in poi, è stata quella di privilegiare un approccio più concreto della matematica. Semplificazione e computerizzazione dei meccanismi sono andate a discapito di uno studio più algebrico. I risultati che queste riforme hanno prodotto sono stati da una parte gli ottimi risultati nelle classifiche OCSE-PISA, ma dall’altra gravi lacune matematiche. 

Inoltre qui da noi l’ampio spazio dato alle materie umanistiche nel nostro ordinamento, come ad esempio il latino, è sottoposto ad aspre critiche. Di contro, in Inghilterra è pronto un piano annunciato da quattro milioni di sterline per espanderne l’insegnamento negli istituti pubblici. In Germania inoltre il latino viene studiato da circa 1/3 degli alunni e molte università ne richiedono una certificazione tra i requisiti di accesso.

Cause socio-economiche del declino di scuola e studenti

I nostri studenti sopportano una mole di lavoro che è pari quasi al doppio di quello della scuola anglosassone. Possiedono un bagaglio nozionistico di gran lunga maggiore, e sono poliedrici nel loro studio, esercitando abilità pratiche alla pari di quelle teoriche. La scuola italiana a differenza di quello che si dice, è al livello nozionistico una delle più competitive e complete. Le cause della sua decadenza non sono di tipo sistemico, ma piuttosto sono da ricercarsi nel suo progressivo declino socio-economico ed educativo.

A mancare rispetto al passato prima fra tutti è una cruciale collaborazione tra genitore e professore, che ha portato alla scomparsa di quel ruolo educativo e non solo puramente scolastico dell’insegnate. Oggi questi non hanno più la forza di incarnare quella figura per timore dei possibili risvolti negativi da parte del genitore. E’ cambiata inoltre la percezione del valore aggiunto dell’istruzione: dove sempre più spesso si sentono ragazzi convinti che con o senza un titolo di studi nella vita non faccia differenza, o nel peggiore dei casi, che tanto anche studiando nel nostro Paese non sia possibile fare carriera. Mancano i giusti stimoli e incentivi economici alla scuola che per colpa dei tanti tagli subiti nel corso dell’ultimo ventennio, si è ritrovata con una classe dirigente sempre più demotivata e mortificata, che inevitabilmente manca poi nel trasmettere passione ai ragazzi.

Maggiori incentivi alla scuola +
insegnanti meglio pagati +
valore aggiunto dell’istruzione = SCUOLA MIGLIORE

Dovremmo dunque proteggere ed essere forse un tantino più orgogliosi del nostro sistema d’istruzione. Il suo piano formativo è in realtà efficiente e lungimirante, ma necessita di incentivi, di politiche pubbliche importanti a sostenerlo economicamente e a migliorarlo nella sua gestione. Esistono ancora troppe differenze geografiche tra settentrione e mezzogiorno, e vi è ancora troppo divario tra studenti di estrazione sociale diversa. Il ragazzo appartenente al ceto sociale più basso secondo le statistiche è più incentivato poi a non proseguire gli studi dopo il diploma. Ma bisogna soprattutto rieducare i ragazzi al valore aggiunto dell’istruzione attraverso la selezione di insegnanti più motivati, meglio pagati, che scelgano di insegnare per passione e che siano di nuovo orgogliosi del ruolo che ricoprono nella scuola e quindi nella società. 

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