Novak Djokovic è stato accusato di aver infranto ripetutamente le regole anti-Covid da quando è arrivato in Australia. Il suo caso ha scatenato una vera e propria battaglia che si sta combattendo sia in aula di tribunale che sui media. Il campione, infatti, è in attesa del verdetto delle autorità australiane sull’ancora possibile espulsione. Con l’ultimo post – che racchiude un comunicato stampa – diffuso attraverso i sui social, il campionissimo serbo ha ammesso di aver infranto la regola dell’isolamento quando era positivo e di aver, dunque, dichiarato il falso nei documenti di viaggio.
Il post che spiega la verità di Djokovic
In un recentissimo post su Instagram, la star del tennis ha confessato di aver incontrato un giornalista due giorni dopo essere risultato positivo. Sui social Djokovic ha dichiarato: “Voglio sottolineare che ho lavorato molto duramente per garantire la sicurezza di tutti e il mio rispetto degli obblighi di test. Ho assistito a una partita di basket a Belgrado il 14 dicembre. Dopo di che è stato riferito che un certo numero di persone è risultato positivo al Covid-19. Nonostante non avessi sintomi di Covid, il 16 dicembre ho fatto un test antigenico rapido che è risultato negativo e, per ulteriore cautela, lo stesso giorno ho anche fatto un test PCR ufficiale e approvato“.
Con l’intento di fare chiarezza, il campione ha continuato a descrivere nei dettagli l’accaduto all’interno del lunghissimo post. “Il giorno dopo ho partecipato a un evento di tennis a Belgrado per consegnare premi ai bambini e ho fatto un test antigenico rapido prima di andare all’evento, è risultato negativo – ha continuato – Ero asintomatico e mi sentivo bene e non avevo ricevuto la notifica di un test PCR positivo fino a dopo quell’evento“.
A quel punto, però, secondo la sua versione, sarebbe arrivato l’esito del tampone e avrebbe annullato di conseguenza tutti gli impegni in agenda. Tutti, tranne uno: quello preso con il giornalista della rivista L’Equipe. Ammettendo, dunque, di aver infranto le regole della quarantena, ha dichiarato: “Mi sono sentito obbligato ad andare avanti e condurre l’intervista a L’Equipe perché non volevo deludere il giornalista. Mi sono assicurato di prendere le distanze socialmente e di indossare una maschera tranne quando veniva scattata la mia fotografia“.
L’indagine sulla dichiarazione falsa del modulo di viaggio. Cosa rischia?
Se una prima sentenza del tribunale ha permesso a Djokovic di permanere sul suolo australiano, la sua situazione non è ancora chiara. Il campione potrebbe ancora veder sfumare l’opportunità di giocare agli Open in Australia. L’Australian Border Force, infatti, ha avviato un’indagine sui moduli di viaggio compilati dal campione.
Nell’autocertificazione, infatti, ha spuntato una casella affermando di non aver viaggiato in nessun altro paese nei 14 giorni prima della sua partenza per gli Australian Open di Melbourne. È atterrato a Oz alla fine del 5 gennaio, ma i post sui social mostrano che aveva trascorso del tempo in Spagna. Affrontando la questione ha commentato attribuendo il tutto a un “errore umano” del suo staff.
E mentre nelle prossime ore dovrebbe arrivare il verdetto del ministro degli Interni australiano, il ‘caso Djokovic‘ si infittisce: rischia la condanna per le false dichiarazioni che prevedono fino a 5 anni di reclusione. Senza contare poi che se è difficile che sconti la pena detentiva, discorso a parte sono i “rischi sportivi”. La Atp aveva stabilito nel caso in cui “un giocatore venisse scoperto a falsificare il risultato di un tampone” fosse “prevista una squalifica di tre anni“. Intanto se ne parla in ogni angolo del mondo. Come rilevato da un’indagine dell’Ansa in collaborazione con DataMediaHub, si parla di oltre 2,8 milioni di citazioni online a livello globale da parte di oltre 262mila autori unici, i cui contenuti hanno coinvolto oltre 22,6 milioni di utenti.
LEGGI ANCHE: Caso Djokovic, Visto rilasciato dal giudice per entrare in Australia. Ora si attende la risposta di Canberra