Dai più nascosti anfratti del cinema indipendente all’Oscar alla Miglior Regia, fino all’ingresso nel Marvel Cinematic Universe, direttamente dalla porta principale: Chloé Zhao non ha mezze misure. Un po’ come il suo cinema, che non scende a compromessi e che dunque, talvolta, può dividere il pubblico. 

Lo scorso 23 ottobre ha portato gli Eterni nella Capitale, presentando il kolossal targato Marvel in anteprima nazionale alla 16a Festa del Cinema di Roma. Il tutto a pochi mesi di distanza dalla vittoria dei due Premi Oscar più ambiti, Miglior Film e Miglior Regia, grazie al suo Nomadland. Insomma, Chloé Zhao è rapidamente passata da nome di nicchia, massima esemplificazione di un cinema indipendente, a una tra le personalità più acclamate dell’ultimo periodo. La regista cinese, al secolo Zhao Ting, soffia oggi 40 candeline e, nonostante il – relativo – flop di Eternals, ci ricorda proprio grazie al terzo film della cosiddetta Fase Quattro del MCU quanto la diversità sia un valore aggiunto.

Credits: Teresa Comberiati

Eternals, un Marvel atipico

“… Anche se a volte sembrerebbe vero il contrario. Ma ho sempre trovato bontà nelle persone che ho conosciuto, ovunque io sia andata nel mondo.” – nel ricevere dalle mani di Bong Joon-ho l’Oscar alla Miglior Regia per Nomadland, Chloé Zhao ha lanciato un forte messaggio di inclusività. La stessa che, in maniera ancora più palese, la regista cinese ha cercato di imprimere nel kolossal del MCU Eternals. Il kolossal, distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dallo scorso 5 novembre, non ha raggiunto il successo di pubblico sperato, divenendo una parentesi isolata rispetto al resto della produzione targata Marvel.

La lotta tra Eterni e Devianti – esseri divini, i primi, e mutanti pericolosi, i secondi – è difatti raccontata in maniera atipica, rispetto ai canoni del MCU. Le scene d’azione assumono uno spazio limitato rispetto alla psicologia dei personaggi; il montaggio dinamico lascia spazio a tempistiche più dilatate, prediligendo un ritmo meno serrato e uno sguardo più naturalistico, sull’ambiente e sull’individuo. Insomma, Chloé Zhao ha indubbiamente portato un modo di fare indipendente (esemplificato da Nomadland) all’interno dell’ottica blockbuster, ponendo al centro dell’attenzione l’individuo, in tutte le sue sfaccettature e peculiarità.

L’inclusività di Chloé Zhao in un cinema ancora non pronto

Al contempo, il materiale umano non si riduce a una rappresentazione limitata. Chloé Zhao ci mostra infatti un’importante diversificazione tra i personaggi, nel loro modo di affrontare le situazioni e, soprattutto, nell’affrontare il dolore. Inoltre, Eternals porta sul grande schermo Makkari (Lauren Ridloff), il primo eroe non udente. La pellicola ha suscitato, in aggiunta, un dibattito per la rappresentazione della prima famiglia omogenitoriale nella storia del MCU. Il lungometraggio ci mostra, infatti, i personaggi di Phastos (Brian Tyree Henry) e Haaz Sleiman, prima coppia dichiaratamente gay di supereroi che ha messo su famiglia.

Con il suo spirito di inclusività, in un cinema fatto di istinto e di rapporto con la natura – come ha ammesso a Vanity Fair – Chloé Zhao si è fatta strada, scandagliando i codici di rappresentatività sin nella Marvel stessa. “Cerco anche di decostruire la mascolinità, sia nelle donne che negli uomini.” – ha ammesso sempre ai microfoni di Vanity Fair. Forse una ventata d’aria troppo forte da metabolizzare tutta insieme. Il lungometraggio, infatti, non ha riscosso il successo sperato, ottenendo su Rotten Tomatoes il punteggio più basso per un film targato Marvel. Eppure, Eternals farà ancora parlare di sé, per molto a lungo. Forse, era proprio ciò di cui avevamo bisogno, ma che ancora non ci meritavamo. Ciononostante, Chloé Zhao ce lo ha donato comunque.

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