Rita Levi-Montalcini resta uno dei simboli più alti dell’emancipazione femminile; con la sua eleganza e il suo garbo, ma soprattutto con il suo intelletto, ha lottato per l’affermazione della donna in un ‘mondo fatto di uomini’. E con la sua pacatezza e tenacia ha ottenuto traguardi che le renderanno onore per sempre.
Unica donna italiana a vincere il Premio Nobel per la medicina; devota alla scienza e alla ricerca, Rita Levi-Montalcini è una delle personalità più grandi che il nostro secolo ha avuto l’onore di conoscere. Simbolo indiscusso dell’emancipazione femminile, si dedicò al suo lavoro anche durante il fascismo, clandestinamente.
Figlia dell’ingegnere elettronico Adamo Levi e della pittrice Adele Montalcini, Rita Levi-Montalcini fu cresciuta con i valori della cultura e del pensiero critico. Valori che furono a fondamenta di tutta la sua vita e che contribuirono anche a renderla Senatrice della Repubblica Italiana nel 2001.
Rita Levi-Montalcini e l’uguaglianza intellettuale
Rita Levi-Montalcini nasce a Torino il 22 aprile del 1909 da una colta famiglia ebrea sefardita. Gli insegnamenti critici ereditati dai genitori la spingono ad intraprendere gli studi scientifici e iscriversi nel 1930 alla Facoltà di Medicina; decisione non accolta di buon grado dalla famiglia che, nonostante la grande cultura di base, la volevano forse moglie e madre. Ma sin dalla giovane età Rita Levi-Montalcini si dimostrò insofferente al ruolo stigmatizzato in cui le donne dei suoi tempi erano relegate. In una delle sue celebri dichiarazioni, passate alla storia, l’illustre scienziata affermò: “L’esperienza del ruolo subalterno che spettava alla donna in una società interamente gestita dagli uomini mi aveva convinto di non essere tagliata per fare la moglie“.
Convinta da sempre che tra uomo e donna dovesse esistere l’uguaglianza intellettuale rivendicò questa causa per tutta la sua vita; causa alla quale accompagnò anche il costante interesse per la scienza e la ricerca. Alla Facoltà di Medicina iniziò a lavorare come internista, nell’istituto di Giuseppe Levi, dove iniziò gli studi sul sistema nervoso e nel 1936 si laureò con 110 e lode.
La ricerca scientifica e le leggi razziali
Dopo la laura Rita Levi-Montalcini decise di intraprendere la specializzazione in Psichiatria e Neurologia; questi anni però coincisero ben presto con l’emanazione delle leggi razziali. Per una donna ebrea sefardita era praticamente impossibile svolgere il ruolo di scienziata. Nel 1938 il regime fascista obbligò la studiosa a lasciare l’Italia ed emigrare in Belgio; una vita fatta di sacrifici e coraggio che si racchiudono nell’essenza di una donna che non si fermò mai, nonostante tutto.
Dopo l’arrivo in Belgio, poco mesi dopo la Germania nazista la costrinse ancora a spostarsi; partì alla volta di Bruxelles e in seguito fece ritorno a Torino. In Italia, nella sua camera da letto, continuò clandestinamente a fare ricerca con un piccolo laboratorio improvvisato. Inizio a studiare il sistema nervoso degli embrioni di pollo insieme al suo mentore Giuseppe Levi; in quegli anni scoprirono l’apoptosi: il processo di morte cellulare controllato geneticamente. Ma fuori da quel laboratorio fortuito imperversava la Seconda Guerra Mondiale e la famiglia Levi-Montalcini, dopo il bombardamento di Torino nel 1941, fu costretta a rifugiarsi prima in campagna e poi a Firenze. E dopo la liberazione di Firenze, l’illustre scienziata lavorò come medico al servizio degli Alleati.
Unica donna italiana Premio Nobel per la Medicina
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1947, Rita Levi-Montalcini fu invitata dal neuroembriologo Viktor Hamburger a proseguire le sue ricerche negli Stati Uniti, presso la Washington University di Saint Louis. Quello che doveva essere un progetto di qualche mese si trasformò in un lavoro di trent’anni, venti dei quali la studiosa insegnò presso l’Università statunitense. Nel 1954 scoprì la NGF, una molecola proteica tumorale attiva nel sistema nervoso. Fu questa scoperta e i successivi studi condotti in merito che le valsero, con estremo onore e merito, il Premio Nobel per la Medicina nel 1986; le scoperte di Rita Levi-Montalcini furono fondamentali per la comprensione di alcuni tipi di tumore, così come di malattie come l’Alzheimer e il Parkinson.
Prima e unica donna italiana a ricevere questo onorificenza in questo campo, in tutta la sua vita Rita Levi-Montalcini fu impegnata in innumerevoli progetti; non solo scientifici, ma anche sociali come la lotta per la parità dei diritti per le donne. Attraverso la sua fondazione Rita Levi-Montalcini Onlus ha finanziato borse di studio a sostegno delle donne dei paesi in via di sviluppo; si è battuta per il diritto all’aborto e per l’emancipazione femminile in ogni campo. Consapevole che per molte donne non è mai stato facile imporsi alla pari in un ‘mondo di uomini’, Rita Levi-Montalcini ha dato il suo forte contributo in ogni istante della sua esistenza.
Una Senatrice a vita
“Per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale“; così il primo agosto del 2001 Rita Levi-Montalcini riceveva la nomina a Senatrice a vita. Parole che possiamo dire racchiudono l’essenza di quello che questa donna sempre elegante, sempre pacata, sempre garbatamente decisa ha rappresentato nella sua vita e anche dopo.
Membro delle più prestigiose accademie scientifiche, come l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Accademia Pontificia (prima donna ad esservi ammessa), la National Academy of Sciences negli USA e la Royal Society, Rita Levi Montalcini ha continuato la sua ricerca fino a poco prima della sua morte. In occasione del compimento dei suoi cento anni dichiarò: “Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente“. E con quella forza e quell’intelletto che la contraddistinsero per tutta la vita morì il 30 dicembre 2012, consapevole, forse, che quello che la sua mente ha creato sarebbe vissuto per sempre.
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