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Twitter anti fake: bollino rosso alle news “fuorvianti” sul Covid

D'ora in avanti i tweet ingannevoli perderanno visibilità e replicabilità

Twitter contro le fake news in materia sanitaria. Il social guidato da neo amministratore delegato Parag Agrawal, dopo le recenti dimissioni del fondatore Jack Dorsey, ha deciso, infatti, di provare a limitare le informazioni false sul Covid-19. Arriva l’etichetta fuorviante che contraddistingue, spiega la società, “i contenuti che sono indiscutibilmente falsi o ingannevoli“. I quali “possono comportare un rischio significativo di danni come una maggiore esposizione al virus o effetti negativi sui sistemi di salute pubblica“.

Twitter e le informazioni da ‘maneggiare’

Nella categoria delle informazioni da saper ‘maneggiare’, che possono provocare effetti decisivi su coloro che si informano sul Covid, Twitter fa rientrare i post ingannevoli sulla natura del virus. Ma non soltanto. Perché in quest’ambito ci sono anche quelli relativi all’efficacia o alla sicurezza di misure preventive, terapie o altre precauzioni volte a mitigare o curare la malattia. E poi i regolamenti ufficiali; le restrizioni o esenzioni relative alle avvertenze sanitarie. O alla diffusione del virus o al rischio di infezione o decesso associato al Covid.

Stop ai ‘mi piace’ e al retweet

A seconda delle circostanze, Twitter potrà anche aggiungere all’etichetta un link con una spiegazione che rimanda alle istituzioni e alle spiegazioni scientifiche. Qualora gli algoritmi della piattaforma identificassero un tweet verrà come fuorviante, scatterà un messaggio di avvertimento; la visibilità del tweet incriminato si ridurrà, i mi piace e i retweet saranno bloccati per non renderlo virale. In caso di reiterazione del comportamento da parte di un profilo e dell’accumulo di più avvisi da parte di Twitter, scatteranno sospensioni più o meno prolungate dell’account da cui le informazioni provengono.

Twitter Agrawal Dorsey
Il Ceo di Twitter, Parag Agrawal (sin.) con Jack Dorsey. Foto Twitter @paraga

Twitter nell’epoca della post verità

I social media storici, da Twitter a Facebook e a YouTube, stanno ormai cambiando progressivamente il proprio status giuridico e operativo. Di pari passo con la loro accresciuta importanza nel definire la vita delle persone, non rivendicano più una presunta neutralità di piattaforma tecnologica che ospita contenuti di ogni genere su cui non hanno responsabilità. È almeno dal 2016 – l’anno dell’esplosione del fenomeno fake news in politica con il referendum per la Brexit nel Regno Unito e l’elezione di Trump negli Usa – che è apparsa l’epoca della post-thruth, dove non conta più la verità ma il verosimile.

Responsabilità sui contenuti pubblicati

Ossia un messaggio che potrebbe essere vero ma che in realtà è falso, e che diventa virale. Richiamati dalle polemiche, come da sempre più frequenti cause giudiziarie, ai loro doveri sociali che oggettivamente li investono, i social media stanno diventando, volenti o no, editori con responsabilità sui contenuti che ospitano. E l’ultima scelta di Twitter sui post a tema Covid lo dimostra. Anzi, non aggiornarsi in questa direzione potrebbe diventare un boomerang per le big tech. Basti pensare al ruolo che il metaverso e la realtà aumentata avranno sulla vita delle persone in un futuro molto vicino. O all’impiego via via più diffuso in ogni campo dei bot e dell’Intelligenza Artificiale.

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Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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