Oggi 9 dicembre è la Giornata internazionale contro la corruzione. L’Italia poco meno di trent’anni fa veniva sconvolta dal fenomeno di Tangentopoli, un episodio che inevitabilmente incrementò nel nostro Paese una diffidenza da parte dei cittadini nei confronti del sistema politico in generale e delle sue istituzioni. Ma se all’epoca fu il sistema di finanziamento illecito dei partiti ad essere messo sotto accusa, oggi l’idea di un potere corrotto è molto più indefinita. Chi detiene il potere oggi? Ancora la classe politica, o parte di essa? Qual ruolo riveste lo Stato?
I partiti hanno meno potere
La globalizzazione ha complicato decisamente il quadro. Le aziende in mano statale – almeno fino alla crisi pandemica – sono decisamente di meno con il potere economico dello Stato nazionale indebolito. Il sistema, per esempio tornando ai tempi di Tangentopoli vedeva uno Stato onnipervasivo al centro della vita politica ed economica. Azionista di maggioranza nelle aziende strategiche del Paese, al tavolo delle decisioni dei protagonisti della politica industriale; responsabile della politica monetaria attraverso la Banca d’Italia e principale decisore normativo. “La cosa pubblica”, come la chiamavano gli antichi Romani, era un gigantesco apparato attorno alla quale ruotavano proficui interessi. I partiti avevano quindi un potere esorbitante e la politica un primato quasi assoluto. La globalizzazione ha fatto deflagrare il sistema: frammentando il potere, la proprietà privata, delocalizzando il processo produttivo. Ha di fatto indebolito le istituzioni nazionali a favore di entità sovranazionali.
Il potere delle multinazionali e della finanza-globalizzata
Lo Stato lo ha perso, ma chi sono i soggetti che hanno acquistato potere? Nella classifica delle prime 100 entità economiche mondiali, compresi dunque gli Stati nazionali, ben 29 sono multinazionali private. Capaci di superare il PIL (prodotto interno lordo) anche di alcuni degli Stati stessi in cui operano, acquisendo inevitabilmente un potere politico non indifferente.
Viviamo quindi in un mondo dove il divario tra economia reale (merci, immobili, terreni, fabbriche) e finanza (liquidità ,titoli ,derivati), è sempre più netto. Il nuovo potere della finanza-globalizzata cresce a ritmi più veloci e detiene asset stimati ad un valore nettamente superiore all’economia reale, creando di fatto una ricchezza artificiale. Basti pensare che l’ammontare di derivati, i titoli preferiti per la speculazione finanziaria, che detengono oggi le prime 4 banche americane valgono più del triplo dell’intero PIL reale mondiale. Un potere gigantesco dunque senza precedenti, che ogni volta che da segni di cedimento è in grado di generare crisi sistemiche da cui non è facile riprendersi.
Per esempio quella dei subprime partita da Wall Street nel 2008 ne è un esempio eclatante. Agenzie di rating corrotte diedero votazioni gonfiate a “titoli spazzatura” chiamati CDO, per poi venderli alle banche come proficui e sicuri. I governi europei si indebitarono per correre ai ripari agli ingenti debiti contratti dalle banche sui mercati finanziari. Questo ha comportato per il cittadino un aumento delle tasse e tagli alla spesa pubblica.
La confusione fomenta le tesi complottiste
Questa intricata conformazione del sistema economico è una delle principali cause che spinge le masse a inventare oggi le tesi complottiste più disparate. Senza delle elevate competenze tecniche è difatti quasi impossibile per il cittadino medio capire di chi sia la colpa e chi sia il responsabile dei fallimenti. Negli Anni ’90 sono stati lo Stato sociale e la partitocrazia, il sistema corrotto da abbattere senza pietà; mentre negli Anni Duemila dell’austerity l’Unione Europea. Oggi nuove teorie complottiste riguardano la pandemia e il ruolo dei vaccini.
La globalizzazione con la sua forza spersonalizzante e una governance indefinita, disorienta il cittadino rendendolo sempre più piccolo e impotente. L’idea dell’esistenza di un antisistema corrotto o di gruppi di élite prescelte, che dall’alto, governano e tramano contro il mondo, attecchisce fortemente. Risponde al bisogno di identificare un colpevole e di dare ordine alla realtà sempre più frammentata e confusa.
Di certo i parlamenti nazionali europei singolarmente possono ben poco quando in gioco vi sono altre entità gigantesche come le multinazionali o i colossi della finanza mondiale a manovrare le fila. All’Unione Europea serve unità e convergenza negli obbiettivi oggi più che mai, per una più trasparente ed equa redistribuzione della ricchezza.
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