La Russia accusa gli Stati Uniti e i Biden circa presunti laboratori per lo sviluppo di armi biologiche in Ucraina. E afferma che il secondogenito di primo letto del presidente, Hunter Biden, 52 anni, potrebbe essere coinvolto nella gestione di queste strutture.
Rispondendo alla domanda di un giornalista nel suo briefing quotidiano, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, non ha usato mezzi termini. “Naturalmente chiederemo delle spiegazioni (sul possibile coinvolgimento di Hunter Biden, ndr).” “E non solo noi. Come sapete la Cina ha già chiesto chiarimenti“. Il più noto figlio di Joe Biden è nella lista delle personalità americane prese di mira dalle contro-sanzioni russe. Ma il braccio di ferro fra l’Amministrazione Biden e il regime di Putin risale a ben prima della guerra in Ucraina e ha origini lontane. Durante la presidenza Usa di Barack Obama – dal 2009 al 2017 per due mandati – l’allora vicepresidente Biden si occupava di politica internazionale. “Il presidente Obama mi manda nei luoghi dove lui non vuole andare” disse Biden nel febbraio 2014 a Kiev, poco dopo la drammatica insurrezione popolare del Maidan, sedata nel sangue.
Biden e Putin, la lunga inimicizia
Arrivò a sostegno del fragile governo ucraino subito dopo la fuga del presidente filorusso Victor Yanukovich. Mosca decise di annettere la Crimea con un blitz militare ma non proseguì oltre proprio per il ‘muro’ alzato da Biden. Secondo le ricostruzioni degli analisti era stato proprio Joe Biden, in quegli anni, a portare avanti la politica di avvicinamento dell’Ucraina alla Nato. Voleva togliere potere politico ed economico alla Russia. I rapporti con Putin non sono mai stati sereni. I biografi americani parlano di un odio tra i due.
Lo stesso Biden ha ricordato un loro incontro, al Cremlino il 9 marzo 2011, a una cena di gala. Il vicepresidente degli Usa si avvicinò a Putin per sussurrargli: “Signor Presidente, io la sto guardando negli occhi e penso che lei non abbia un’anima“. Putin sorridendogli gli rispose: “Vedo che ci capiamo benissimo“. Biden volò a Kiev tre anni più tardi, e di fatto bloccò l’avanzata di Putin dalla Crimea verso il resto dell’Ucraina. Otto anni dopo, lo scorso 24 febbraio, il presidente russo, nell’annunciare l’ “operazione militare” in Ucraina ha detto: “Non rifaremo lo stesso errore una seconda volta“. In parte riferendosi proprio a quell’episodio del 2014.
I Biden e l’Ucraina
Negli ultimi anni il nome di Joe Biden è rimasto legato anche a uno scandalo sull’Ucraina che aveva fatto vacillare, inizialmente, la sua stessa candidatura. Uno scandalo su cui aveva fatto leva, anche a suon di menzogne, il suo antagonista, Donald Trump. Lo scandalo riguarda l’assunzione di Hunter Biden, figlio di Joe. In famiglia Hunter è sempre apparso come la “pecora nera“. Era nei riservisti della Marina dove però nel 2014 fu congedato perché trovato positivo alla cocaina. Di un’altra pasta era suo fratello maggiore, primogenito di primo letto di Joe Biden, ossia Beau Biden. Promettente politico, e probabilmente vero erede di Joe, è stato stroncato nel 2015 da un tumore al cervello. Hunter Biden non aveva grandi prospettive in politica ma grazie alla sua laurea in legge trovò fortuna nella consulenza legale.
Gli interessi intrecciati
Siamo ad aprile 2014 quando la Burisma Holdings, la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina (attiva sia su gas che petrolio), assume per una consulenza proprio Hunter Biden. Avere nel board un nome di peso avrebbe sicuramente portato giovamento al prestigio dell’azienda. L’assunzione di Hunter Biden vale per lui uno stipendio di 50mila dollari al mese. Tutto trasparente, se non fosse che durante quei mesi Joe Biden prosegue la politica americana volta a far riprendere all’Ucraina il possesso di quelle zone del Donbass oggi divenute repubbliche riconosciute dalla Russia. La zona di Donetsk avrebbe giacimenti di gas non ancora esplorati, nel mirino della Burisma Holdings. Una politica internazionale intrecciata a quella economica che in quegli anni fa storcere il naso anche ai media americani.
E si arriva al 2017, l’anno in cui diventa presidente Donald Trump. Arrivato alla Casa Bianca anche grazie all’uso totalmente spregiudicato dei social network e delle fake news. Solo dopo la sua elezione si scoprono aziende come Cambridge Analytica che usava informazioni degli utenti di Facebook per pilotare informazioni spesso e volentieri fasulle. Ma in grado di condizionare sensibilmente il voto alle presidenziali. E poi gli hacker russi, i quali, su ordine di Putin, stando a quanto la Cia ha detto, danneggiarono la campagna dell’avversaria democratica, Hillary Clinton. L’elezione di Trump emarginò “l’amico” dell’Ucraina, Joe Biden.
L’Ucrainagate e l’elezione di Biden
Durante la successiva campagna elettorale del 2020 scoppiò l’Ucrainagate. Nel tentativo di screditare il suo avversario, Trump fece pressioni sul presidente Volodymyr Zelensky affinché aprisse un’inchiesta nei confronti di Hunter Biden e dei rapporti con la Burisma Holdings. Un’inchiesta che avrebbe potuto mettere in cattiva luce Joe Biden che correva per spodestare il tycooon dalla presidenza. In una telefonata con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, Trump fece capire che gli aiuti all’Ucraina erano legati all’apertura di questa inchiesta. Ma quella telefonata (oltre a una serie di testimonianze) aprì di fatto la porta all’impeachment contro ‘The Donald’.
Poco più di un anno fa, a gennaio 2021, Joe Biden si insediò formalmente come nuovo presidente degli Stati Uniti. La situazione nel Donbass, in Ucraina, prese ad aggravarsi nuovamente visto il ritorno in campo del ‘nemico’ di Putin. In un’intervista al New York Times Zelensky accolse con favore l’esito delle presidenziali Usa. “Joe Biden conosce l’Ucraina meglio del precedente presidente e aiuterà davvero a risolvere la guerra nel Donbass. E a porre fine all’occupazione del nostro territorio“. Ma l’invasione russa voluta da Putin il 24 febbraio scorso sta mettendo in pericolo tutta l’Ucraina. E mette in allarme l’Europa intera.
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