Che sia cinta dall’iconico tubino bianco di Basic Istinct, dalla pelliccia di Casinò o dai tailleur che negli ultimi anni hanno sempre più preso piede nella sua routine, Sharon Stone è ancora la quintessenza della femminilità. Quella sofisticata ma ribelle, sfrontata ma algida: anche e – forse – soprattutto oggi a 64 anni.
Basta anche un solo ruolo per entrare nell’Olimpo delle Star. Capita quando, di fronte a uno specifico personaggio, non si riuscirebbe a immaginare nessun altro interprete se non quello che ne ha indossato i panni. Ed è questo il caso di Catherine Trammell in Basic Instinct. Nessuna, all’infuori di Sharon Stone, avrebbe potuto regalarci l’affascinante, provocatoria e sfacciata signorina Trammell che a 30 anni dall’uscita in sala continua a farci sognare. Eppure, oltre quel tubino bianco che, per stessa ammissione della star hollywoodiana, “è sigillato ermeticamente come un’opera d’arte” nel suo armadio, c’è molto altro.
Sharon Stone, il successo con Basic Instinct
Di recente l’abbiamo vista alla Milano Fashion Week, lo scorso settembre ha ricevuto il Golden Icon Award al Festival di Zurigo e a luglio è stata tra le protagoniste del 74° Festival di Cannes. Insomma, ovunque vada, Sharon Stone fa notizia ed è impossibile non notarla. Già prima di esordire, quando squattrinata andava in giro per le strade di Los Angeles con i pattini, l’interprete statunitense attirava gli sguardi su di sé. Proprio così, infatti, Woody Allen si accorse di lei, prendendola come comparsa in Stardust Memories. Inizialmente l’impegno le avrebbe richiesto due giorni, ma, come ha svelato Stone stessa in una recente intervista a Donna Moderna: “Mentre ero seduta per terra a leggere, Woody si avvicinò e mi chiese la trama del libro. Dopo quella chiacchierata mi offrì di restare per 2 settimane.”
Dopo quel primo approccio, l’interprete ha preso parte a progetti più o meno riusciti come Benedizione mortale (1981), Action Jackson e Nico (entrambi 1988), ma il successo definitivo arrivò nel 1992 con lo “scandaloso” Basic Instinct. Diretta per la seconda volta da Paul Verhoeven, con cui aveva già lavorato due anni prima in Atto di forza, Sharon Stone divenne un’icona del grande schermo, ammirata dagli uomini e temuta dalle donne. Se la critica ha riservato una gelida accoglienza al lungometraggio, il pubblico si lasciò stregare dallo sguardo di ghiaccio e l’intraprendenza di Sharon Stone.
La diva senza compromessi
Ma per lei, era ancora tutto in ballo. Serviva qualcosa che, oltre al suo innegabile fascino, le desse modo di mostrare altro. Quel “qualcosa” arrivò poco dopo, quando Martin Scorsese la prese come Ginger McKenna in Casinò, che nel 1996 le fruttò la sua unica nomination al Premio Oscar, come Miglior Attrice Protagonista. “Alla maestra di scuola dicevo che avrei toccato l’apice della carriera se avessi diviso il set con Robert DeNiro. Con Casinò di Martin Scorsese è successo.” – ha confessato di recente, chiosando infine – “In quel momento ho capito di avercela fatta, avevo raggiunto i miei obiettivi, ma subito dopo mi sono trovata disorientata: “Cosa faccio adesso?”
Sharon Stone iniziò infatti anche a farsi conoscere in tutte le sue sfaccettature. Dietro quel viso angelico, infatti, si nascondeva un animo forte, dalla risposta pronta. Forse “troppo” pronta, così come il suo modo di replicare era fin “troppo” diretto, tanto da cominciare a stare stretto anche a Hollywood. “Non ho sentito nulla per molto, molto tempo.” – ha svelato Sharon Stone, che ora ha dimostrato di essere riuscita a riprendere in mano la propria vita, liberandosi del proprio manager – “Da quando non ho più un manager ricevo dieci progetti a settimana, mi scrivono tutti su Instagram e io leggo e rispondo a mio piacimento.” Ad oggi, allo scoccare dei 64 anni, Sharon Stone ci insegna, dunque, che non è mai troppo tardi per ricominciare.
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