NewsPrimo pianoStorie e PersonaggiVideo e Social

Zygmunt Bauman: chi è l’uomo della post-modernità?

Dal concetto di modernità liquida, al ruolo del consumismo e delle tecnologie

Oggi 5 anni fa, moriva uno dei più importanti sociologi del Novecento: Zygmunt Bauman. Di nazionalità polacca, è cresciuto nell’Europa del primo dopoguerra. Arruolandosi tra le fila sovietiche nella Seconda Guerra Mondiale, tornò poi a Varsavia per concludere gli studi negli anni della Guerra Fredda. Bauman è senza ombra di dubbio il più prezioso osservatore del passaggio dell’uomo dalla modernità alla post-modernità. Con il suo concetto di “modernità liquida”, ha svelato al mondo l’uomo del nuovo millennio. Dalle tecnologie, al concetto di liquidità, l’uomo di oggi non prende decisioni, non definisce mai se stesso, né quello in cui crede, e soprattutto fugge dalla realtà.  

Photo Credits: M. Oliva Soto

Per Bauman la modernità è liquida 

Per Bauman la proprietà che caratterizza e descrive più di tutti la contemporaneità è la liquidità. La post-modernità si presenta prima di tutto come priva e spoglia di punti fermi. Se fino alla prima metà del Novecento la vita era scandita attorno ad alcuni riti e valori prestabiliti, nella post-modernità questi sono inesistenti. La tendenza generale è quella di evitare “di essere fissi e sovradeterminati”. Siamo a detta di Bauman, in una sorta di “era puntinista” della visione della vita. Talmente concentrati e ossessionati dal presente, dal cogliere ogni possibile opportunità che questo ci regala, che la nostra vita è come un quadro puntinista: divisa in tanti piccoli episodi che presi da soli lì per lì non hanno senso, ma solo alla fine, in retrospettiva, assumono per noi un significato.

Il presente è quindi frenetico, disordinato, in continuo mutamento, come sabbie mobili sotto i nostri piedi. Consapevoli di questo siamo sempre meno disposti e sempre più spaventati dal prendere impegni a lungo termine e rifuggiamo dal credere che esista una verità assoluta. L’incertezza e l’instabilità regnano sovrane nelle nostre vite. L’uomo non sa quello in cui crede e per riempire l’esistenza si limita a seguire il flusso, cogliere ogni possibilità, e non precludersi nulla. Un processo di omogenizzazione spiega Bauman, dove senza alcuno spirito critico o capacità riflessiva si finisce semplicemente per fare propri gli usi e le mode della società. Come in una sorta di domino dove una pedina segue l’altra solo per non interrompere il flusso e fermarsi a chiedere dove si sta andando e perché. Siamo su un volo aereo con in cabina di pilotaggio il pilota automatico, scrive Bauman: non c’è nessuno alla guida e non sappiamo la direzione.

Il consumismo come sfogo

Il consumismo con la sua costante generazione di novità è il principale sfogo contemporaneo dell’uomo privo di certezze. L’etica del consumo si sposa perfettamente con l’era puntinista. Comprare oggi e renderci felici adesso, accumulando beni, esaudendo i nostri desideri materiali, crea in noi un senso istantaneo di appagamento.

Il problema è che il circolo del consumismo è vizioso. Le pubblicità promettono di renderci felici con quel prodotto, ci vendono quell’oggetto come l’unico di cui abbiamo veramente bisogno, ma pochi mesi dopo è già pronta una nuova moda, un nuovo oggetto dei nostri desideri che renderà l’altro obsoleto. La fame consumistica è insaziabile, Bauman la definisce una sorta di bulimia degli oggetti. Un consumismo ossessivo quello contemporaneo, dove ogni oggetto non ha un valore o un importanza intrinseca. Poco importa se il nostro iphone è perfettamente funzionante, ormai c’è il modello successivo e noi lo vogliamo ottenere a qualsiasi costo. Questo circolo vizioso ci rende profondamente infelici, mai davvero soddisfatti e sempre alla ricerca di ciò che non abbiamo. Il consumismo orienta i nostri desideri prima ancora che noi stessi siamo in grado di capire quali siano i nostri desideri e di cosa abbiamo davvero bisogno. 

I social network sfruttano il nostro senso di solitudine

 In questo quadro le nuove tecnologie per Bauman minano prima di tutto i rapporti umani. I social network lucrano sul profondo senso di solitudine a cui ha portato la contemporaneità, con rapporti sempre più instabili e un senso della comunità sempre più debole. “La solitudine è il virus dell’età moderna” afferma in un intervista Bauman, citando le parole dello scrittore Tony Selimi. “Grazie ai social, la paura dell’emarginazione, del non valere nulla, dell’essere escluso, non esiste più” dichiara in un intervista. Ma il sociologo polacco ne avversa fortemente il meccanismo e il loro obbiettivo di creare falsi contatti umani.

Social Network

I social network sono un pericolo per Bauman, disimparano l’uomo a vivere in una comunità, a conoscere profondamente l’altro e rispettarlo. è dentro ad una comunità che l’uomo impara a capire se stesso, a mettersi alla prova e intavolare vere discussioni. Il confronto con la realtà è importante, più tempo passiamo dentro quel mondo virtuale più disimpariamo e fuggiamo dalla realtà che ci aspetta li fuori. L’uomo è come se oggi avesse una vita offline e una vita online. Il drammatico equivoco è che esiste una sola vera realtà in carne ed ossa e Bauman cerca di avvertirci del pericolo a cui andremo incontro se non ci svegliamo in tempo. “Ogni nuova tecnologia determina inevitabilmente un guadagno e una perdita, ma il punto“, spiega il sociologo, “è capire oggi se il guadagno delle attuali tecnologie giustifica davvero le perdite“.

LEGGI ANCHE: Sidney Poitier: scomparso il primo attore afroamericano a vincere l’Oscar

Chiara Cavaliere

Attualità, Spettacolo e Approfondimenti

Siciliana trapiantata nella Capitale, dopo la maturità classica ha coltivato la passione per le scienze umane laureandosi in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli. Senza mai abbandonare il sogno della recitazione per cui ha collaborato con le più importanti produzioni cinematografiche italiane tra cui Lux Vide, Lotus e Italian International Film.
Si occupa di attualità e degli approfondimenti culturali e sociali di MAG Life, con incursioni video. Parla fluentemente inglese e spagnolo; la scrittura è la sua forma di attivismo sociale. Il suo mito? Oriana Fallaci.

Pulsante per tornare all'inizio