Remember: il valore dell’essere umano
L'arte per ricordare e non lasciare campo troppo libero alla distruzione
Remember: un mese e più di guerra, nel cuore dell’Europa, è passato. Per essere precisi: un mese e una settimana, 37 lunghi giorni al momento in cui scrivo. Perché il tempo è cruciale quando muoiono i bambini, quando il prezzo lo pagano i civili. Quando la devastazione distrugge la vita umana, i raccolti nei campi, l’arte. Il tutto accompagnato dall’atroce certezza che la lezione della storia, neppure quella recente del Novecento, l’abbiamo del tutto dimenticata.
Avevamo la certezza in redazione che avremmo dedicato la nostra copertina del mese di aprile interamente alla guerra in Ucraina. Il cuore giallo e blu con la scritta pace, presente sulle ultime, non era più un segnale sufficiente, perché il conflitto è ancora in corso. Anche se il nostro è un magazine che – con i suoi blog – si occupa principalmente di moda, tv, arte, cinema, musica, cronaca rosa, stiamo dando grande spazio alle vicende ucraine. Cercando di raccontare come la guerra stia entrando nel quotidiano del nostro Paese: aiuti, accoglienza, manifestazioni, storie, personaggi in priamo piano e vittime.
Poi abbiamo visto Remember, l’ultima opera di aleXsandro Palombo e si è presa di diritto per la potenza evocativa dell’immagine il posto in cover: per cui eccola qua, e come spesso accade, una bella immagine racchiude e amplifica tante parole. Domani in una lunga intervista che concesso in esclusiva a VelvetMAG, esplorerà questo ed tanti altri aspetti.
Remember di aleXandro Palombo per la copertina di VelvetMAG
Remember non è il primo caso in cui l’arte di AleXandro Palumbo i colpisce così tanto da proporla ai nostri lettori. La prima volta è avvenuto in occasione della Giornata Internazionale della Donna (8 marzo). Ha riletto e reinterpretato il Bacio di Francesco Hayez, il manifesto del Romanticismo italiano, in un’opera intitolata L’abuso. Il suo porre l’accento nel giorno dello spopolare commerciale della vendita delle mimose sulla violenza contro le donne, abbiamo trovato rispondesse al nostro sentire. E alle campagne che abbiamo sposato sulla violenza di genere in generale.
Nell’ultimo mese è tornato in due occasioni ad occuparsi della guerra in Ucraina. La prima con Il suicidio dello Zar Putin. L’opera di pura street art ritraeva il presidente russo nell’atto di portarsi una pistola alla tempia. Comparsa a Milano, dove spesso opera, e immediatamente rimossa ha evidenziato il paradosso di mostrare in modo satirico un argomento doloroso. Ponendo l’accento sulle conseguenze – possibili – del conflitto.
La seconda appunto con Remember: il soggetto è immaginativamente inequivocabile, Anna Frank ritratta nell’azione di bruciare la ‘Z’ di Putin. Un foulard al collo, con i colori della bandiera ucraina, che vola libero. Di contro poco sotto la Z della campagna imperialista brucia. L’abbiamo osservata dispiegarsi con ogni mezzo – tradizionale e cyber-moderno – per comprimere ancora di più le poche libertà del popolo russo. Con il terribile progetto di imporre a tutto quello ucraino lo stesso destino.
Dall’emergenza pandemica all’emergenza di guerra
Oggi è una giornata che abbiamo atteso a lungo: il 31 marzo 2022 è finito lo stato di emergenza da Coronavirus nel nostro Paese. Una giornata simbolo che racchiude la fine legislativa e burocratica – anche se sul fronte casi osserviamo ancora un innalzamento – della pandemia che ha colpito il mondo intero nell’ultimo biennio. A suo modo è stata spesso definita e rappresentata come una guerra moderna, perché quella per l’egemonia con le truppe sul campo ci appariva ingenuamente impossibile. Abbiamo partecipato tutti al tentativo di esorcizzarla a livello di comunicazione collettiva tra coprifuoco, lockdown e impiego dei militari nelle città italiane in maniera massiva come non accadeva dalla Seconda Guerra Mondiale. E l’immagine che racchiude gli ultimi due anni non potrà che essere questa sotto con la colonna dei mezzi dell’esercito a Bergamo.
Per scelta tattica di Putin siamo passati dall’emergenza pandemica a quelle – perché non è purtroppo una sola – collegate al conflitto. Anzi è probabile che l’enorme massa di popolazione, priva di diverse coperture vaccinali, provochi un allungamento dell’emergenza sanitaria. Vittime, profughi, distruzione, malattie, povertà, purtroppo percorreranno l’Europa che sperava di rialzarsi dal Covid-19 per un bel po’. Sognavamo una primavera anticipata, visto che lo scorso anno l’incubo sanitario è sembrato terminare quasi alle soglie dell’estate. Oggi siamo davanti ad un timido spiraglio di ottenere almeno cessate il fuoco, che però lascerebbe ad altro negoziato sia la questione del Donbass che la Crimea. Quindi, di fatto, lascerebbe il conflitto strisciare: cosa gli riesce bene quanto distruggere, anche la speranza. Purtroppo il futuro appare più grigio, come spesso sono le divise dei militari, non quelli che perdono la vita in mimetica, ma quelli che ordinano la guerra.
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