In occasione dell’Angelus di domenica 20 febbraio, Papa Francesco accende una profonda riflessione sul senso del “Porgere l’altra guancia“. Aspetto che, come chiarisce il Santo Padre, non rappresenta il doversi fare vittime passive accettando il dolore inflitto senza protestare; ma come Gesù che, durante la Passione chiede al soldato perché lo schiaffeggia, chiedere sempre conto del male ricevuto.

La riflessione che precede la preghiera dell’Angelus

La riflessione di Papa Francesco che precede l’Angelus odierno scaturisce sempre dall’approfondimento del Vangelo. Nella Liturgia di oggi, il Signore parla con i suoi discepoli, fornendo loro delle indicazioni fondamentali su ciò che riguarda gli aspetti più dolorosi e difficili della vita di ciascuno; “Quelli – come spiega il Pontefice – che costituiscono per noi il banco di prova“, che pongono ogni persona davanti ai propri nemici, a chi è ostile e a chi cerca sempre di fare del male. In questi casi, Gesù indica ai suoi discepoli di: “Non cedere all’istinto e all’odio“, ma di riuscire a superare, andando oltre; “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano” e in maniera ancora più concreta il Signore dice: “A chi ti percuote la guancia, offri l’altra“.

Come sottolinea il Santo Padre, sentire questo insegnamento di Gesù può stupire; è come se il Signore chiedesse l’impossibile: amare i propri nemici. Ma ciò che il Signore chiede non è di rimanere inermi di fronte ai soprusi, lasciando che i potenti abbiano la meglio e che trionfi l’ingiustizia; al contrario, nel gesto di porre l’altra guancia Gesù restituisce un senso di giustizia. E per spiegare questo senso, Papa Francesco ricorda come il Signore, durante Passione, quando viene schiaffeggiato dal soldato dice: “Se ho parlato male dimostrami dov’è il male, ma se ho parlato bene perché mi percuoti?“; Gesù chiede conto del male ricevuto.

Disinnescare il rancore

Porgere l’altra guancia – come sottolinea Papa Francesco – non significa subire in silenzio e cedere all’ingiustizia; Gesù con la sua domanda (al soldato) denuncia ciò che è ingiusto, però lo fa senza ira e senza violenza“. Un esempio grande quello del Signore che di fronte all’ingiustizia più grande, quella di essere condannato a morte senza avere alcuna colpa, non si ribella in maniera aggressiva e minacciosa, ma usa la gentilezza; il Signore, come spiega il Santo Padre: “Non vuole innescare una discussione, ma vuole disinnescare il rancore“. Recuperare l’ingiustizia cercando di aiutare quel fratello colpevole; quella persona che provoca dolore.

Il Pontefice afferma quanto questo possa essere difficile; amare i propri nemici, coloro hanno inflitto pene e sofferenze, non è un gesto facile per nessuno. “Ma Gesù lo ha fatto e chiede anche a noi di farlo; questo è porgere l’altra guancia“. Il senso di tutto questo però, non è accettare il male senza porre rimedio alle condizioni di dolore, ma affrontarle con una prospettiva diversa, quasi paradossale (come potrebbe pensare qualcuno), ma che sia in grado di fare emergere la giustizia. “Porgere l’altra guancia non è il ripiego del perdente, ma l’azione di chi ha una forza interiore più grande. Porgere l’altra guancia è vincere il male con il bene“.

Amare i nemici

Porgere l’altra guancia è, in questo senso, smascherare l’assurdità dell’odio del nemico; un gesto che, senza dubbio, non può essere dettato dal calcolo, ma dall’amore. E questo gesto d’amore così grande, di difficile comprensione per tanti, arriva, come spiega il Papa, da Gesù: colui che per primo ha amato gratuitamente. Il Signore rifiuta ogni vendetta e così desirerebbe fosse per ciascuno dei suoi discepoli; “Noi siamo abituati alla vendetta – confessa Papa Francesco – a custodire il rancore, che fa male, distrugge la persona“.

Ed è da questo che scaturisce il secondo insegnamento di Gesù che il Pontefice evidenzia nell’Angelus odierno: amare i propri nemici. Il Santo Padre rivela: “Se dipendesse solo da noi, sarebbe impossibile; ma ricordiamoci che quando il Signore chiede qualcosa vuole donarla“. Quando il Signore chiede di amare i nemici vuole donare la capacità di farlo; Dio vuole donare la forza d’amare. “E con lo Spirito di Gesù possiamo rispondere al male con il bene, possiamo amare chi ci fa del male. Così fanno i Cristiani“. È comune aver subito il male da parte di qualcuno ed è con questa consapevolezza che Papa Francesco chiede di eliminare il rancore e seguire la “mitezza” di Gesù durante il processo; di porgere l’altra guancia, ma sempre perseguendo la giustizia. “Pregare per chi ci ha fatto male, è la prima cosa per trasformare il male in bene“.

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