Lucrezia Borgia: la donna del Rinascimento da “instrumentum regni” alla leggenda nera
Non si può raccontare nessuno dei Borgia – Rodrigo, Cesare o Lucrezia – senza considerarli in blocco unico: quasi una sorta di trinità, che di religioso secondo la vulgata aveva ben poco. Ma è indubbio che la famiglia Borgia abbia condizionato il Rinascimento nel nostro Paese. Alessandro VI e i due figli sono al di là di ogni ragionevole dubbio o calunnia storica veri instrumentum regni. Senza i quali sarebbe stato impossibile tramandare il potere prima e la leggenda nera dei Borgia.
Simbolo indiscusso della femminilità rinascimentale e donna capace di cambiarla per sempre. Il paradosso più grande è stato il suo essere il perfetto Instrumentum regni nelle mani del padre, Rodrigo Borgia, che divenuto l’11 agosto del 1492 Papa Alessandro VI, comprende subito quanto sia debole la sua famiglia all’interno del sistema di potere Vaticano. Non ha la storia famigliare, la ricchezza, le armi, per competere con gli Orsini, i Colonna, i Della Rovere, gli Sforza. In un’epoca in cui essere italiani aveva un peso enorme, comprende quanto i suoi figli siano cruciali prima per salire al soglio pontificio e poi per stringere alleanze e perpetuare il potere, magari nel disegno di eleggere un nuovo Borgia dopo di lui, come aveva fatto lo zio Callisto III.
Cesare e Lucrezia: le armi dei Borgia
Ed ha una sola strategia per conseguire il suo fine politico-religioso: considerare come teorizza Niccolò Machiavelli in quello stesso periodo quanto la religione sia essa stessa instrumentum regni. E lui ne ha ben due: Cesare, che ha ispirato proprio Il Principe dello scrittore e diplomatico fiorentino, e Lucrezia. La terzogenita illegittima di Papa Borgia nata il 18 aprile del 1480 nella relazione con l’abile locandiera Vannozza Cattanei, sua storica amante, non era bella come la madre. Né minimante paragonabile con Giulia Farnese – la Bella appunto, che sostituisce proprio la madre nel letto papale.
Somigliava come ha scritto Roberto Gervaso “straordinariamente al padre: gli stessi occhi un po’ esorbitanti, lo stesso naso carnoso, lo stesso mento sfuggente, la stessa pelle scura, e in più una bellissima e lunghissima chioma bionda. Mite e arrendevole, sapeva quanto le sue scelte fossero subordinate alla volontà paterna, di cui sarà il docile e, a volte, il tragico strumento. Trasformarla in un Cesare in gonnella o in una Frine del Rinascimento, orditrice di tranelli, propinatrice di veleni, divoratrice di uomini è falso. Se non fu una santa, non fu nemmeno un mostro. Quel che fece, soprattutto nel male, le fu sempre imposto”.
Lucrezia Borgia, la figlia del Papa: una donna da sposare tre volte
In fatto di matrimoni forse l’unica donna nota al mondo che avrebbe diritto di parola sarebbe in teoria Liz Taylor. La star hollywoodiana si è sposata 8 volte con 7 mariti diversi in 79 anni di vita. Ma Lucrezia Borgia si difende eccome: in 39 anni ne ha contratti ben tre con 8 figli di cui uno illegittimo. Ma come la diva dagli occhi viola ha saputo catturare l’ammirazione incondizionata dei suoi contemporanei in diverse vesti. Naturalmente Lucrezia non decide – almeno all’inizio – un bel nulla, visto che il primo matrimonio arriva nel 1493 quando ha appena 13 anni. Lei è destinata a consolidare le alleanze attraverso una politica matrimoniale studiata per favorire la famiglia Borgia e le sue ambizioni. Cambierà marito ogni volta che serve al suo clan.
Sposa Giovanni Sforza – che ha ha più del doppio dei suoi anni – perché Rodrigo deve ripagare la famiglia dello sposo di quanto accaduto in Conclave. Diviene la Contessa di Pesaro e la cittadina racconta molto della sua signora ancora oggi. L’unione viene annullata quattro anni dopo: lo sposo è costretto a confessare la sua impotenza. Questo segnerà paradossalmente la reputazione non tanto di suo marito, quanto la sua. Sono in molti gli storici a ritenere che l’accusa infamante di essere l’amante del padre e del fratello sia un pettegolezzo messo in giro dallo Sforza per vendicarsi del trattamento subito dalla famiglia papale.
