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Afghanistan, sempre più negati i diritti delle donne: “Spostarsi solo con un uomo”

Oltre un raggio di 72 chilometri da casa non potranno muoversi da sole. Riaprono intanto le scuole, ma non alle ragazze

Il regime dei talebani impone nuove restrizioni alle donne in Afghanistan. Non potranno più effettuare spostamenti da sole oltre il raggio di 72 chilometri. In tal caso un uomo della propria famiglia dovrà sempre accompagnarle. Lo ha spiegato un portavoce del ministero per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio, che ha pubblicato la nuova direttiva.

Afghanistan, niente musica in macchina

Alcune settimane fa, lo stesso dicastero dell’emirato islamico aveva chiesto alle televisioni di tutto l’Afghanistan di non mandare più in onda serie in cui recitano donne. E di imporre il velo islamico alle giornaliste in video sugli schermi. Il portavoce del ministero ha aggiunto adesso che le donne dovranno indossare l’hijab – il velo che copre la testa ma non tutto il volto – quando viaggiano a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto. La direttiva vieta anche a tutti – donne e uomini – di ascoltare musica in macchina.

Scuole riaperte, non alle ragazze

Prendendo il potere lo scorso agosto, i talebani avevano promesso una minore rigidità rispetto al periodo in cui governarono l’Afghanistan negli anni Novanta. Pronunciamenti che sembrano essere rimasti lettera morta. I responsabili talebani di molte provincie hanno concesso, per contro, la riapertura delle scuole. Tuttavia molte ragazze non possono ancora accedere all’istruzione di secondo grado. All’inizio del mese di dicembre il movimento talebano ha emesso un decreto in nome del suo leader supremo che chiede al Governo di far rispettare i diritti delle donne. Nel testo non è però menzionato l’accesso all’istruzione delle ragazze. Una caratteristica dello sviluppo umano che per gli occidentali è scontata. Ma che in molte zone povere e rurali dell’Afghanistan è considerata quasi con vergogna.

L’Afghanistan e le spose bambine

E il fatto che alcuni donatori stranieri abbiano condizionato l’erogazione degli aiuti a Kabul al rispetto dei diritti delle donne non sembra smuovere la situazione. In tutto il paese resta drammatica, inoltre, la situazione dei matrimoni precoci e forzati. Di un mese fa l’ultimo appello dell’Unicef. L’organizzazione dell’Onu per l’infanzia è tornata infatti a denunciare il rischio di aumento delle spose bambine in Afghanistan. Una tragedia e un crimine che si sta aggravando anche a causa del fatto che per le piccole afghane le porte delle scuole sono ancora chiuse quasi ovunque. Non è mancato un appello della premio Nobel per la Pace 2014, la pakistana Malala Yousafzai, ai talebani a “lasciare che le ragazze tornino a scuola il prima possibile”. Appello inascoltato da un regime che ha costretto alla fuga o alla clandestinità molte donne che rifiutavano di ripiombare nell’oscurantismo più cupo.

Malala Premio Nobel Pace
La premio Nobel per la Pace 2014, Malala Yousafzai

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Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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