Dopo che la condanna per stupro è diventata definitiva, la Procura di Milano vuole arrestare il calciatore Robinho, ex attaccante del Milan e della Nazionale brasiliana. Non può farlo perché Robinho si trova in Brasile. Per questo i procuratori del capoluogo lombardo hanno inoltrato al ministero della Giustizia la richiesta di estradizione e il mandato d’arresto internazionale a carico dell’atleta.
Robinho, estradizione impossibile
La condanna riguarda Robinho e un suo amico, con sentenza passata in giudicato. Deve scontare 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo su una giovane di 23anni. La ragazza subì violenza in un locale milanese la notte del 22 gennaio 2013. A firmare gli atti per il mandato d’arresto e la richiesta di estradizione è stata PM Adriana Blasco. Appare tuttavia scontato che le autorità brasiliane non consegneranno i due condannati all’Italia. La Costituzione brasiliana non consente l’estradizione all’estero dei propri cittadini.
La difesa: “Robinho si dice innocente“
Nel caso in cui l’ex fantasista rossonero decidesse di espatriare dal Brasile rischierebbe, però, di finire in arresto. È dei giorni scorsi l’iscrizione nel fascicolo dell’ordine di esecuzione della pena. A carico dell’ex giocatore, Robson de Souza Santos, detto Robinho, 38 anni e quattro stagioni in rossonero tra il 2010 e il 2014, e dell’amico, Ricardo Falco. Robinho “ha sempre ribadito la sua innocenza” ha detto all’Ansa l’avvocato Franco Moretti, legale in Italia dell’ex attaccante. Il legale sta aspettando “le motivazioni della sentenza della Cassazione per capire le ragioni della condanna“.
Mai trovati gli altri del branco
Per Robinho la Suprema Corte aveva confermato i 9 anni di carcere (decisi dalla Corte d’appello milanese il 10 dicembre 2020), così come per Ricardo Falco, in base all’accusa di violenza sessuale di gruppo. Per l’ex attaccante milanista e per l’amico le autorità giudiziarie non avevano emesso misure cautelari nel corso delle indagini. Mentre gli altri uomini che avrebbero preso parte alle violenze non li si è mai individuati. Per questa vicenda il Santos, squadra in cui il calciatore era tornato a giocare dopo le esperienze col Manchester City e in Turchia, aveva deciso di sospendere il contratto di Robinho.
“Vittima brutalmente umiliata”
Il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, nel processo d’appello aveva chiesto la conferma delle due condanne. In quell’occasione aveva smontato le quattro consulenze tecniche prodotte dalla difesa di Robinho. Attraverso una foto tratta dai social, i legali del giocatore puntavano a dimostrare che la ragazza era solita bere alcolici. Nelle motivazioni della sentenza d’appello i giudici hanno scritto che l’ex talento rossonero e i suoi “complici” – altri quattro gli irreperibili – hanno manifestato “particolare disprezzo” nei confronti “della vittima che è stata brutalmente umiliata” e hanno “da subito cercato di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata“.
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