Le sanzioni per l’invasione russa dell’Ucraina – condannata ieri anche dall’Assemblea generale dell’ONU – continua a produrre effetti sullo sport.  Dopo l’esclusione della Nazionale russa e delle squadre di club dalle coppe europee arriva la conferma di una voce che era nell’aria nel mondo del calcio e che riguarda il Chelsea e il suo ricco proprietario: Roman Abramovich.

Un passo indietro, prima della partita vinta in FA Cup ieri sera, ha sancito la fine dell’avventura dell’oligarca russo più famoso del calcio e non solo inglese: Roman Abramovich. Un freddo comunicato del pomeriggio pre match ha sancito la messa in vendita del suo Chelsea. Subito dopo i Blues, in una sorta di omaggio-saluto hanno vinto 3-2 non senza fatica sul campo del Luton Town.

Il Luton si è, infatti, ritrovato in vantaggio per due volte, ma i campioni d’Europa e del mondo sono riusciti a ribaltare il match grazie alle reti di Werner e Lukaku. Nel giorno in cui ha annunciato la vendita 19 anni dopo averlo rilevato e portato ai vertici del calcio di club mondiale.

Le sanzioni costringono Abramovich a mollare il suo Chelsea

Ha sempre detto che il Chelsea, lui che di soldi ‘ne capisce’, non è mai stata una questione finanziaria e lo si compreso platealmente ieri da due gesti. Il primo arrivato con l’annuncio della vendita in cui chiariva che “tutti gli utili ” saranno “interamente devoluti ad una fondazione di cui beneficeranno le vittime della guerra in Ucraina“. Il secondo la richiesta di essere ancora una volta allo Stanford Bridge (lo stadio della squadra, n.d.r.) un’ultima volta. Come scritto nel comunicato diffuso sul sito del club: “Spero di poter visitare per l’ultima volta Stamford Bridge per salutare tutti di persona, il Chelsea e i suoi tifosi saranno sempre nel mio cuore“.

 

Stanford Bridges – Stadio del Chelsea

Le ragioni le ha spiegate sempre nella nota stampa apparsa sul sito ufficiale del club: la vendita come azione “nel miglior interesse del club. Una lunga dichiarazione, quasi una lettera d’amore calcistico e infatti il comunicato è firmato semplicemente Roman. “Vorrei affrontare le speculazioni degli ultimi giorni sui media, in relazione alla mia proprietà del Chelsea” attacca e ribadisce come ha sempre fatto quanto le sue decisioni abbiano considerato “il migliore interesse della società, dei tifosi, dei dipendenti, nonché degli sponsor e dei partner del Club“. Non parliamo di una cessione “velocissima, ma seguirà il giusto processo. Non chiederò alcun prestito da rimborsare. Per me non si tratta mai di affari né di soldi, ma di pura passione per il calcio e per il club“.

Il ruolo e il peso di Abramovich

Considerato uno degli oligarchi più vicini al presidente russo Vladimir Putin ha visto il suo nome tra i possibili mediatori nel negoziato sulla guerra in corso per le sue origini ebraiche, come il presidente ucraino Zelensky. Una vicinanza testimoniata anche dall’indicazione di creare appunto quella “fondazione di beneficenza in cui verranno donati tutti i proventi netti della vendita. La fondazione sarà a beneficio di tutte le vittime della guerra in Ucraina. Ciò include la fornitura di fondi essenziali per i bisogni urgenti e immediati delle vittime, nonché il sostegno al lavoro di recupero a lungo termine“.

Ad essere precisi Roman Abramovich non è stato ancora colpito dalle sanzioni che il governo britannico ha imposto ad altri magnati ritenuti vicini a Putin. Come noto il Regno Unito è forse il paese in cui aleggia maggiormente il sentimento antirusso, ma anche quello in cui, dopo i paradisi fiscali, gli oligarchi sono maggiormente presenti e da maggior tempo. Dopo le conseguenze sulla Nazionale russa – esclusa dai Mondiali in Qatar 2022 – e delle squadre di club fuori dalle coppe europee, ieri altre due conseguenze sportive in rapida successione. In primis l’esclusione della Russia dalla Davis (da campione in carica, n.d.r.) e dalla Billie Jean King Cup (i due tornei a squadre per nazioni nel tennis maschile e femminile); poi quella di Abramovich, come ha spiegato “incredibilmente difficile da prendere e che mi addolora”.

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