Come ogni domenica Papa Francesco introduce la preghiera dell’Angelus partendo dalle riflessioni in merito al Vangelo odierno. Nella terza domenica d’Avvento, il Pontefice sottolinea come diversi gruppi di folle, toccati dalla predicazione di Giovanni Battista, chiedono cosa fare per raggiungere la fede; si tratta di folle miste, composte da ceti ricchi, da soldati, ma anche da persone più umili, più di ‘basso rango’. Ma quello che il Santo Padre vuole sottolineare è quanto valga per tutti la stessa ‘regola‘ nel lasciarsi toccare il cuore da Gesù; “non si tratta di un senso del dovere, ma è l’entusiasmo per la sua venuta che porta a dire cosa dobbiamo fare“.

Ma, come sottolinea Papa Francesco nella sua catechesi che precede l’Angelus, Dio eleva la domanda sul ‘dovere fare’ ad un livello superiore; ovvero a ‘cosa dovere fare della propria vita‘. “A cosa sono chiamato, che cosa mi realizza?“; poiché come ci suggerisce il Vangelo odierno, la vita di ciascuno non è senza senso, essa ha un compito preciso e non è “affidata al caso“. Ma la vita è un dono; il Signore consegna ad ognuno questo prezioso dono, invitandolo poi a riflettere ogni giorno sulla propria esistenza. “Scopri chi sei“.

La vita è un sogno da realizzare

Datti da realizzare per quello che è il sogno della tua vita” esorta Papa Francesco, che specifica ancora quanto ciascuno di noi sia “una missione da realizzare“. Ed è da questo fondamentale presupposto, evidenziato prima della preghiera dell’Angelus, che scaturisce quel ‘dover fare’ che nasce all’inizio della riflessione. “Che cosa è bene fare per me e per i fratelli?“, perché essere cristiani significa anche contribuire al bene della società: fare, per fare bene. Ed è il tempo d’Avvento, quello in cui si attende la venuta di Gesù, che serve anche per riflettere su questo enorme potenziale e importante compito che ogni cristiano deve considerare portante per la propria vita.

Ed è seguendo questa argomentazione di base che si ritorna al Vangelo odierno, nel quale Giovanni Battista spiega cosa fare a ciascuno, seguendo le possibilità di ognuno: a chi ha due tuniche a condividerle con chi non le ha, ai pubblicani che riscuotono le tasse non esigere di più di quanto dovuto e così via. Perché il Signore non chiede di compiere gesti impossibili, il Signore domanda a ciascuno concretezza: “la fede si incarna nella vita concreta“. La fede non è astrazione, non è un aspetto generalizzato, essa è concreta e tocca la vita di ciascuno. Ed è alla luce di questo, che Papa Francesco invita tutti i fedeli a prendere un impegno, anche piccolo, ma che si adatti alla propria condizione di vita e portarlo avanti. Anche nelle piccole cose, ma concrete, come “Un perdono da chiedere, un perdono da dare“.

I saluti di Papa Francesco dopo l’Angelus

Papa Francesco, dopo aver invitato i fedeli riuniti in Piazza San Pietro e ogni fedele del mondo a impegnarsi in azioni concrete per vivere a pieno la fede, rivolge il suo pensiero ai più sofferenti; le persone più deboli, proprio quelle verso le quali il Pontefice chiede di mostrare sostegno e conforto le azioni concrete. Un pensiero rivolto alla comunità ucrainaperché le tensioni ad essa siano risolte attraverso un serio dialogo internazionale e non con le armi“.

Un pensiero alle vittime coinvolte nel tornado del Kentucky e le altre zone degli Stati Uniti d’America. Un saluto infine, totalmente in spagnolo, rivolto alla comunità di tutto il Continente Americano e delle Filippine; a ciascuno Papa Francesco ricorda la grandezza e la bellezza di vivere nella fede; “Camminare uniti, dalla periferia al centro“, perché nell’unità e nel sostegno reciproco e concreto si realizza la vita di un fedele.

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