“Il tennis fa male”. Lo dice il grande Paolo Bertolucci in telecronaca e questa frase la rubiamo per raccontare appieno il match del Master di Monte Carlo tra Alexander Zverev e Jannik Sinner.

Il terzo quarto di finale in terra monegasca dura 3 ore e 7 minuti di lotta dura, finita per 2 set a 1 a favore del gigante tedesco, con il punteggio di 5-7; 6-3; 7-6(5). Oltre 200 punti giocati per passare il turno e volare in semifinale dove il n.3 del mondo incontrerà il vincente tra Stefanos Tsitsipas (detentore del titolo) e Diego Schwartzman. Mentre l’altra semifinale vedrà in campo Davidovich-Fokina vs Dimitrov.

Ci ha provato fino in fondo Jannik Sinner a contenere gli errori (anche se la percentuale di prime di servizio è ancora il problema da risolvere). Ma ogni singola volta che accorciava i colpi, Alexander Zverev entrava con tutto il suo peso di palla e alla fine – al netto dei soliti ‘folli’ passaggi a vuoto – ha prevalso di fisico e di esperienza. Contro l’altoatesino che a sua scusante continua ad avere seri problemi alle vesciche.

La partita di Sinner e la ‘follia’ di Zverev

La partita è sintetizzabile plasticamente in un passaggio del terzo set quando Zverev batte da sotto, sbaglia e poi ci aggiunge anche un doppio fallo. Sinner più solido mentalmente, è costretto a restare aggrappato al match come può, ma lo castiga. Nonostante siano passati a quel momento ben 2 h e 12 minuti, siamo un set pari, e 2 giochi pari, la ‘follia’ del tedesco – per cui esiste una lunga casistica sia in campo, che fuori – non basta a fargli perdere il match. Salvato da una migliore percentuale di prime, da una pesantezza di palla figlia di una robustezza da giocatore fatto e finito, magari non del tutto maturo nei comportamenti, ma completato da 198 cm per 90 kg di peso. A cui aggiungere un comunque un grande talento.

Jannik ha giocato meglio del solito, come era accaduto in ottavi contro Rublev. Attento e positivo specie nell’atteggiamento: ci mette testa e cuore. Così arriva oltre a dove lo porterebbero naturalmente i suoi colpi. C’è tanto da fare sia a livello di preparazione fisica – Zverev sul finale ne aveva di più – sia sul piano del gioco. Dove si apprezzano in questo secondo quarto di finale Mille della carriera i cambiamenti maggiori, vesciche permettendo.

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