Maria De Filippi è stata definitivamente assolta dall’accusa di plagio. La Cassazione ha dato ragione alla conduttrice dopo una causa che si è protratta in tribunale per oltre 16 anni e che è passata da un grado di appello ad un altro, fino all’ultimo previsto dal nostro ordinamento. La sentenza del 5 dicembre, dunque, ha decretato che il seguitissimo programma Amici risponde ai criteri per essere definito un format originale. Come riportato dall’Ansa, la Suprema Corte ha accolto la difesa dell’avvocato Giorgio Assumma e ha confermato le due precedenti sentenze pronunciate dal tribunale di Roma e della Corte d’Appello.
Maria De Filippi e quell’accusa di plagio che da 16 anni rincorre Amici
In onda da ormai da oltre 16 anni, Amici di Maria De Filippi è uno dei programmi televisivi più seguiti di sempre. Uno dei due a cui è legato l’indiscutibile successo della conduttrice. Fin dai tempi di Saranno Famosi, ogni edizione ha sbancato lo share e il format in sé ha inaugurato la stagione dei talent show nella televisione italiana.
Ma il programma è stato fin da subito accusato di plagio e qualcun altro ha avanzato le pretese di paternità. I fatti risalgono al 2004, quando lo sceneggiatore Roberto Quagliano ha citato in giudizio la conduttrice nel suo ruolo di autrice del programma. Lo sceneggiatore l’ha accusata di aver plagiato un suo precedente prodotto televisivo. Si tratta del reality show Scuola di spettacolo, che avrebbe rappresentato un antecedente diretto del programma di Mediaset. Già nel 2004 Quagliano aveva chiesto al tribunale che la De Filippi e la Fascino PGT, casa di produzione del programma, fossero condannate al risarcimento dei danni.
La fine del processo e la sentenza definitiva della Cassazione
Ma la richiesta di Quagliano non ha trovato accoglimento neppure da parte dei giudici della Cassazione. Secondo quanto dichiarato da questi nella sentenza, tra i due prodotti televisivi c’era un’assoluta diversità di genere. Scuola di spettacolo, infatti, era un reality show, mentre Amici un talent show. Il tribunale, inoltre, dando piena ragione a Maria De Filippi e alla casa di produzione, non ha rilevato quasi nessuna similitudine in termini di contenuto.
Già in passato una sentenza aveva decretato la stessa cosa e in seguito, nel 2016, la Corte d’Appello aveva confermato tale disposizione. La questione, dunque, è passata dal giudizio del tribunale di Roma, della Corte d’Appello ed, infine, da quello definitivo della Cassazione. Quest’ultima ha condannato Quagliano al rimborso delle spese dei tre gradi di giudizio.
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