Si celebra il 6 febbraio la ricorrenza nota come Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili; iniziativa che, nel suo nome per esteso, ricorda l’esigenza di esprimere una completa intolleranza verso una pratica che distrugge, migliaia di bambine e giovani donne, nel corpo e nell’anima. La ricorrenza, infatti, ha come nome originario: Giornata della Tolleranza Zero per le Mutilazioni Genitali Femminili.

“Non sapevo cosa stesse succedendo. Non potevo parlare, guardavo mentre lo facevano a mia sorella. Presto sarebbe stato il mio turno, non potevo permettere che mi strappassero il corpo“. Questo verso straziante apre la poesia FGM una pratica selvaggia; a scriverlo alcune ragazze della scuola elementare di Sintakara, in Kenya. Lì, associazioni come WeWorld si battono, ogni giorno, affinché questa pratica aberrante trovi una conclusione definitiva.

Diritti umani negati

La mutilazione genitale femminile è una pratica oggi, sebben in gran parte del mondo vietata, diffusa in Africa e del Medio Oriente; ma è comune anche in alcuni paesi dell’Asia e dell’America Latina, e si trova anche nelle popolazioni immigrate che vivono in Europa occidentale, Nord dell’America, Australia e Nuova Zelanda. Scrive Alice for Children: “Ogni anno più di 3 milioni di bambine africane sono costrette a subire una delle diverse forme di mutilazione genitale“.

Come riporta WeWorld, in Kenya, nonostante la pratica delle mutilazioni genitali femminili sia vietata dal 2011, il 21% delle donne, con età compresa tra i 15 e i 49, ha subito la mutilazione. Una pratica che s’innesca in un sistema patriarcale dove la donna è un ‘oggetto‘ in funzione dell’uomo; il suo unico ruolo è, quando la mutilazione glielo consente, di procreare. Una donna mutilata è una donna considerata pura, pronta al matrimonio, che non deve provare piaceri sessuali, ma che deve vedere in quell’atto solo un gesto per generare prole; una donna mutilata è privata del suo corpo e nessuno le chiede se questo sia il suo desiderio.

Gli orrori delle mutilazioni genitali femminili

Con mutilazione genitale femminile (o FGM, female genital mutilation) s’intendono tutte le pratiche in cui subentra l’alterazione o il danneggiamento dei genitali femminili per ragioni che non sono mediche; tra le procedure più note e diffuse l’infibulazione. Oggi, ogni forma di mutilazione genitale femminile è riconosciuta, a livello internazionale, come una delle forme più alte di violazione di diritti umani e si inserisce, insieme alla pratica dei matrimoni precoci, nella lotta alla discriminazione di genere e alla violenza contro le donne. Impossibile, non considerare, ogni forma di mutilazione una violazione dei diritti alla salute, alla sicurezza e all’integrità; una violazione al diritto di non subire torture; una violazione al diritto di poter decidere della propria vita, del proprio corpo e della propria anima.

In molti paesi la pratica è effettuata da ‘mammane’; donne che con strumenti precari e in totale assenza di igiene hanno il diritto di privare bambine (spesso piccolissime, ma in grado sempre di ricordare il trauma subito) di una parte del loro corpo. Una pratica che ha conseguenze sull’anima per sempre e sul corpo; la mutilazione genitale, infatti, può generare infezioni, sanguinamenti, rischi durante il parto e in alcuni casi alla conseguenza più grave: la morte. Come scrive Vita, le “FGM contribuiscono alla morte di 510 madri ogni 100.000 nascite“.

Io resterò una donna completa

Ma questo orrore non ci guarda da lontano; secondo i dati raccolti dall’Università Bicocca di Milano nel nostro Paese sarebbero 87.600, di cui 7.600 minorenni, le donne portatrici di mutilazioni genitali femminili. Ad essere vittime di questa pratica, ad oggi, sono soprattutto donne nigeriane, etiopi ed egiziane, ma non sono le sole. In Italia esistono delle leggi contro questa pratica, come la legge sulle mutilazioni genitali femminili (l. 7/2006) e quella contro i matrimoni precoci e forzati (l. 69/2019). Ma è necessario fare di più.

È indispensabile, infatti, che più attori sociali vengano coinvolti nella lotta contro questo orrore. ActionAid, da sempre immersa nella lotta per i diritti umani, ha lanciato un modello d’azione operativo nel corso della conferenza Join Our Chain! Tutti devono dare il loro contributo, dalla scuola ai servizi sociali, dalla sanità alle comunità di migranti; nessuno è escluso dalla lotta per i diritti umani. Perché ci siano sempre più casi come quello di Purity, attivista insieme a WeWorld che ha raccontato: “Non sono stata sottoposta alle mutilazioni genitali femminili perché mio padre, dopo aver frequentato un corso di sensibilizzazione, ha compreso i rischi che correvo e si è opposto“. E perché ogni donna possa recitare in uno coro unanime gli ultimi versi della poesia di FGM una pratica selvaggia; “Sono fuggita come una gazzella inseguita da un leone. So che sperano ancora di prendermi, ma no, no, non io, io resterò una donna completa“.

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