Un importantissimo sito archeologico è emerso dagli scavi effettuati in una grotta della Liguria. Lì, infatti, gli archeologi hanno trovato i resti di Neve (così l’hanno soprannominata), seppellita più di 10mila anni fa. Circondata da un ricchissimo corredo funerario, la bambina aveva – secondo i primi studi – tra 40 e 50 giorni di vita al momento della morte. La scoperta aiuta a fare luce sui comportamenti funerari e sociali di quel periodo della Preistoria.
I resti della piccola Neve fanno luce sulla società del Mesolitico
Circondata da un corredo di ciondoli e perline ricchissimo per il tempo, la piccola Neve rappresenta la più antica sepoltura di una neonata mai documentata in Europa. Al fianco della neonata, infatti, si trovavano quattro ciondoli, 60 perline in conchiglie forate e un artiglio di gufo reale. Si tratta di una incredibile scoperta, che permette di fare luce sull’antica struttura della società e dei rituali degli uomini cacciatori e raccoglitori della prima fase del Mesolitico. A rinvenire il sito archeologico, in una grotta nell’entroterra di Albenga, in provincia di Savona, è stato un gruppo di ricercatori di diversa nazionalità.
L’importanza della scoperta dipende dal fatto che questi resti riportano una testimonianza di una fase storica su cui aleggiano ancora molte domande irrisolte. La prima fase del Mesolitico, infatti, ha rappresentato probabilmente un arco temporale caratterizzato da grandi cambiamenti sociali, legati agli adattamenti dell’uomo in seguito alla fine dell’ultima era glaciale. Un’età di mezzo che ha poi spalancato le porte alla “rivoluzione del Neolitico“, ma su cui rimangono ancora molti dubbi.
I dettagli di uno studio internazionale guidato dalle università italiane
I dettagli della scoperta sono stati pubblicati nella giornata di ieri sulla rivista Scientific Reports. Il team che ha rinvenuto la piccola Neve è coordinato da ricercatori italiani: Stefano Benazzi (Università di Bologna), Marco Peresani (Università di Ferrara) e Fabio Negrino (Università di Genova). Ma al loro fianco anche studiosi dell’Università di Montreal, di Colorado Denver, dell’Università di Tubinga, di Washington e dell’Arizona.
Come riporta l’UniBo Magazine, Stefano Benazzi, professore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, ha commentato con entusiasmo la scoperta. “Capire come i nostri antenati trattassero i loro morti ha un enorme significato culturale – ha dichiarato – e ci consente di indagare sia i loro aspetti comportamentali che quelli ideologici“.
L’istologia virtuale delle gemme dentarie della neonata, inoltre, ha trasmesso importanti informazioni sulla mamma e sulla bambina. Lo studio del carbonio e dell’azoto ha evidenziato che la madre si nutriva con una dieta a base di prodotti di origine terrestre. Dalle stesse analisi, infine, è emerso che durante la gravidanza la madre ha subito alcuni stress fisiologici, forse alimentari. Proprio questi stress hanno interrotto la crescita dei denti 47 e 28 giorni prima della nascita della bambina. Il corredo funebre, invece, getta luce sulla grande cura che gli uomini di questa fase storica riservavano ai loro defunti. Il professor Benazzi ha dichiarato a proposito: “Questa scoperta permette di indagare un eccezionale rito funerario della prima fase del Mesolitico, epoca di cui sono note poche sepolture. Testimonia come tutti i membri della comunità, anche piccole neonate, erano riconosciuti come persone a pieno titolo e godevano in apparenza di un trattamento egualitario“.
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