I tragici eventi e le brutali violenze subite dai civili ucraini per mano russa di cui danno prova i fatti di Bucha, non lasciano scampo ad interpretazioni. La Russia va condannata. L’Europa si è sbagliata nei riguardi di Putin: a concedergli spazio e potere.

Le immagini hanno costretto in molti a ritrattare la propria posizione di vicinanza e avallo politico. Per primo è arrivato in questi giorni direttamente da Frank-Walter Steinmeier (il presidente della Repubblica Federale Tedesca, n.d.r.) il mea culpa. La più alta carica politico-istituzionale della Germania – nazione storicamente fautrice di una strettissima interdipendenza di rapporti con la Russia – ha ammesso di aver sbagliato. La Nazione più grande d’Europa ha ammesso di essere stata miope su Putin. Angela Merkel è la principale accusata di questa linea politica filorussa mantenuta nei decenni dalla leadership tedesca.

Ma se da un lato i fatti odierni non lasciano spazio a dubbi e richiedono una forte e precisa presa di posizione nei confronti del presidente russo e della sua ferocia. Dall’altro non è giusto condannare così frettolosamente un’intera strategia politica. La Russia – liberatrice e vincitrice nella Seconda Guerra mondiale – ha rappresentato un alleato storico per tutto il continente europeo. Non esiste un solo paese colpevole, il mea culpa deve essere collettivo.

Russia: le ragioni della strategia targata Merkel

Il conflitto sul campo ha fatto esplodere quello culturale, politico, economico nei riguardi della Russia sia nell’opinione pubblica, che tra governi occidentali. Tutti alla ricerca dei colpevoli. L’Europa all’alba del 24 febbraio è sembrata come risvegliarsi da un lungo sonno. Ora programma di slegarsi dall’abbraccio con Mosca nei termini in cui è stato scritto alla caduta del Muro di Berlino. A finire al centro del mirino, perché colpevole di essere stata la più ferma promotrice di questo legame con il Cremlino, è stata la cancelliera Angela Merkel.

La premier tedesca difatti nonostante le decise opposizioni in prima fila di Stati Uniti, Ucraina e Polonia, ha portato avanti con fermezza il progetto del Nord Stream 2. Il gasdotto rientrava nel progetto politico tedesco di una casa comune europea che avesse nella Russia il suo fedele alleato. Dopotutto Mosca era una vicina di casa ricca di materie prime che per decenni si era dimostrata un’importante spalla nella lotta al terrorismo islamico.

Schroeder con Putin in una foto d’archivio / Wikimedia Commons

Oggi rileggere la storia con il senno del poi e decretare il fallimento della strategia targata Merkel è fin troppo facile. In realtà il progetto di un Europa subalterna nei legami con il Cremlino, in una posizione di mediazione nelle storiche faglie dei rapporti USA-Russia, se oggi appare impraticabile, allora era la carta più intelligente da giocare. In una visione più ottimista e ponderata della strategia Merkel, bisogna difatti tenere presente che da qui a pochi decenni l’Europa si sarebbe avviata verso una svolta sostenibile della produzione di energia.

La dipendenza dal gas russo quindi aldilà della messa in atto di Nord Stream 2, in una visione di medio-termine sarebbe stata comunque diversificata notevolmente. Ad aggiungersi a questo calcolo, c’è da considerare che una Russia con uno sguardo economico più verso occidente, che verso Oriente significava una cruciale tutela per il blocco economico europeo nei confronti delle aspirazioni cinesi.

La propaganda russa e la debolezza dei partiti europei

Non è il gasdotto Nord Stream 2 l’errore imperdonabile di Angela Merkel, né la dipendenza dal gas russo la vera prova della miopia politica europea. La vera debolezza e la potenziale minaccia rappresentata da Putin in Europa era di stampo ideologico. La propaganda russa ha presentato Putin alla pari di altri leader del panorama internazionale come Trump, come un capo politico risoluto e forte. A cui aggiungere leadership ballerine nel tempo e deboli nel consenso. Fenomeni questi che sfuggono alla comprensione delle masse hanno alimentato così il fascino in Europa e nel mondo di esponenti “carismatici”, capaci di intercettare lo scontento e di parlare alla pancia delle persone. Di qui l’emergere dei partiti populisti o le trasformazioni in tal senso anche in Europa.

Il tallone d’Achille dell’Europa e l’influenza russa in Ue si stava traducendo essenzialmente in questo. Lo scontro tra autoritarismo e democrazia. Minore è la credibilità dei partiti e maggiore è lo spazio per i leader autoritari di emergere. Lo scontento nei confronti di una politica poco coerente, incapace di attrarre e coinvolgere le masse, percepita sempre più lontana nei palazzi del potere, è la vera linfa vitale della propaganda, in generale, e russa, in questo caso. Durante la Guerra Fredda le masse guidate dai partiti temevano o promuovevano un regime piuttosto che l’altro a seconda di valori ben precisi. Se la politica si impoverisce anche la difesa di quei valori è più permeabile alla penetrazione ideologica.

La responsabilità di rispondere è dei partiti

Quali sono i valori dell’Europa? Perché difendere la democrazia? Non sono domande scontate. Dobbiamo rifarci queste domande ed i partiti politici europei hanno la responsabilità di rispondervi. Ora servono unità e solidarietà all’interno dei parlamenti nazionali. Nel nostro Paese i partiti di sinistra accusano l’ala destra di un filo-puntinismo evidente. Una semplificazione che presenta non poche incongruenze, visto che l’aumento della dipendenza dal gas russo nel nostro Paese è aumentata proprio sotto i governi Letta e Renzi. Prima del 2013 era l’Algeria il nostro primo esportatore di gas. Oggi siamo ritornati a chiederle più pompaggio.

Le debolezze e gli errori dunque è evidente che sono stati di tutti. Nessuno poteva prevedere con certezza una tale ferocia da parte del presidente Russo, anche se il Presidente Biden ha tenuto fin dall’inizio del suo mandato una posizione nettissima sul possibile conflitto. Aveva ragione Biden e l’Europa deve ripensare la strategia politica futura, che non è solo dove trovare il gas per il prossimo inverno. C’è un conflitto nel giardino di casa – intesa come Europa – nel 2022. Che non sembrava possibile e la diplomazia europea è ridotta a gestire la logistica.

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