Quirinale, ultimatum PD a Salvini: “Se andate da soli salta tutto”
Fumata nera anche al terzo scrutinio. Da domani elezione a maggioranza assoluta e non qualificata
Fumata nera anche al terzo scrutinio per il Quirinale, come da previsione. Da domani 27 gennaio, al quarto scrutinio, basterà la maggioranza assoluta di 505 grandi elettori – e non più quella qualificata di 673 – per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Quirinale, un voto ‘barocco’
Sarà una giornata importante, ma non è detto che sia quella decisiva. L’elezione del Capo dello Stato è un procedimento barocco, se si vuole, nel quale occorre saper leggere i segnali che, di volta in volta, l’Aula invia ai leader delle forze politiche che tessono la tela delle trattative. Solitamente il Presidente risulta essere il candidato che progressivamente cresce di più nei consensi, a partire da un certo punto in avanti. Come negli scacchi, i pezzi pregiati avanzano solo dopo che pedoni, alfieri e cavalli sono persi nella battaglia.
Crosetto, boom di voti
Ecco perché è significativo, nell’ambito del terzo scrutinio senza esito, il calo delle schede bianche a 412. I grandi elettori cominciano a schierarsi. Anche al di là degli ordini di scuderia dei partiti. Lo dimostra il boom di preferenze per Guido Crosetto: 114, quindi quasi il doppio dei grandi elettori di Fratelli d’Italia. Un successo a metà per Giorgia Meloni che, spezzando l’unità del Centrodestra, ha smosso le acque ma ora rischia di incrinare l’alleanza. Quarto è il giurista Maddalena, votato da Alternativa c’è e dagli ex M5S, e che questa volta raggiunge i 61 voti. Pier Ferdinando Casini ottiene 52 preferenze. I presenti e votanti in tutto sono stati 978, le schede nulle 22 e 84 i voti dispersi.
Mattarella, 120 voti a prescindere
Ma il punto vero è che il presidente uscente, Sergio Mattarella – che notoriamente non vuole restare al Colle – ha ottenuto oltre 120 voti. Perché votare ogni giorno di più uno statista che non è disponibile alla riconferma al Quirinale? Per contrapporlo a Mario Draghi e per fare pressione su chi di dovere affinché tratti col giurista col giurista di Palermo persuadendolo a cambiare idea. Sono, queste, due possibili spiegazioni.
Letta gela Salvini e ‘brucia’ Casellati
Contatti sarebbero in corso tra i vertici del PD e il leader della Lega, Matteo Salvini. Il tentativo dei dem, che lavorano per un vertice della maggioranza di Governo, è di convincere il leader leghista a non procedere domani al voto a maggioranza su un candidato di Centrodestra, come la Presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Bensì a trovare la famigerata intesa su un nome condiviso da tutti coloro che sostengono il Governo di unità nazionale presieduto da Draghi. Altrimenti salta la maggioranza e si corre il rischio di elezioni anticipate e di forte instabilità. Durissimo il tweet di Enrico Letta contro il ‘metodo’ Salvini. “Proporre la candidatura della seconda carica dello Stato, insieme all’opposizione, contro i propri alleati di governo sarebbe un’operazione mai vista nella storia del #Quirinale. Assurda e incomprensibile. Rappresenterebbe, in sintesi, il modo più diretto per far saltare tutto.”
Conte vuole Draghi a Chigi
Senza mezzi termini anche l’ex ministro Francesco Boccia (PD) a Radio Immagina. “O Salvini dice con chiarezza che la maggioranza è il suo punto di riferimento oppure, se va allo scontro, va a segnare la fine della legislatura.” “Il Movimento dice sì a Draghi – fa sapere invece Giuseppe Conte – lo ha detto un anno fa e lo rafforza ora perché l’Italia è ancora in ginocchio e ora è il momento più duro. Diciamo si a Draghi e alla visione di cui lo abbiamo investito e siamo disponibili a rilanciare e supportare azioni di governo per un patto con i cittadini sottoscritto tutti insieme“.
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