Anna Magnani è stata non solo l’attrice-volto del dopoguerra italiano, ma anche simbolo del cinema italiano all’estero. Quel cinema di qualità, di anima e di voglia di ripartenza dopo il secondo conflitto, che in Nannarella ha avuto il suo maggiore esempio.

Esiste una differenza sostanziale all’interno del mondo del cinema, attraverso cui si possono le star dagli artisti. Le prime raggiungono il pubblico più per vicissitudini spesso slegate alla propria professione, ma più vicine allo status quo; i secondi, invece, per il merito delle loro performance attoriali da manuale. C’è poi un ristrettissimo gruppo di eletti nel quale, invece, questa scissione non è presente: sono le vere icone. Lì, appunto, si posiziona Anna Magnani. Dotata di un’inarrivabile carica umana, mista a un temperamento sanguigno e a un’ironia unica. Nannarella è ancora oggi uno dei pilastri del cinema.

Mi dica un po’ lei, è qui che si impara a recità?

Nata il 7 marzo 1908 da una ragazza madre, Marina Magnani, crebbe con la nonna materna. Desiderosa di scoprire l’identità del padre, scoprì che si trattava di un calabrese il cui cognome era Del Duce. Ciò la spinse ad interrompere le ricerche perché “mica volevo passa’ pe’ la figlia del Duce!” – come ha ironicamente affermato in seguito. Il suo viaggio nel mondo dell’arte iniziò fin dalla prima infanzia, ma verso una direzione diversa rispetto a quella che avrebbe intrapreso in futuro. Anna Magnani, infatti, imparò a suonare il pianoforte da bambina, iscrivendosi al Conservatorio dell’Accademia di Santa Cecilia. Ben presto, la musica lasciò spazio a quella che si scoprì sua vera vocazione, la recitazione, che la condusse in una mattina del 1927 davanti a quella che più avanti sarebbe diventata l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico (all’epoca Scuola Eleonora Duse).

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Qui, come ha raccontato l’attore Paolo Stoppa, rievocando l’arrivo di Anna Magnani: “Al portone di quella chiesa sconsacrata, diventata un teatrino per l’accademia, si presentò una con delle gambe storte, magra e fa: ‘Mi dica un po’ lei, è qui che si impara a recità?‘.” Ben presto un talento come il suo iniziò a farsi notare, arrivando anche a Dario Niccodemi, che le propose di entrare nella sua compagnia Vergara-Cimara. Ebbe così inizio, per l’artista, la sua carriera teatrale, seppur in ruoli secondari. Ma la personalità esplosiva e il carattere sanguigno di Anna Magnani, insieme alla diffusione capillare del cinema sul suolo italiano, portarono alla nascita di un nuovo genere di intrattenimento: l’avanspettacolo. Ed è qui che, in veste di attrice comica, nacque Nannarella, che ben presto compì il passo decisivo, approdando al cinema.

Da Roma città aperta al Premio Oscar

Era il 1934 quando ottenne la prima prima parte importante sul grande schermo, ovvero La cieca di Sorrento, di Nunzio Malasomma. Anche al cinema, Anna Magnani portò con sé la sua verve da caratterista, facendo della sua immagine della romana popolare la sua cifra stilistica. A partire dagli Anni Quaranta, i ruoli iniziarono a crescere, sia quantitativamente che qualitativamente: nel 1943 recitò al fianco di Aldo Fabrizi in Campo de’ Fiori e, nelle stesso periodo, avvenne l’incontro con Totò. Pur al fianco di nomi maschili affermati, Nannarella riuscì a non farsi mai “inglobare”, rimanendo sempre al loro passo grazie al suo temperamento sanguigno.

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Tuttavia, l’occupazione tedesca portò un cambiamento radicale anche nelle tematiche affrontate sul grande schermo. Il conflitto, infatti, si estese a macchia d’olio in ogni anfratto della società, arrivando ad impadronirsi anche del cinema, che da mezzo di evasione divenne strumento di informazione. A Roma – come in altre città – mancavano i beni di prima necessità. Roberto Rossellini e Sergio Amidei avvertirono perciò l’esigenza di raccontare quanto stesse succedendo all’epoca, servendosi nel non plus ultra della romanità, ovvero Anna Magnani. E fu così che nacque il film-manifesto del neorealismo, Roma città aperta. Fu un film sofferto, per stessa ammissione dell’interprete, che confesserà più avanti: “Non posso più vederlo. Non piango, ma quando lo vedo sto male.” Se l’accoglienza in Italia fu alquanto tiepida, la pellicola ebbe grande successo all’estero, ottenendo la Palma d’Oro al Festival di Cannes.

Fu così, inoltre, che avvenne la nascita del mito-Magnani. Nannarella iniziò a lavorare con alcuni tra i più famosi e apprezzati registi, sia italiani che internazionali. Nel 1951 collaborò, ad esempio, con Luchino Visconti per Bellissima e, nel 1954, ci fu la chiamata da Hollywood. Sceneggiato appositamente da Tennessee Williams per lei, Anna Magnani recitò nel ruolo principale in La rosa tatuata. Il 21 marzo 1956, grazie a questa performance, l’interprete romana divenne la prima italiana a vincere un Premio Oscar come Miglior Attrice Protagonista. Per il ruolo di Serafina delle Rose, ottenne anche il BAFTA e il Golden Globe.

I rapporti tesi con Pier Paolo Pasolini e l’inizio del declino

Era chiaro, dunque, che il suo nome fosse ormai l’epicentro del cinema italiano. Tutti la volevano, tutti desideravano lavorare con Anna Magnani. Ben presto, però, ci si rese conto come il suo nome cominciasse a diventare fin troppo grande, a tratti scomodo, soprattutto per via della sua personalità, talvolta – anzi, spesso  ingestibile. A tal proposito, infatti, non erano così segreti i dissapori che Nannarella ebbe con Pier Paolo Pasolini, durante la lavorazione di Mamma Roma. La pellicola fu per la stessa Magnani una delusione, per via di quella mancata collaborazione con il regista, tanto auspicata. Il tutto fu causato dal timore di Pasolini di non riuscirsi ad imporre sull’artista romana.

Nel frattempo, iniziò anche a diminuire il numero di proposte da parte degli autori italiani e, a chi le domandava, da cosa dipendesse, Anna Magnani rispose: “Perché quelli che mi offrono non mi piacciono per niente e siccome ne ho già fatti troppi di brutti film negli ultimi anni non ne voglio fare più.” Tornò dunque in teatro, grazie a Franco Zeffirelli, per poi cimentarsi brevemente in tv, al fianco di Marcello Mastroianni in …Correva l’anno di grazia 1870. La sua ultima apparizione sul grande schermo risale alla pellicola Roma di Federico Fellini, nel 1972. Voltandosi prima di entrare nel portone della propria abitazione, rivolgendosi al regista: “A Federì va a dormì, va! Buonanotte.” Con queste parole, Anna Magnani si congedò per sempre dal cinema, spegnendosi il 26 settembre 1973.

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