Le seconde nozze del 1498 sono decisamente costrette dagli avvenimenti storici: nel 1494 Carlo VIII cambia gli equilibri scendendo in Italia. Il Papa si sente decisamente minacciato in casa propria e ha bisogno di legare i suoi destini di spagnolo al trono di Napoli. Lo sposo n.2 è Alfonso d’Aragona del re Alfonso II: figlio illegittimo anche lui, ma che le porta il titolo di Principessa Consorte di Salerno. Salvo poi disfarsene solo due anni dopo quando repentinamente il vento politico cambia e alla famiglia Borgia giova apparire filofrancese. Cosa fai con il malcapitato marito? Viene assassinato in circostanze misteriose, ma per tutti su ordine di Cesare.
La leggenda di Lucrezia: mecenatismo e veleni
Lucrezia Borgia è stata considerata a lungo il simbolo della spietata politica machiavellica e della corruzione sessuale attribuita ai papi rinascimentali. A questo si aggiunge la fama di avvelenatrice e femme fatale dovuta in particolare alla storiografia francese (Hugo) e italiana (Donizzetti) dell’Ottocento, che ne ha costruito la nota leggenda nera. “La sorella era degna compagna del fratello. – scrive su di lei Alexandre Dumas padre – Libertina per fantasia, empia per temperamento, ambiziosa per calcolo, Lucrezia bramava piaceri, adulazioni, onori, gemme, oro, stoffe fruscianti e palazzi sontuosi. Spagnola sotto i capelli biondi, cortigiana sotto la sua aria candida, aveva il viso di una madonna di Raffaello e il cuore di una Messalina.”
Di lei le serie tv raccontano la leggenda ‘cattiva’ dimenticando spesso l’attività da mecenate, specie a Ferrara, accogliendo alla sua corte artisti, poeti, filosofi, letterati come Ariosto, Bembo, Trissino e Strozzi. Generazioni di storici e di racconti ne hanno travisato la biografia attribuendole i crimini commessi dalla sua famiglia. “Lucrezia in realtà era una giovane sventata, vittima inerme degli uomini della sua famiglia. – sostiene l’esperta di famiglie reali Sarah Bradford – La verità è che in un mondo in cui i dadi erano pesantemente truccati in favore dei maschi, Lucrezia si destreggiava a seconda delle circostanze per forgiare il proprio destino”.
Il terzo matrimonio e la morte della duchessa di Ferrara
Per il terzo matrimonio Lucrezia è più matura, siamo nel 1501, ha 21 anni e questa volta ha potuto prendersi un periodo di lutto – trascorso a Nepi, dove si respira ancora oggi il suo passaggio – con il figlio avuto da Alfonso. Tratta direttamente le sue nozze con il duca di Ferrara Ercole I; lo sposo è il figlio Alfonso I d’Este, che deve accettare la trattativa e lui nobilissimo deve sposare la figlia illegittima del papa, la sua non verginità e i pettegolezzi. Ma la sua abilità politico diplomatica, maturata in Vaticano, convinse sia il marito che le affida le sorti di Ferrara, che la popolazione del ducato. Nel 1512 una serie di sventure si abbattono sul Ducato ferrarese, la duchessa sceglie il cilicio e di entrare nel Terz’ordine francescano, di San Bernardino e Santa Caterina da Siena. Fonda il Monte di Pietà per soccorrere i poveri e bisognosi.
Muore dopo aver dato alla luce il suo settimo figlio. “Da quando era diventata la moglie del Duca di Ferrara, nessun pettegolezzo l’aveva più sfiorata. A Corte la chiamavano Pulcherrima virgo, bellissima vergine … Se per un certo periodo era vissuta da peccatrice, certamente morì da santa.” hanno scritto Gervaso e Montanelli. Lei che è stata immortalata dal Pinturicchio – certamente abbellita nell’aspetto – al massimo della suo essere strumento di governo per il padre e il fratello Cesare, e che ancora oggi è un simbolo della sua epoca: una donna affascinante, magnetica che ha giocato il ruolo in un mondo di uomini.
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